sabato 31 dicembre 2011

L'amore: un movimento circolare con forza per esprimere leggerezza. Buon anno!










  
 Aver visto Pina è come essere entrati in un universo completo fatto di ricerca e di conoscenza sperimentando su se stessi, sul corpo umano. La gravità come catena, fune, da cui tentare la libertà. Il corpo come gabbia, macchina, strumento di conoscenza e comunicazione, che ora ci isola e ora ci fa comunicare. I gesti e il toccarsi oltre la parola, un apparente tornare indietro ma per arrivare più in profondità.
Questa ricerca su noi stessi è un augurio per l'anno nuovo a tutti.

sabato 24 dicembre 2011

I colori d’inverno

Prendi  una superficie d’acqua, che so un lago,  dalla parte del nord quando tira la tramontana, increspata ma piana, e mettici il tramonto e la sera che avanza: è una tavolozza con i colori dell’azzurro, del blu fino al nero.
Le alture  della riva che si specchiano disegnano isole di scuro in mezzo ad altre di luce.
Ma è l'azzurro che trionfa e pare che effettivamente si generi dall'ombra, così intenso, come fuoriuscente da un tubetto di colore nei contorni  più lontani di questo miracolo di superficie: ad oriente, dove  la luce, ancora  nel cielo, già lì più non arriva. Dove invece il colore incontra la luce, più al centro della superficie,  allora s'indebolisce in più teneri celesti.
 Sembra uno spettacolo allestito per dar ragione alla teoria dei colori di Goethe, alla faccia di Hooke e della fisica.
 Perchè è certo che è stato allestito per noi: che  è fatto per il nostro occhio che lo comprende e ne prova piacere.
Così, per quanto dura questa sera d'inverno,  prima che venga il buio e il colore muoia, possiamo vivere  una briciola d'armonia della natura, di cui sentirci parte.



sabato 10 dicembre 2011

L'enigma di Don Giovanni-Mozart

L’enigma Don Giovanni continua, il caso non si può chiudere. L’ultima messa in scena dell’opera di Mozart e Da Ponte con cui s’è aperta la stagione scaligera, non appare definitiva. Anche se  lo scopo forse era proprio quello di liberarci dal mito, con Don Giovanni che riappare in un nuovo finale, fumando una sigaretta e mandando lui all'inferno gli altri attori. Come dire che ha ragione lui  in un mondo liberato dal senso del peccato ma anche dai grandi contrasti tragico-comici che non s'adattano al nostro stile di vita moderno?
Dal canto suo il regista  teatrale Robert Carsen ci racconta: "Volevo svelare la personalità del libertino e mostrarlo come lo specchio di ciò che gli altri personaggi hanno dentro di sè. E' energia pura nel bene e nel male e trascina anche gli altri". Allora così si spiega anche  il modo con cui si apre lo spettacolo, con lo specchio che riempie tutta la scena e rimanda agli spettatori l'immagine del teatro e di loro stessi: don Giovanni come specchio, cioè svelamento, di noi stessi.

Il mito di don Giovanni è antico, proviene dalla cultura popolare, passato poi per le mani di grandi della letteratura da Tirso de Molina a Molière fino alla splendida versione settecentesca di Mozart e Da Ponte.
Si sono date molte interpretazioni del don Giovanni mozartiano. Ad esempio Strehler nel suo allestimento  alla scala puntava sul contrasto vita-morte, in particolare la tensione  verso la morte esplicitata dall'uso del colore nero nei costumi e negli apparati. Ancor più, Alessandro Baricco, ricostruendo gli elementi d'una tradizione di pensiero ottocentesca,  rilevava le tracce di Don Giovanni nel Dracula di Bram Stoker! L’interpretazione sepolcrale però non  convince: fino all’ultimo Don Giovanni afferma se stesso e non mancano nell’opera momenti gioiosi.
Forse per comprendere il don Giovanni di Mozart e Da Ponte dobbiamo ritornare alla personalità di Mozart e alla cultura del Settecento, senza che per questo si circoscriva la valenza del mito, anzi l'opposto. 

Un critico importante, Massimo Mila, nella sua Lettura de Le nozze di Figaro  pone la ricerca della felicità quale elemento fondamentale del lavoro mozartiano e magari non si capisce il Don Giovanni se non lo si pone dentro la trilogia, cioè tra Le nozze di Figaro e Così fan tutte, e non si comprende la triogia se non la si pone, come ci indica Mila, all’interno della religione dell’amore e nella visione della ricerca della felicità.
La ricerca della felicità è il tema comune degli autori settecenteschi. Per l’impostazione materialista la ricerca della felicità non è in loro disgiunta o diversa dalla ricerca del piacere. Il materialismo settecentesco da La Mettrie, a d’Holbach e a Diderot fu un atteggiamento mentale che improntava profondamente il sentire comune  e che noi oggi  per i cambiamenti intercorsi, a partire dall’ondata romantica, probabilmente riusciamo con difficoltà a ricostruire correttamente. Di questa difficoltà è prova il fatto che due fondamentali opere mozartiane come  Don Giovanni e Così fan tutte non cessano di suggerire sempre nuove intepretazioni. Nel personaggio di don Giovanni, ad esempio, che  un attimo prima del compiersi del suo destino è a tavola e mangia, ribadendo  così quella che è la sua filosofia, cioè di perseguire i piaceri della carne; che non si pente, ma nemmeno tenta di sottrarsi al suo destino poiché siamo all’interno di una visione determinista, c’è anche una buona dose di satira del materialista epicureo.
 
Manca ancora un elemento che è quello dell’effimero. Che il Settecento sia stato il secolo della celebrazione dell’effimero non v'è dubbio e in questo si può effettivamente percepire il nesso con la morte. Il piacere, come le macchine della gioia - cioè i complessi apparati architettonici costruiti in occasione di particolari festività che venivano bruciati in mezzo ai fuochi d’artificio - è effimero. Ce lo dice nel tono più alto la Contessa nelle Nozze di Figaro, con la quale Mozart raggiunge uno dei suoi vertici non solo musicali ma di ricerca di una disposizione più alta e universale proprio di fronte ad una condizione negativa. 
Che può fare allora Don Giovanni? Poiché il piacere è effimero Don Giovanni non può fermarsi come vorrebbe Donna Elvira. Non può che cercare nuovi amori. In ciò, nella ricerca che non trova raggiungimento, perchè l'amore fedele non ci è dato, la felicità solo per brevi momenti, sta la sua tragicità, dietro cui c’è lo sguardo di Mozart che vede la condizione umana, in ciò don Giovanni è lo specchio di tutti noi.
Poi in Così fan tutte la questione è riesaminata ancora una volta ma la conclusione è sempre la stessa,  con più distacco, però: si sente l’amarezza, e i canti degli innamorati a tratti sanno un po’ di parodia.

Questa è una possibile  interpretazione, ma una cosa è certa: il caso Don Giovanni non si chiude.

venerdì 9 dicembre 2011

La veglia dei politici a Bruxelles

A Bruxelles alla fine non sono andati a dormire per dirimere le questioni e trovare un accordo da mostrare al mondo. E alla fine l’immagine della notte spesa a lavorare ha fruttato quanto l’accordo trovato: accipicchia! ma allora questi politici europei quando vogliono lavorano, sanno impegnarsi e infine tengono ad un destino comune. Pare che i mercati e le borse abbiano bisogno anche di queste rassicurazioni.

martedì 29 novembre 2011

Long long long


 "It's been a long long long time  
  How could I ever have lost you..."
Gran bella canzone, George.
Dedicata a tutti i nostri cari e agli amici,

                   "Some are dead and some are living,  
                    in my life I've loved them all"


martedì 22 novembre 2011

L'Italia all'Europa: siamo tornati!

Mario Monti è a Bruxelles per riprendere un cammino interrotto, quello del consolidamento dell'Unione Europa, non solo per i nostri problemi. Ciò che nel post precedente s'è detto per l'Italia, che una situazione di grave emergenza può essere motivo di superamento dei particolarismi vale, infatti, altrettanto per l'insieme degli stati europei, e quindi la crisi finanziaria attuale è per un verso l'occasione per il varo di quelle leggi e misure che da tempo il progetto di unificazione prevedeva e, in particolare per la situazione contingente, di quelle  che mettano al sicuro la nostra moneta.
Siamo tornati con un premier competente che, oltrechè spiegare ciò che conta di fare per i nostri conti pubblici, potrà essere illuminante anche con Merkel e Sarkozy su cosa fare per l'Europa. E c'è un altro italiano, Mario Draghi, alla guida della Banca Centrale Europea. Eh sì siamo proprio tornati, noi che siamo stati tra i fondatori dell'UE, che storicamente abbiamo dato così tanto a questa civiltà da e nel corso di più di duemila anni e che oggi  restiamo terzi per economia.

Il particolarismo italiano e il governo Monti.

Forse mai come questa volta nella storia della repubblica un  governo tecnico ha suscitato tanti commenti  discordi e concordanti, tante preavvertimenti, prese di posizione e altolà, e infine  epiteti e definizioni caricaturali (:governo dei professori, dei secchioni, dei poteri forti, delle banche etc. etc.); governo di tutti che ha raccolto alle camere una maggioranza strepitosa, e governo di nessuno perché nessuno vi si riconosce. Tutti lo sostengono e nello stesso tempo sono pronti a dissociarsi per tutelare il proprio ovile, partiti, sindacati e associazioni varie. Assentono nel nome e per il bene dell’Italia, visto il pericolo della bancarotta che incombe, ma ognuno ritagliandosi  una materia o un settore, lo spazio per la  sua specifica vigilanza nei confronti della  futura azione del nuovo governo. Perché ognuno ha la sua appartenenza mentre il governo tecnico nonostante tutti gli epiteti e le definizioni che gli sono stati dati  nel tentativo  appunto di collocarlo, proprio per la sua natura, per come è stato generato, non appartiene che alla sua funzione. Si mostra così una volta di più  il  particolarismo italiano, in questo strano stare a guardare di tutti gli attori  della passata rappresentazione per il terrore di  Mangiafuoco che  ci minaccia,  ognuno pronto però coi suoi lazzi dietro le quinte  a disturbare la nuova compagnia e a saltar fuori al momento opportuno.
(postato il  20/11/2011)

  Il governo Monti, perciò, si giustifica, nasce e si manterrà forte proprio per la situazione d'emergenza  economica internazionale che si è prodotta. Più questa situazione permane  grave per noi più i partiti demanderanno volentieri ogni responsabilità al governo tecnico. Paradossalmente le scelte, le riforme strutturali, che al punto in cui si è arrivati nessuno ha più avuto il coraggio di portare avanti per paura di perdere consensi fino a farci raggiungere l'immobilismo, potrebbero invece, nel momento del pericolo della bancarotta, essere sottratte al consenso degli interessi particolari che hanno diviso il paese bloccandolo. Anche se forzatamente, il pericolo esterno spinge verso l'unitarietà. Il governo di tutti e di nessuno si alimenta di questo.
Solo la Lega, per la paura  di perdere il consenso locale cioè di sparire,  paura in essa certamente più forte di quella del fallimento dell'Italia, che secondo i vaticinii estivi di Bossi starebbe per morire  per lasciar emergere i forti popoli del nord,  è all'opposizione.
(aggiunta)

venerdì 11 novembre 2011

Chi sono i mercati

In un ottica vetero-marxista o vetero-comunista, per usare un gergo comune, i mercati del mondo capitalistico sarebbe espressione del sistema e in particolare,  nell’attuale,  delle borse e degli speculatori finanziari.
Ma per gli economisti del mondo occidentale  il capitalismo, dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, per il venir meno del suo maggior antagonista, si è imposto come il migliore dei mondi possibili e  il libero mercato  ne è la base, il presupposto,  anche se è in realtà un’utopia, un’ideale a cui tendere: i grandi gruppi imprenditoriali infatti possono fare cartello e ignorare le leggi della domanda e dell’offerta di cui si legge nei manuali. 
Eppure qualcosa di genuino nell’andamento dei mercati nell’economia globale rimane.
Sono i mercati che con la loro sfiducia stanno decidendo le sorti di molti governi europei: la Grecia, la Spagna e finalmente anche l’Italia, costringendo a dimettersi i governi che non hanno saputo regolare i conti pubblici. C’è chi, come Gad Lerner in prima fila, si preoccupa di quest’azione che sembra rivolgersi contro la sovranità popolare, perciò pericolosa e antidemocratica; c’è chi, come detto all’inizio, li considera espressione del sistema e perciò da combattere – il prof. Piergiorgio Odifreddi nel suo blog -.
Ma i  mercati  sembrano vedere da lontano quello che i popoli a volte non riescono o non possono esprimere, così hanno tolto la fiducia a Berlusconi, che fosse per noi italiani chissà quanto ancora andrebbe avanti.
Non credo perciò che i mercati si possano identificare semplicemente con le borse e gli speculatori, ma dentro di essi deve esserci qualcosa  come una opinione pubblica, perchè chi compra deve avere una buona opinione del venditore, globale – Eugenio Scalfari intervenuto ieri su La7 allargava i confini all’Europa ma per i mercati dobbiamo considerare il villaggio globale -  la quale da lontano vede meglio, e se così siamo ancora dentro le forze attive della democrazia.

mercoledì 19 ottobre 2011

Una filastrocca per Cremino adattata da una poesia di Andrea Zanzotto

"Vorrei che tu fossi più spesso con me
a veder com'è vario il teatrino 
che col micio combino.

Egli ha tanti nomi perché
muta secondo quel che fa
ma Cremino soprattutto resterà.

Intanto si sente re del giardino
e gira a far la guardia con orari
alquanto misteriosi o immaginari...

Ma quando da fuori arriva un rumore
anche solo di un motorino
scappa fin dentro la cappa del camino.

Tante mattine fa l'equilibrista
ma non sempre riesce a spostarsi
sui tralci e cade fuori dalla pista.

Ma subito scatta su un altro appiglio
con volteggi speciali, e arriva a terra
con ricche acrobazie che vi sconsiglio.

Ciò capita d'inverno, quando lui si fa grosso,
di ciccia e di pelliccia
e, cantando, lo chiamo: -  Cremi, Cremi !

Chissà quante volte avrebbe voluto volteggiare anche il nostro Cremino in un bel giardino!!!"

 Mi è arrivata  l'email con questa filastrocca quando già Cremino stava molto male.
 Non sui tralci  saltava quand’era giovane e forte il nostro Cremino, ma dalla vetrinetta all’armadio, dal bancone al pensile della cucina, sui ripiani della libreria e sui tavoli e la scrivania.
 Perché era il micetto della casa.
 E ora la casa è vuota dei suoi passi silenziosi e sembra più grande.

sabato 8 ottobre 2011

Il ritorno del caimano


L’imbonitore quando serve lascia il posto al dispotico padrone, è il ritorno del caimano. Che provoca e disprezza. Così il greve cambio di nome, così la proposta del condono assoluto agli evasori fiscali.

giovedì 29 settembre 2011

Fame di poesia e necessità di ricordare.

Dopo essere intervenuta su un blog in cui si esortava a tornare ad imparare poesie a memoria, visto le visite ricevute da quel sito sul mio, mi sono resa conto di quanto l’argomento interessi. Vuol dire che sentiamo il bisogno di parole fermate dentro di noi, di bussole interiori per il nostro cammino quotidiano.

Ma il ricordare con cui intessere il nostro presente è forse un’altra cosa. Il lasciar affiorare i ricordi, essere predisposti ad accoglierli quando ciò accade, che per le misteriose alchimie tra la nostra mente e il mondo circostante  non possiamo prevedere – un odore, una musica o un’immagine o altro - e non cacciarli via come cose oziose e di nessun senso,  forse richiede proprio il distaccarsi un poco dal quotidiano per poi ritornare nel presente con maggiore consapevolezza.
La Arendt che  in un  suo saggio si chiede “Dove siamo quando pensiamo” dice che siamo in un non-luogo, o meglio in una zona di confine e temporalmente siamo proprio in quel presente che è al confine tra passato e futuro: cioè  è il nostro passato che ci struttura  ed è la condizione per pensare il nuovo quando pensiamo.
Ma ecco quando pensiamo? se cacciamo i nostri ricordi come sciocchezze con un’alzata di spalle?

Ci sono poi altri aspetti profondi del ricordare. Il ricordare che produce il raccontare e dunque il raccontare per ricordare i morti e per richiamare l’eternità;  per affermare la vita come fa Sherazade ne “Le mille e una notte”, ma ne ho già detto in altro post.

venerdì 23 settembre 2011

Gli italiani devono fare i conti con la dignità e l'etica

L’aggravarsi della nostra situazione finanziaria ha fatto decidere molti ad abbandonare il sostegno al governo Berlusconi, chidendone le dimissioni, dal Corriere a  Marcegaglia, il Sole24ore e Stefano Folli, in quanto delusi e ormai disillusi dalle sue promesse, paventano il peggio per il paese. Anche loro, che avrebbero dovuto essere accorti, si erano fatti irretire dal grande illusionista, magari pensando ai  vantaggi che la loro parte ne avrebbe ricavato.
Ma ancora nel paese ci sono altri che aspettano di sentire nuove roboanti promesse, non hanno strumenti per sottrarsi all’imbonitore e aspettano che tiri fuori  i pacchi con le sorprese da aprire.
S’è detto che  è un tratto del nostro carattere, un fatto genetico, abboccare agli imbonitori,  come quando giravano per le piazze dei paesi con i loro palchi improvvisati cominciando a regalare e poi a venderti il nulla, per poi scappare in fretta prima che i malcapitati si accorgessero di avere le tasche vuote e niente in cambio.

Fosse solo questo ma in generale gli illusionisti sono anche dei grandi corruttori se aspirano al potere. 
C’è nel nostro paese una grande questione morale che si affianca  strettamente alla crisi economica ma essa è vista meglio fuori di noi, in Europa e nel resto del mondo. Nel deficit di credibilità della nostra leadership nei confronti dei mercati e della finanza internazionali, infatti, la critica morale – l’impresentabilità del premier - e quella per l’inettitudine mostrata nel gestire la crisi si mescolano e si  rafforzano l’una con l’altra.

Una parte degli italiani, invece, non riesce a vedere questo, un’altra parte sta con il premier perché  s’identifica con lui e non vuol sentir parlare di questione morale. Si minimizza, ad esempio, sulla considerazione delle donne e del sesso  che è stata mostrata al paese, quando invece è invasiva e strutturante perché induce a comportamenti conseguenti. Abbiamo dato spettacolo di un paese che non è capace d’indignarsi, di proclamare il rispetto e i diritti della persona.

Allora la sconfitta del berlusconismo  perché il paese rinasca davvero non potrà non passare anche da qui, da un esame di coscienza collettivo, con la  caduta dei cinici opportunisti e  dei falsi liberi costumi.
Il parlamento comprato è ormai un bunker superblindato, né possiamo augurarci il precipitare della nostra situazione economica, nè possono essere i tribunali la soluzione.
 Dunque con la sfiducia dei grandi gruppi  che l’hanno fin qui appoggiato, di cui si diceva all’inizio, occorre un forte movimento popolare affinchè l’opinione pubblica che ancora lo sostiene sia costretta  a recedere. Perché questo accada  bisogna che venga fuori l’anomalia innanzitutto morale di questa parte del paese.

martedì 20 settembre 2011

Il paese vecchio e malato insieme al suo premier



Putin ha detto che le critiche al premier vengono dagli invidiosi. Invece è vero che un processo d’identificazione e d’invidia negli italiani è tra le cose che l’hanno fatto eleggere e lo tengono ancora al suo posto.

Non sarà un caso che questo è un paese di vecchi.

Così l’idea delle donne e del sesso dilagante attraverso i media e le indagini delle procure non solo è vecchia ma dei vecchi malati di giovanilismo e non è cosa da poco ma strutturante.

Così quella parte del paese ancora giovane - anagraficamente e nello spirito - che vorrebbe crescere, uscire dalla crisi e competere nel mondo attuale si trova continuamente e grottescamente sospinta verso l’ancestralità.

lunedì 12 settembre 2011

Le due America e le due Italia.

A Ground Zero, ora  9/11 Memorial, i due presidenti si sono scambiati di dire il messaggio che era loro più proprio. Le due America, la rossa e la blu, i repubblicani e i democratici,  come gli accade nei momenti difficili, si ricompongono nel ricordo della tragedia, da molti additata all’origine della crisi economica che il paese deve affrontare.

Un merito che alcuni commentatori voglio riconoscere nel nostro paese a Silvio Berlusconi è quello d’aver sdoganato la destra e quindi avviato un bipolarismo in cui maggioranza e opposizione possano mostrare rispetto reciproco, dialogare e magari qualche volta, in fronte alle più gravi difficoltà, raccordarsi in modo, cioè, da mostrare non un paese spaccato ma sostanzialmente unito come succede negli Stati Uniti.

Quest’analisi, secondo noi, è smentita da un lato dai fatti: il rispetto, il dialogo e l’incontro, il rinsaldarsi nel pericolo come in questa crisi economica, non si sono mai effettivamente realizzati.
Dall’altro lato, non secondario, non si vedono nella destra che sostiene il governo Berlusconi quei caratteri di attaccamento alla Costituzione - che ogni giorno di  soppiatto si provano a cambiare questo o quell’articolo - alla nazione, con il preponderante secessionismo dei leghisti, e di tutela dello stato sociale che alla destra  legittimata e storica devono competere. Molto probabilmente questa ipotetica destra rinnovata  è uscita decimata dalla finestra con Gianfranco Fini.

Sulla destra berlusconiana pendono invece i lacci di quell’Italia  occulta, che si avvale dell’apporto della criminalità organizzata, con cui non teme di patteggiare, che pretende d’indirizzare il paese nell’ombra e perciò inficia e blocca la nostra democrazia.

sabato 10 settembre 2011

Italia e Europa nella crisi economica

Il rappresentante tedesco nella Bce si è dimesso, in sostanza, per protesta verso la decisione di comprare i titoli di stato dei paesi più fortemente indebitati, come Grecia e Italia,  il comportamento dei cui governanti non è stato adeguato. Dentro la coalizione di Angela Merkel già si sapeva che una componente era contraria a questa decisione,  ma emerge  ora, ancora più fortemente, che vi sono dei falchi che vorrebbero l’uscita della Germania dall’euro. Si prospetta perciò una grave crisi dell’unione europea  il cui perno sta  oggi nel rapporto tra paesi forti e deboli, trovandosi i primi nella necessità d’aiutare i secondi affinchè  il sistema dell’euro non crolli. In realtà anche i paesi forti, cioè ad economia più virtuosa, come  Germania e Francia con il deludente recente incontro hanno dimostrato di non saper progettare il futuro, di non aver avuto idee o ideali di più ampio respiro con cui cementare  attraverso e oltre l’euro l’unione europea.

Il nostro paese oltre ad essere fattore della crisi europea non può a sua volta non essere influenzato da essa poiché non si può alzare le spalle di fronte al fatto che la gestione economica dei conti pubblici, con un debito abnorme e l’inettitudine messa in campo nel produrre una congrua, ed equa, manovra finanziaria ci ha screditato e la crisi economica si alimenta del discredito.
Il governo sta asserragliato nel bunker del Parlamento, con una maggioranza esigua ma compatta, perché comprata, e votata a sopravvivere per la tutela del suo proprio interesse. Questo è lo spettacolo che diamo in Europa ma, poiché il destino nostro e dell’Europa  è ormai così strettamente intrecciato, il peso del ruolo negativo che vi stiamo svolgendo non potrà non farsi sentire dentro il paese.

mercoledì 7 settembre 2011

La maturità dello sciopero contro la manovra


A sentire gli slogan e i canti  nelle sfilate che hanno percorso le piazze d’Italia emerge una consapevolezza calma negli italiani che hanno protestato: che non si può addossare loro in nessun modo le responsabilità della crisi e il peso maggiore dei provvedimenti urgenti necessari. S’era cominciato a dire subito dopo la fine del centrosinistra e la caduta di Craxi che noi italiani s’era vissuto di sopra delle nostre possibilità, che s’era sperperato e occorreva risanare, che  ogni bambino italiano nasceva con un debito sulle spalle, come il peccato originale. E così via ciclicamente negli ultimi venticinque anni. E dopo venticinque anni quegli stessi italiani, con i loro piccoli redditi da lavoro dipendente con le ritenute alla fonte, che da venticinque anni arrancano per arrivare alla fine del mese, si sono resi conto che proprio non possono essere stati loro in questo quarto di secolo i responsabili della crisi, semmai le vittime.

domenica 4 settembre 2011

L’urgenza delle riforme strutturali


Questa volta ne abbiamo proprio fatto l’esperienza. Di fronte alle manovre finanziarie che si sono succedute e poi sono state ritrattate e ancora in attesa delle misure adeguate ed il più possibile eque che  si richiedono per migliorare i nostri conti pubblici e rassicurare i mercati, a noi cittadini s’è fatto chiaro che i provvedimenti improvvisati dettati da crisi incombenti, di per sé, oltre ad essere esposti al rischio d’iniquità, pressapochismo ed inefficacia,  abbiano sempre il difetto di essere delle toppe.
Il paese ha bisogno che alcuni settori, come il sistema fiscale,  le pensioni ed altri rilevanti per il moderno funzionamento dello stato siano riorganizzati  attraverso leggi d’ampio respiro che si basino su idee intelligenti per risolvere i nostri specifici problemi ed incongruenze. Se oggi ci troviamo nella necessità di provvedimenti immediati ciò non vuol dire che non è allo stesso tempo ora di pensare alle riforme strutturali.

venerdì 2 settembre 2011

L'importanza della rete per la correzione della manovra finanziaria di Arcore

Il ritiro repentino dalla manovra finanziaria del provvedimento che colpiva i laureati, e similmente i militari di leva, per non poter più conteggiare negli anni pensionabili quelli degli studi universitari riscattati, merita qualche ulteriore riflessione. 

Ci piace rilevare che il nostro modesto blog è stato tra i primi nella 
notte del 29 agosto a segnalare:“La manovra colpisce i laureati”, mentre i principali quotidiani erano attestati sulla stessa velina che genericamente dichiarava che erano state attaccate le pensioni. Questa velina di per sé – poi naturalmente dentro gli articoli si specificavano le misure prese - era in qualche modo scorretta perché si ometteva di segnalare l'iniquità di fondo del provvedimento se solo due categorie di contributi, e una, quella che riguardava i laureati, molto di più per il numero di anni interessati, erano prese di mira.

L’altro equivoco che  siffatti titoli dei giornali  potevano alimentare, tenuto conto del dibattito che aveva preceduto la feconda riunione di Arcore, nel quale Bossi aveva sempre dichiarato  che le pensioni non si dovevano toccare,  era che quest'ultimo avesse ceduto, fosse stato “umiliato” addirittura secondo Repubblica. Ma da parte della Lega, a manovra  fatta e con i contenuti diffusi dalle agenzie, non c'erano commenti in tal senso. In realtà ad Arcore erano stati tutti contenti d’aver trovato la quadra sulle pensioni. E la quadra era venuta da un idea geniale del ministro Sacconi: agire sui chi non aveva mai lavorato. Un tale arcano era finalmente svelato, ci si riferiva al servizio miltare di leva e agli anni di studio nelle università per conseguire una professione. Evidentemente la Lega contava sulla scarsa presenza di laureati nel suo elettorato, che infatti pur protestando anch’esso contro la manovra si concentrava però sull’anno tolto ai militari.

Nel nostro pur breve post noi invece segnalavamo, già alla mezzanotte, oltre il chiaro intento di preservare il proprio elettorato, un intento ancor più allarmante punitivo verso i laureati – ripreso ieri 1 settembre da Tito Boeri e Ilvo Diamanti su Repubblica. Segnalavamo pure, alla mezzanotte, l’attacco alla funzione pubblica perché con i laureati erano toccati tutti i quadri del pubblico impiego. A quell’ora poi non era ancora emerso che il contributo di solidarietà oltre i 90 mila euro, restava valido per gli statali – altra forma grave d’iniquità poi riconosciuta perciò  pure incostituzionale - . Ma anche questo andava bene a Bossi, indebolire e punire lo Stato, dalle cui ceneri sarebbe dovuta nascere la Padania.

Superficiale cara Laura ? – Commento 1 al mio post -. Forse tu volevi dirmi che non sono entrata nel merito di che cosa il provvedimento comportasse per i laureati e le loro famiglie, ma a questo ci ha pensato la Rete che è stata decisiva nel far rientrare la manovra. E ancora una volta ha preceduto partiti e giornali.
Ho pensato di scrivere un commento in tal senso ad un blog, molto pubblicizzato nella sua trasmissione da un giornalista politico ed è il commento 3 del mio post. Il giornalista in questione l’ha respinto. Politici e giornalisti italiani hanno in molti il difetto di guardare la gente dall’alto,  pretendono sempre d’esser loro a guidare e ad indicare e difficilmente riconoscono quando la società civile va avanti.

martedì 30 agosto 2011

La manovra colpisce i laureati

Ormai le manovre si succedono l'una all'altra, ogni volta contraddicendosi tra loro. Per l'ultimissima, partorita ad Arcore, via il contributo di solidarietà oltre i 90 mila euro e giù sulle pensioni, ma detto così è molto generico e ipocritamente vago perchè l'azione si concentra sull'allungamento dell'età pensionabile esclusivamente dei laureati, che non possono più conteggiare gli anni di studi universitari riscattati, cosa che vale anche per l'anno di militare del servizio di leva. Come sempre s'individuano alcune categorie "privilegiate" da colpire.  Alla faccia dell'equità.

Sono toccati tutti i quadri del pubblico impiego anzitutto. Così a Bossi è andato bene? Vuole essere punitivo verso i laureati? E' questo un messaggio sotterraneo che ci viene dai cervelli al lavoro ad Arcore?  Gli anni di studi universitari trattati come cosa in più, o in meno, rispetto al lavoro, in un paese dove la preparazione scientifica e la cultura valgono sempre meno.

lunedì 29 agosto 2011

La merlettaia: quando le donne cucivano

Quando ero figlia della Marshalsea ho molto cucito.
Oggi le donne dei paesi più industrializzati hanno quasi dimenticato questo antichissimo lavoro femminile, anche nelle sue applicazioni più semplici, come attaccare un bottone, imbastire e fare un orlo. Per non parlare di punti un po’ più complessi e del ricamo, che un “orlo a giorno” è qualcosa di mitico e del tempo delle favole.
Le favole appunto e la più antica è quella di Penelope che filava la tela di giorno e la disfaceva di notte, tenendo così a bada i Proci, simbolo perciò del ruolo centrale nell’economia primitiva della produzione dei tessuti, affidata principalmente alle donne. Non è un caso che sia un filo l’arma decisiva che una donna, Arianna, offre a Teseo  nell’impresa contro il Minotauro.
 L’importanza della produzione tessile artigiana è stata ribadita nella storia recente dalla resistenza indiana contro l’occupazione inglese, la potenza internazionale che era cresciuta molto anche sull’industria tessile, che Gandhi ebbe l’intelligenza di basare proprio sulla lavorazione individuale ai piccoli telai quale riaffermazione dell’identità nazionale e dell’indipendenza economica.
Ancora nel Settecento, a Chioggia, cronista Carlo Goldoni, dal ricamo delle donne, che scendono in strada a lavorare e ad imbastire le baruffe,  si srotola il filo della vita popolare colta nella sua maggiore vitalità.
Il lavoro del cucito, potremmo dire questa forma di cultura popolare, si è poi sempre più ridotto a lavoro umile o di nicchia finchè l’industria tessile per  prima, i ritmi della vita moderna e i nuovi ruoli per la figura femminile lo danno ormai in estinzione. Nel film di Claude Goretta del 1977  “La merlettaia” è in realtà una parrucchiera, ma il titolo vuole appunto simboleggiare l’umiltà sociale e il ruolo di perdente.
In generale di fronte all’estinguersi di qualche specie vivente, specie se provocato dai cambiamenti prodotti in natura dall’uomo, con lacrime di coccodrillo ci dispiacciamo e invochiamo l’importanza e  fonte di ricchezza insite nella biodiversità. Il cucito femminile sta sparendo silenziosamente e con esso quanto di mitico, simbolico e di culturale vi era associato. Forse stiamo perdendo qualcosa di prezioso e che è stato strutturante nella produzione della civiltà.

mercoledì 24 agosto 2011

a western, a song

Un western, una canzone.
Dedicato agli italiani che “magari per pigrizia” sono rimasti a casa per le vacanze, e non hanno ancora capito quanto hanno sperperato per tanti anni vivendo sopra le loro possibilità pur senza suv, senza viaggi, senza doppia o tripla macchina, doppia o tripla casa e pagando sempre le tasse alla fonte:
“Pat Garrett e Billy the Kid”  di Sam Peckinpah e  “Knockin’Heaven’s Door” di Bob Dylan (1973).
“Appaloosa”, (2008) di Ed Harris e  “Scare Easy” di Tom Petty(1970).

mercoledì 17 agosto 2011

Crisi economica: non s'è più pensato al futuro

"Sarkozy e Merkel" non convincono i mercati.” Le misure da loro prospettate, un governo economico europeo, il pareggio di bilancio nelle costituzioni europee – ingiunto finora solo all’Italia – e l’emissione degli eurobond sono evidentemente di là da venire o di scarsa consistenza. L’Europa si trova dunque in palese ritardo rispetto alla crisi economico-finanziaria. Anche gli stati più virtuosi non hanno saputo essere previdenti. E i mercati stanno sempre più assumendo nei confronti della politica il ruolo della realtà contro l’apparenza. Peggio della speculazione finanziaria nelle borse è stata l’azione o inazione dei governi nella gestione dei conti pubblici.  Dall’America all’Europa il tratto comune è stato quello dell’aumento del debito pubblico, e questo che altro vuol dire, infine, se non di chiudere gli occhi di fronte al futuro? Questo non pensare alle conseguenze, questo concentrarsi nel presente sembra perciò il carattere distintivo della civiltà borghese all’inizio del terzo millennio. L’eterno presente della società del benessere che non sente più la necessità di pensare e progettare il futuro perché sta bene come sta. Chissà se gli allarmi e le minacce di catastrofi imminenti riusciranno a svegliarla dal suo sonno.

domenica 14 agosto 2011

L'illusionista e la stangata

 Costretto, grondante sangue: la chiede l’Europa e una storia dei conti pubblici alle spalle di cui lui, che governa ormai da tre anni con una maggioranza iniziale mai prima posseduta da un governo della repubblica, non si sente responsabile, poi la crisi globale naturalmente. Le cicalate e l’ottimismo del giorno - dell’attimo - prima del paese che non c’è o meglio del paese dei balocchi l’incantatore pensa di nasconderli come fazzoletti colorati nel cilindro.
Farebbe più pena lui, costretto alla decisione, di noi che verremo stangati. L’autoreferenzialità  di questo premierato non s’attenua (e se proprio volessimo prendercela con  qualcuno  c’è  pronto accanto il ministro dell’economia, difatti è lui il destinatario di qualche  critica dei giornali governativi). 
Ma intanto noi pubblico dello psicodramma  a guardarci tra noi vedremmo che siamo rimasti in mutande.

venerdì 12 agosto 2011

Circa i disordini in Inghilterra. (About the riots in England)

Le reazioni all'insorgere dei disordini a Totthenham sono state sconcertanti: non c'era nulla da capire, niente che li motivasse, non la morte di un nero nello scontro con la polizia, non l'emarginazione della popolazione di questo quartiere dentro la ricca Londra,  nemmeno l'accentuarsi dell'impoverimento dei ceti più deboli con la crisi economica e  nemmeno ancora le minoranze etniche, anche perchè qui vi sono immigrati di seconda e terza generazione. Opinione che dal premier inglese Cameron è stata mutuata anche da diversi commentatori italiani. Il primo però ha dovuto in parte rimangiarsela di fronte all'estendersi della ribellione in altre città inglesi.
Allo stesso modo ci si stupì quando s'infiammarono le banlieues di Parigi, nel 2005, additata fino a quel momento come esempio d'integrazione e multiculturalismo. Basta vedersi "Niente da nascondere" di Michael Haneke, che ripercorre la storia dell'immigrazione parigina dagli anni settanta. - Niente da nascondere - vorrebbe ribattere ancora oggi la borghesia ottusa che, immersa nel brodo sempre uguale del suo benessere, non vuole vedere le contraddizioni che esplodono fuori ma anche dentro di lei. Dicono che questi giovani ribelli vedono che non hanno un futuro: dall'altra parte la borghesia vuole vivere in un eterno presente perchè non le serve di modificare nulla del suo stato, dei suoi piaceri ma ancor più banalmente delle sue abitudini. Ma le contraddizioni scoppiano anche dentro il brodo del benessere collettivo, come ad Oslo.

venerdì 5 agosto 2011

Alla fine Montanelli aveva ragione

Quando disse che bisognava lasciarlo governare… solo che, ahinoi, il tempo necessario sarebbe stato molto più lungo.

Oggi gli italiani sono alle prese con un governo che non governa, un premier intento ai suoi casi personali, che di fronte alla crisi economica e finanziaria conferma il suo ottimismo illusionista - il nostro paese sta meglio di tanti altri etc, etc. – si loda e s’imbroda, aspetta le proposte degli altri e si dichiara prima imprenditore che premier invitando a investire nelle sue imprese. Il conflitto d’interessi messo sotto i piedi, quando l’interesse principale dichiarato da chi governa dovrebbe essere la cosa pubblica. A scorno e gravame di quell’opposizione che quando era a palazzo Chigi non trovò il tempo e la forza morale per farne legge.

venerdì 29 luglio 2011

Già chi è che guida?

Nell’esilarante cartone animato “La roulotte di Topolino”(1938) Pippo, Paperino e Topolino sono i tre ed unici occupanti di una straordinaria roulotte e quando si trovano riuniti per il breakfast con la roulotte in movimento che ad un tratto prende velocità allora si chiedono l’un l’altro:
- Chi è che guida?
- Già chi è che guida?
- Sono io che guido! -

conclude Pippo e, realizzata la situazione, corre alla macchina. Proprio mentre la roulotte si stacca con dentro gli altri due, senza accorgersene grida loro:
- Il peggio è passato. Adesso è tutta discesa!

Viene da chiederci oggi pensando al carrozzone Italia e alle vicende di queste ultime ore, chi è che guida il Paese se ognuno è intento alla propria colazione, a sistemare le sue personali esigenze, chi relative a questioni di tribunali con leggi che ad hoc qui allungano e là accorciano, il premier, e chi alle proprie residenze, il ministro dell’economia, che a Roma si sente di passaggio e viene con fastidio.
Intanto il carrozzone ha imboccato la discesa …

martedì 26 luglio 2011

Le bocciature non pagano


Siccome l’ho sempre pensato e adesso è l’Ocse che l’afferma vale la pena di farci un post. In sintesi, secondo l’organizzazione, le bocciature costano, aumentano le disuguaglianze dentro le classi e non ne migliorano il rendimento.

Piuttosto d’esaltarne l’aspetto competitivo, i percorsi d’eccellenza che dovrebbero salvaguardare i presunti geni dell’elité futura, vedere la scuola come percorso comune dei giovani, dove si sa aspettare chi sembra in ritardo, dove tutti possono dare un contributo interessante.

Anche a livello individuale la bocciatura per i ragazzi è spesso un trauma, o comunque una battuta d’arresto di più ampia portata del ritardo scolastico. Mi hanno sempre stupito quei professori così convinti che “la bocciatura fa bene”: che cosa hanno mai compreso dei loro ragazzi ? li hanno mai veramente seguiti nell’esito della punizione inflitta?

martedì 19 luglio 2011

Il grande illusionista e i mercati

La sua impronta più marcata appare essere alla fine proprio quella del grande illusionista. Lo si nota anche dai piccoli dettagli.
Se ti capita di rivedere un vecchio film, Alba tragica di Marcel Carnè, lì c’è un vecchio imbonitore che sempre regala catenine con ciondolo alle sue vittime, e con le stesse armi inganna il suo rivale e, come Sansone, lo trascina con sé nella caduta.

Fuori dal mondo chiuso in cui è costretto Jean Gabin, tra le polveri di sabbia della fabbrica, le ombre e i riflessi delle notti che lui attraversa, oggi per noi forse saranno le piazze dei mercati del mondo a far svanire all’alba gl’inganni e le illusioni.


Abbiamo visto come i mercati finanziari, le borse, così come lo spread dei titoli di stato, hanno palesato una forte reazione negativa alla manovra finanziaria attuata dal governo.

giovedì 14 luglio 2011

Questo post è per Lampada. It’s for You Lampada.

“La modestia del sentire, l'appagarsi del viver quieto ma pieno di significato”

Cara Lampada,
queste parole, così adatte ad ogni piccola Dorrit, stanno dentro un tuo commento in questo blog. I tuoi commenti hanno qui la loro storia segreta. M’ hai sostenuto in quest’avventura fin dall’inizio e costantemente senza che me n’accorgessi, sciocca narciso che ancora va cercando argomenti e parole. Ma così continui a starmi accanto in questo blog, così ce ne stiamo qua dentro, amiche e sorelle, sento il tuo abbraccio, la tua cura per me e so che quando troverò altre cose da pubblicare sarà ancora un luogo per noi.

giovedì 30 giugno 2011

Campi di girasoli per sempre (Sunflower fields forever)


E’ la campagna di giugno, dove giallo e verde ancora si rincorrono.
Spettacolo tra i più belli è quello dei girasoli. Il verde alto e intenso delle piante coronato dal giallo quasi oro dei fiori composti. Andate in campagna in questi giorni e dove ci sono distese di girasoli fermatevi a guardare e chiedete alla natura cosa voglia indicarci con questo spettacolo.

Perché, come hanno osservato biologi interessati all’espressione della forma, come Adolf Portmann in “Le forme degli animali”, e come posto in luce in un saggio di Hannah Arendt, “Dove siamo quando pensiamo”, noi viviamo nel mondo delle apparenze.

La forma degli animali non è banale o semplicemente funzionale, né si spiega solo con l’evoluzione darwiniana: è anche linguaggio, comunicazione. Ad esempio i mammiferi superiori hanno delle forme particolarmente significative, dove la maggior espressività è data dalla faccia, si pensi al leone o alla tigre o la maestria della disposizione delle righe nella testa della zebra; all’opposto i pesci abissali, che vivono al buio negli oceani, in cui non si vedono, e in cui quindi la forma non può avere importanza, sono tra le creature più mostruose. Né si può spiegare solo con la selezione naturale l’esuberanza della produzione della forma, con tantissime variazioni- che la selezione naturale sfrutta ma non ne spiega l’origine- di diverse specie vegetali e animali.

La Arendt, a sua volta analizza come l’apparire sia fondamentale nel quotidiano del comportamento umano.

Ma se guardiamo anche nel mondo inanimato noi vediamo come le forme e i colori siano altrettanto importanti: il cielo azzurro, e i contorni delle montagne, e la linea del mare, e le anse dei fiumi e le distese delle pianure sono fatte in modo che noi possiamo comprenderle e apprezzarle. E così i pianeti e le stelle nel cielo. Insomma l’intero universo si esprime attraverso forme – che come la disposizione dei singoli fiori nel disco del girasole o la conchiglia dei molluschi, tal quale il moto dei pianeti, si possono esprimere in formule matematiche -.

Secondo la Arendt quando pensiamo dobbiamo astrarci dal mondo delle apparenze e del quotidiano. Per fare questo, però, dobbiamo aver interiorizzato il mondo delle apparenze come nei secoli che ci hanno preceduto hanno fatto gli artisti che hanno guardato la natura, le sue forme e colori, hanno cioè saputo comprendere il suo linguaggio.

Van Gogh e i girasoli. Tra gli artisti che hanno saputo guardare la natura e le sue forme e interiorizzato la loro esperienza senz’altro Van Gogh. Ho visitato la mostra su di lui al Vittoriano a Roma. In molti quadri Van Gogh pone insieme campagna e città, quest’ultima sullo sfondo con le sue ciminiere o lo sbuffo dei suoi treni: segni del dinamismo che la città esprime. Mentre la campagna sarebbe all’opposto l’espressione dell’eternità.
Me se la campagna interiorizzata dall'artista ci rappresenta l’eternità, pure essa è colta e descritta come attimi. È sempre la campagna di un certo momento, di una certa luce del giorno, di figure che passano o sono intente a qualcosa. Di un campo di grano o di girasoli, o una pianta di girasoli, nella loro massima intensità.

Dunque l’eternità come l’attimo intenso che si fissa nel ricordo e sarà per sempre.

Andate a vedere i campi di girasoli e chiedetevi cosa vogliono esprimerci. Ora sono nel pieno della loro vitalità. Tra un poco appassiranno.

lunedì 27 giugno 2011

Ma chi sono i responsabili?

La fiducia alle Camere: il Parlamento e i cittadini.

E’ stato il Presidente della Repubblica, vigile custode della Costituzione e della sua giusta applicazione, a richiamare le Camere, di fronte al cambiamento nelle componenti della maggioranza, alla necessità di una verifica della fiducia. Berlusconi da questo punto di vista era tranquillo, si è pure fatto sotto alla prima occasione in cui ha incontrato il Presidente degli Stati Uniti, e non era una gag ma un altolà, quando ha detto al più importante per tutti: - Ho una nuova maggioranza. Cioè, che lui tiene, è legittimato dal parlamento e può permettersi, dal suo punto di vista, d’affermare che i giudici che indagano su di lui complottano. Sono ormai lontani, specialmente a fronte dei risultati delle elezioni amministrative e del referendum per cui aveva dato indicazione di non votare, i giorni in cui il premier poneva la sua legittimazione essenzialmente nel suo rapporto diretto col popolo; ora si è fatto parlamentarista perché, scemando la sua popolarità, si è blindato nella maggioranza parlamentare. Ciò non toglie che un ribaltone è stato compiuto in seno a questo governo: infatti, la maggioranza eletta, cui l’attuale legge elettorale aveva attribuito un grande premio di maggioranza era quella cui partecipava il gruppo del presidente della Camera Gianfranco Fini. Al suo posto c’è a sostenere il governo nella nuova maggioranza un nuovo gruppo che nemmeno era presente alle precedenti elezioni politiche, i responsabili.
A Ballarò, nell’ultima puntata che commentava l’ottenuta fiducia, Anna Finocchiaro, tra le menti più lucide del Pd, e sempre chiara e consequenziale nelle sue argomentazioni, illustrava questa situazione parlamentare e si chiedeva, di fronte alla ben nota disinvoltura con cui il nuovo gruppo è nato e si è, anzi, non si è presentato alle Camere: chi sono, a cosa s’ispirano, dove hanno scelto di sedere: ne sottolineava cioè l’anomalia. Paolo Mieli, giornalista e storico, quando toccava a lui parlare, invece bacchettava l’esponente del principale partito d’opposizione, perché a suo avviso con questo tipo d’osservazioni non si va lontano e ben altro deve fare il Pd.
Non sono d’accordo: è fondamentale per tutti noi cittadini che crediamo in questa repubblica e nella sua Costituzione che essa sia applicata correttamente, e che di questo siamo consapevoli e attenti osservatori; in modo che essa sia cosa viva che regola il funzionamento delle istituzioni. Con questa bussola sarà sempre difficile cambiare la rotta della democrazia in Italia e avremo una guida sicura.

sabato 25 giugno 2011

Il tenente Colombo che parlava con gli angeli


Sulla scena il tenente Colombo é un italoamericano, e già per tale era passato in alcuni film, a cominciare da “Angeli con la pistola”. Che nella realtà non lo fosse ma risultasse così credibile, e così popolare proprio in Italia, è significativo delle sue capacità di comunicare attraverso l’interpretazione. Per questo non c’è bisogno di andare a ricercare i suoi film migliori perché il segreto della sua forza d’attore e di comunicatore, a livello mondiale sta proprio nel tenente Colombo. Tanto che Wenders lo scelse per essere tra coloro che riconoscono gli angeli, anzi uno di quegli angeli che hanno scelto di diventare uomini.
Perchè la pasta di cui è fatto Colombo è davvero speciale, l'opposto del tipo del grande comunicatore: è dimesso, peggio trasandato, goffo, mite però testardo e con metodo quasi socratico insegue la verità e la giustizia.

mercoledì 22 giugno 2011

L'oro di Napoli, 'a munnezza

E’ il grande business, pare più redditizio della droga, e a tenerlo in piedi è servito l’intreccio profondo tra camorra, affari e politica. Così quello della munnezza è diventato per chi lo affronti un’idra a nove teste, un mostro difficile da accostare e colpire.
Da dickensiana annoto come nel romanzo Il nostro comune amico, cumuli di rifiuti aprano la storia: sono, grottescamente e sarcasticamente, ma ora possiamo dire con molta lungimiranza, la ricchezza e l’eredità, il nascosto pedigree, di un personaggio che non a caso ha un’identità celata e viene indicato in società per l’appunto come il comune amico.
Nella cronaca odierna Napoli con i suoi abitanti è diventata ostaggio dei signori della munnezza.
La lotta da ingaggiare sarà, nonostante la prosaicità della materia, epica. De Magistris ha esaltato il carattere napoletano, la sua creatività: ce n’è bisogno per vincere l’Idra. I cittadini non devono però lasciare solo il loro sindaco. Forse ha sbagliato nel darsi un tempo, cinque giorni o una settimana o più, ma ha avuto coraggio nel pararsi subito di fronte al mostro. Dagli errori s’impara: dove i piani, affidabili sulla carta, s’inceppano da lì s’illuminano le trame e i congegni che mantengono e fanno crescere ‘a munnezza.

venerdì 17 giugno 2011

Qual è L'Italia peggiore

Tra il ministro che così epiteta una categoria di lavoratori, perchè i precari sono lavoratori, il cui torto sarebbe quello di non riuscire a trovare il posto fisso (pensiero ascrivibile, tra l'altro, nella vecchia filosofia che se non trovi sei tu cittadino che sei fesso).

E il caso Bisignani, che più che un caso appare una continuità con il passato, del faccendiere figura defilata ma cardine di come intendere la politica, sistema di cui non riusciamo a liberarci.

lunedì 13 giugno 2011

Referendum: vittoria dei cittadini

In queste primissime ore piuttosto delle valutazioni politiche e sui politici, merita di soffermarsi sulla vittoria dei cittadini, attraverso una forma di democrazia diretta qual è il referendum. E' di questo maggior apporto di democrazia che il Paese ha bisogno da contrapporre al becero populismo espresso nella trascorsa campagna elettorale: non il popolo che delega ad uno solo ma il popolo che ottiene voce e si esprime, anche in altre forme possibili oltre il referendum, quali comitati locali ed altro. Particolarmente su temi riguardanti beni comuni fondamentali, come l'acqua e la tutela dell'ambiente ma anche l'uguaglianza di fronte alla legge...

VVVVittoria Referendaria

venerdì 10 giugno 2011

Il nucleare e il nostro posto nella natura

Il referendum sul nucleare, uno dei quattro su cui gli italiani sono chiamati a votare, è un’ottima occasione per interrogarci non solo sui rischi per la salute nostra e del pianeta, ma più in generale sul nostro rapporto con la natura.

Versioni contrastanti di questo rapporto si sono succedute nel corso della storia e nella diversa evoluzione dei popoli. In breve, dal terrore dell’uomo primitivo per le forze della natura, fatte divine e oggetto di sacrifici, siamo arrivati all’uomo tecnologico occidentale, e ormai anche orientale, di oggi che alla natura ricorre per carpirle i suoi segreti e farne uso per migliorare il suo benessere il più delle volte senza calcolare il danno collaterale e futuro, proprio perché non dialoga con la natura ma ha il mero scopo di asservirla ai suoi fini. Di questo asservimento si preoccupa il movimento ambientalista: cresciuto sulle ceneri della lotta di classe, ha saputo riconoscere nella natura l’ultimo storicamente e attuale soggetto, dopo il proletariato, schiavo dei profitti dell’uomo-padrone.

A Cannes hanno premiato l’ultimo film di Terence Malick, The tree of life. Non l’ho ancora visto ma proprio nel titolo ho trovato un aggancio con il precedente The new world che conosco. In quest’ultimo è narrato l’approdo degli inglesi sulle coste della futura Virginia e le vicende successive imperniate sulla figura di Pocahontas. In esso la natura è viva protagonista accanto agli uomini e suggerisce lì per lì ai nuovi arrivati che, proprio perché appena giunti dopo un lungo viaggio, dove non vedevano che sempre le stesse cose, hanno occhi nuovi, così rigogliosa e generosa, l’utopia di un mondo nuovo liberato dalla povertà. La cultura di Pocahontas è legata alla natura, lei vive in armonia con essa. E quando la sua storia con il capitano John Smith finisce come finisce e lei infine riprende a vivere la vita umana appunto è paragonata ad un albero che ha le sue ferite e i suoi rami morti eppure continua a crescere e fa nuovi germogli e rami e s’allunga verso l’alto. Un’altra immagine significativa è quella in cui Pocahontas dice sfiorando con le palme l’erba alta: “Noi siamo come l’erba”.
La natura dunque non nemica o schiava ma libro aperto da cui imparare a vivere e a superare le comuni sventure.

Tutto ciò l’abbiamo in gran parte perso, non siamo più abituati a dialogare con la natura, a sentirci parte di lei. Non guardiamo più i paesaggi: la campagna è solo oggetto di bramosia per nuove villette e centri residenziali.

Dimentichiamo che il nostro umanesimo si è sviluppato ponendo l’uomo in armonia con la natura, ed ha prodotto grandi artisti come non mai nella storia di un popolo ed oggi se l’arte è asfittica e in crisi nel mondo, in gran parte ciò può essere dovuto proprio a questa grave crisi nel contatto con la natura.

La riflessione sul nucleare può perciò essere occasione per rivedere il nostro posto nella natura e quanto di più prezioso per le nostre anime, che non uranio o plutonio, essa può ancora darci, cercando, esplorando, guardando il paesaggio, l’avvicendarsi delle stagioni intorno a noi.

martedì 31 maggio 2011

Quando il populismo è un vicolo cieco.

In fondo siamo una società complessa, restiamo nel novero delle principali potenze industrializzate, e allora il trito populismo da cui Berlusconi non è più uscito, e di cui l’alleata, pure da molti intellettuali molto stimata, la Lega, è sempre stata altrettanto convinta dispensatrice, è stato in realtà una delle cause principali della sconfitta. Il grande potere mediatico non ha fatto altro che amplificare l’errore e lavorare alla disfatta.

giovedì 26 maggio 2011

Perchè la svolta politica comincia a Milano

Di fronte alla demagogia spinta con cui Berlusconi e i rappresentanti della Lega comunicano con i loro elettori si può provare un sentimento di grave sconforto, per il rimpallare dagli uni agli altri, e viceversa, delle stesse trite parole, in particolare “federalismo, federalismo” per i leghisti, senza che il discorso s’apra e s’articoli. Questo popolo è stato allevato senza strumenti critici e allora il flusso comunicativo è solo un rimasticare tra eletti ed elettori degli stessi slogan di un vocabolario minimo.

Di fronte a questo circolo vizioso, dove aspettarsi segni di risveglio e ribellione al discorso politico sempre più basso e reiterato su alcuni vocaboli, da sfiorare in realtà l’afasia, se non in chi qualche strumento critico ancora ce l’ha, in particolare la borghesia milanese, di quella Milano che pretende di essere tra le maggiori città del mondo? Una delle capitali dello stile come pensa di poter essere rappresentata anche “solo” nello stile dai politici che si sceglie?

mercoledì 18 maggio 2011

Capire l’Italia, l’Europa e l’Islam: il flusso migratorio dal Nord Africa.

La questione dei flussi migratori dal Nord Africa è diventata sempre più di primo piano per l’Italia e per l’Europa. Banco di prova dei valori comuni, del grado di coesione ma anche d’apertura, infine del grado di civiltà.

Fino a ieri l’Islam e l’Occidente sono stati contrapposti. Quando Carlo Martello ne fermò l’avanzata a Poitiers l’Europa cristiana potè crescere e svilupparsi attraverso l’eredità raccolta da Roma, l’amministrazione e le leggi in particolare, e il nuovo incubatoio costituito dal feudalesimo ma il Mediterraneo rimase diviso.
In realtà come sempre le divisioni non furono proprio così drastiche. Con una sorta di feed back la civiltà araba assorbì e riconsegnò all’Occidente molto della cultura antica che esso aveva perduto; in Sicilia e in Spagna lasciò caratteri importanti e nella cultura europea, tra le altre cose, in specie nella letteratura del Settecento – e ancor oggi - Il fiore delle mille e una notte occupa un posto particolare.

Nel corso del Novecento il contrasto si è nuovamente acuito: da un lato l’Occidente ricco e industrializzato, con il cuneo rappresentato dallo Stato d’Israele imposto dall’Occidente per rimediare ai suoi propri errori ed orrori ma rimasto isolato in un mondo islamico generalmentemolto più povero e arretrato tecnologicamente. Fino a ieri questo Islam era visto principalmente come possibile preda di movimenti integralisti, divenuti nemici dichiarato. Per questo l’Occidente si è mostrato amico di tiranni al potere da trenta a quarant’anni, che però avrebbero garantito l’accesso alle risorse energetiche, i beni primari che questi popoli possiedono, e la protezione dall’integralismo.

Invece dal Nord Africa è arrivato qualcosa d’inatteso, perché quando si pensa troppo ai propri interessi la vista s’accorcia e non si sa più prevedere il futuro. Nessuno in Europa s’aspettava un vento profumato di gelsomino, una richiesta di libertà e di democrazia che sta facendo crollare i tiranni, movimenti di giovani istruiti e proprio nel campo delle telecomunicazioni in cui essi sì hanno visto un futuro dove le spaccature plurisecolari possano infine ricomporsi.

Il baricentro dell’Europa si era spostato verso nord e solo chi guardava da più lontano, come gli americani, non ha mai sottovalutato l’importanza del Mediterraneo che oggi ha l’opportunità di tornare ad essere il mare di tutti.
I flussi migratori sono parte fondamentale della storia e dall’Islam ve ne sono già stati d’importanti specie in altri paesi che non il nostro. Ma oggi essi sono, qualitativamente e politicamente, diversi. Sarebbe veramente miope e retrivo pensare sempre al proprio orticello quando è la Storia che si muove e bussa alla porta.

domenica 1 maggio 2011

Il Primo Maggio e la Costituzione

Mentre inizio a scrivere questo post dalla televisione accesa mi arriva la musica di Piazza San Giovanni a Roma ed è non solo rock: anche Verdi! Perché la musica unisce e, come aveva intuito Pavarotti nei suoi festival, non conosce barriere, generi o specie.

E da piazza San Giovanni ho colto il quesito: perché secondo il primo articolo della nostra costituzione la repubblica italiana è fondata sul lavoro?
Nella democrazia antica, per antonomasia quella di Atene, esisteva accanto all’uomo libero la schiavitù: nella completa separazione tra lavoro intellettuale e manuale, quest’ultimo era scaricato sugli schiavi.
Anche nel medioevo i servi della gleba non erano uomini liberi: il loro lavoro servile era dovuto in cambio della protezione del signore del feudo.
Nell'era delle rivoluzioni industriali con le lotte dei lavoratori, celebrate in questa festa del Primo Maggio, si sono ottenute legislazioni del lavoro via via più perfezionate nel fine d'allontanare sempre più dal lavoro ogni residuo di servitù e sfruttamento.

Oggi che per noi tutti gli uomini nascono liberi non può che conseguirne, rispetto ai tempi passati, che il lavoro acquisti significato opposto: diviene lo strumento dell’uomo libero, delle pari opportunità in una società che rinuncia perciò a qualsiasi forma di schiavitù e servaggio. Ecco perché una società veramente libera e democratica non può che essere fondata sul lavoro.

Sta poi dentro la democrazia delle regole lo stabilire la giuste regole e vigilare perché nuovamente il lavoro non si trasformi in nuove forme di servitù.
A noi stessi di non trovarci ad essere schiavi del nostro lavoro.

lunedì 14 marzo 2011

Enciclopedia del ricordare: il ricordare nel malo tempo

Baldassar Castiglione si occupa del ricordare al principio del secondo libro del suo Cortegiano, quando, col fine di contrastare chi pensasse che le corti d’un tempo fossero migliori di quelle in cui si muove il suo Cortegiano, focalizza l’attenzione sul modo proprio dei vecchi di criticare il presente a favore del tempo passato. I vecchi, infatti, lodano il tempo passato in cui hanno provato forti piaceri e considerano malo il presente, cui attribuiscono quelle carenze che stanno invece nei loro sensi: i vecchi, cioè, non possono mai apprezzare il presente come il passato perché il cambiamento è avvenuto prima di tutto in loro stessi e sono proprio loro a non avere più la disposizione ad apprezzare le cose, i piaceri, come quando erano giovani. In estremo, sarebbe meglio che i vecchi non ricordassero.

Con una buona psicologia del ricordare il nostro Cortegiano osserva come in generale si amino quegli oggetti che, anche se nel presente sono cambiati e perfino sciupati, si legano nella nostra memoria a ricordi piacevoli, come una lettera, una finestra, un anello o altro, e per contro abbiamo ripulsa per quelli che ci rimandano a ricordi spiacevoli, anche se in sé non appaiono affatto spregevoli; per i vecchi in particolare ciò accade nei confronti del tempo.

Il poeta Leopardi invece esprime una disposizione che è contraria a quella comune, descritta da Castiglione, di ricordare i piaceri, per la quale i ricordi, almeno finchè si è giovani, sempre ci consolano anche se sono spiacevoli:

“E pur mi giova / la ricordanza, e il noverar l’etate / del mio dolore. Oh come grato occorre / nel tempo giovanil, quando ancor lungo / la speme e breve ha la memoria il corso, / il rimembrar delle passate cose, / ancor che triste, e che l’affanno duri!”


Nel recanatese l’elegia del ricordare prevale perciò sulla piacevolezza dei ricordi, anche perché la sua particolare visione pessimistica lo induce a considerare ogni tempo malo. Allora, poiché non è possibile affidarsi alla piacevolezza dei ricordi, egli scava nell’atto stesso del ricordare per scoprire quanto esso sia vitale, addirittura fondante visto che è indagato nei giovani, a prescindere dal piacere legato ai ricordi.

domenica 20 febbraio 2011

Unità d'Italia, il museo del Risorgimento al Vittoriano e chi è schiava di Roma

Per raggiungere la caffetteria sulla terrazza al Vittoriano, dopo aver visitato la mostra di turno, può accadere di seguire l’indicazione per il Museo del Risorgimento ed entrarvi ma mi dicono, coloro che frequentano le mostre del Vittoriano, che ciò accade raramente e quindi il museo resta poco frequentato. Noi che l’abbiamo percorso, reduci dalla mostra dedicata a Van Gogh, siamo rimasti perplessi perché è il museo stesso a sembrare un vecchio cimelio del tempo in cui fu progettato e realizzato e gli manca un intervento d’ammodernamento che pur non cancellando anzi mantenendo leggibile l’antica sistemazione ne faccia allo stesso tempo un museo vivo capace di dialogare con i visitatori contemporanei.

La luce che cade dai globi di lampadari d’epoca che pendono lontani, appesi a soffitti altissimi, è fioca quando arriva a noi e sulle cose esposte. I soldati piemontesi stretti intorno al generale Cialdini a cavallo – bozzetto in gesso – emerge a stento dall’oscurità al centro della sala grande. Non brillano tanto di più le luci che stanno ad illuminare le teche - quando non sono spente. Stanno addossate alle pareti, intorno al monumento per la battaglia di Castelfidardo, quelle con i cimeli dei quattro grandi del Risorgimento, Mazzini, Garibaldi, Cavour e Vittorio Emanuele e con la poca luce si ha come l’impressione d’essere in una cripta, in particolare con le maschere mortuarie di Mazzini, dal volto smunto e scavato, e di Cavour, largo e pieno.
Di Garibaldi giubbe, calzoni e sciabole impugnate dall’eroe. Di Leopardi e Manzoni pagine scritte: fa un certo effetto vedere lettere firmate Alessandro Manzoni. Stanno bene questi letterati insieme ai quattro grandi nel pensiero politico e nell’azione.

Poi tanti altri cimeli, collezioni, set di oggetti personali sui quali però l’ombra e la polvere sembrano tessere un velo di dimenticanza e d’incuria. Fa specie che tra le spese per i festeggiamenti del 150° dell’Unità d’Italia non si sia pensato di stanziarne per restaurare questo museo del Risorgimento nel cuore della capitale.
Stanno bene Leopardi e Manzoni accanto ai politici e agli uomini d’azione perché la lingua ci ha unito subito quando invece l’unità politica è arrivata così tardi che qualcuno ancora non riesce a comprenderla. E’ stato Dante Alighieri il primo a porre la questione della lingua e ad individuare che in essa era la nostra unione di fronte alla frantumazione politica.

Lingua, letteratura, analisi del testo, analisi logica e parafrasi che dovremmo imparare sui banchi di scuola. Dice l’inno di Mameli:

“Fratelli d'Italia, l'Italia s'è desta, dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa. Dov'è la Vittoria? Le porga la chioma, che schiava di Roma Iddio la creò.”

Corregge Roberto Benigni:

“Non è l’Italia che è schiava di Roma, è la vittoria.
Umberto, è la vittoria. Umberto, il soggetto è la vittoria”

( dal Festival di Sanremo, rivolgendosi ad Umberto Bossi)

mercoledì 12 gennaio 2011

Fiat: capire l'Italia a Torino

Ancora una volta, l’Italia guarda a Torino, capitale mancata, e alla Fiat, quest’ultima non come la fabbrica degli Agnelli o dell’ad Marchionne ma come tutti-noi, la società italiana, specchio dei suoi problemi e delle sue contraddizioni: della coesione e della rappresentanza, della democrazia e delle regole, del vecchio e del nuovo che il Paese deve affrontare in un momento delicato.
E, leggendo in contemporanea, come mi succede, il Tolstoj di Guerra e Pace, non sarà il capo o il genio di questo momento, non sarà Marchionne, il fattore decisivo, saremo, quantanche inconsapevolmente, tutti-noi.
Dal canto suo Marchionne da Detroit batte il pugno sul tavolo e dice che se n’andrebbe ma poi aggiunge che auspica il cambiamento e questa parola magica per un Paese vecchio che non sa mutarsi ci conquista.
Capire l’Italia per cambiare, avevamo detto. Non possiamo tornare agli anni sessanta, alle contrapposizioni di quel periodo in fabbrica e nella società perché le condizioni sono cambiate; sarebbe evidente ma c’è chi spinge per farci ritornare indietro, quando oggi l’anello più debole è rappresentato dai giovani e dalle famiglie che hanno bisogno di sostegno, come emblematicamente denuncia il fatto di Piazza Grande a Bologna. Proprio dentro le famiglie disagiate si fanno oggi i sacrifici più grossi e proprio in un Paese dove tutti si riempiono la bocca della parola famiglia e più scarse sono le misure d’assistenza nei suoi confronti. Ancora una volta è l’individualismo becero a prevalere.
In altri paesi europei, negli Stati Uniti e nel Canada, i sindacati hanno preso strade diverse dalla sola difesa del salario e dell’orario di lavoro, evidentemente con una minor diffidenza ideologica verso il capitale e l’azienda, da noi mera controparte. Così oggi gli operai di quei paesi sono più motivati ai sacrifici perché se l’azienda cresce, oltre il salario, sono compartecipi della ripresa e sanno d’investire per il futuro dei loro figli.
Ma noi possiamo ancora cambiare.

giovedì 6 gennaio 2011

Befana: la festa de noantre

Oggi veline, modelle e bellone qualunque potete andare voi a riporve: è la festa de noantre, delle befane.
Quelle che ironicamente sono “più belle che intelligenti”, che se ne fregano del digiuno per restare snelle e c’hanno le scarpe rotte e le borse scucite.
Veniam di notte perché tutto il giorno fatichiamo e la notte siamo insonni per la stanchezza e i pensieri, noi che i sacrifici li facciamo da sempre, anche senza contratto sindacale.
Siamo noi che teniamo il mondo, vecchie e pur giovani: eterna forza femminile, che rigoverna il camino quando tutti sono andati a dormire, e rattoppa il mondo.

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