lunedì 29 agosto 2011

La merlettaia: quando le donne cucivano

Quando ero figlia della Marshalsea ho molto cucito.
Oggi le donne dei paesi più industrializzati hanno quasi dimenticato questo antichissimo lavoro femminile, anche nelle sue applicazioni più semplici, come attaccare un bottone, imbastire e fare un orlo. Per non parlare di punti un po’ più complessi e del ricamo, che un “orlo a giorno” è qualcosa di mitico e del tempo delle favole.
Le favole appunto e la più antica è quella di Penelope che filava la tela di giorno e la disfaceva di notte, tenendo così a bada i Proci, simbolo perciò del ruolo centrale nell’economia primitiva della produzione dei tessuti, affidata principalmente alle donne. Non è un caso che sia un filo l’arma decisiva che una donna, Arianna, offre a Teseo  nell’impresa contro il Minotauro.
 L’importanza della produzione tessile artigiana è stata ribadita nella storia recente dalla resistenza indiana contro l’occupazione inglese, la potenza internazionale che era cresciuta molto anche sull’industria tessile, che Gandhi ebbe l’intelligenza di basare proprio sulla lavorazione individuale ai piccoli telai quale riaffermazione dell’identità nazionale e dell’indipendenza economica.
Ancora nel Settecento, a Chioggia, cronista Carlo Goldoni, dal ricamo delle donne, che scendono in strada a lavorare e ad imbastire le baruffe,  si srotola il filo della vita popolare colta nella sua maggiore vitalità.
Il lavoro del cucito, potremmo dire questa forma di cultura popolare, si è poi sempre più ridotto a lavoro umile o di nicchia finchè l’industria tessile per  prima, i ritmi della vita moderna e i nuovi ruoli per la figura femminile lo danno ormai in estinzione. Nel film di Claude Goretta del 1977  “La merlettaia” è in realtà una parrucchiera, ma il titolo vuole appunto simboleggiare l’umiltà sociale e il ruolo di perdente.
In generale di fronte all’estinguersi di qualche specie vivente, specie se provocato dai cambiamenti prodotti in natura dall’uomo, con lacrime di coccodrillo ci dispiacciamo e invochiamo l’importanza e  fonte di ricchezza insite nella biodiversità. Il cucito femminile sta sparendo silenziosamente e con esso quanto di mitico, simbolico e di culturale vi era associato. Forse stiamo perdendo qualcosa di prezioso e che è stato strutturante nella produzione della civiltà.

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