sabato 31 dicembre 2011

L'amore: un movimento circolare con forza per esprimere leggerezza. Buon anno!










  
 Aver visto Pina è come essere entrati in un universo completo fatto di ricerca e di conoscenza sperimentando su se stessi, sul corpo umano. La gravità come catena, fune, da cui tentare la libertà. Il corpo come gabbia, macchina, strumento di conoscenza e comunicazione, che ora ci isola e ora ci fa comunicare. I gesti e il toccarsi oltre la parola, un apparente tornare indietro ma per arrivare più in profondità.
Questa ricerca su noi stessi è un augurio per l'anno nuovo a tutti.

sabato 24 dicembre 2011

I colori d’inverno

Prendi  una superficie d’acqua, che so un lago,  dalla parte del nord quando tira la tramontana, increspata ma piana, e mettici il tramonto e la sera che avanza: è una tavolozza con i colori dell’azzurro, del blu fino al nero.
Le alture  della riva che si specchiano disegnano isole di scuro in mezzo ad altre di luce.
Ma è l'azzurro che trionfa e pare che effettivamente si generi dall'ombra, così intenso, come fuoriuscente da un tubetto di colore nei contorni  più lontani di questo miracolo di superficie: ad oriente, dove  la luce, ancora  nel cielo, già lì più non arriva. Dove invece il colore incontra la luce, più al centro della superficie,  allora s'indebolisce in più teneri celesti.
 Sembra uno spettacolo allestito per dar ragione alla teoria dei colori di Goethe, alla faccia di Hooke e della fisica.
 Perchè è certo che è stato allestito per noi: che  è fatto per il nostro occhio che lo comprende e ne prova piacere.
Così, per quanto dura questa sera d'inverno,  prima che venga il buio e il colore muoia, possiamo vivere  una briciola d'armonia della natura, di cui sentirci parte.



sabato 10 dicembre 2011

L'enigma di Don Giovanni-Mozart

L’enigma Don Giovanni continua, il caso non si può chiudere. L’ultima messa in scena dell’opera di Mozart e Da Ponte con cui s’è aperta la stagione scaligera, non appare definitiva. Anche se  lo scopo forse era proprio quello di liberarci dal mito, con Don Giovanni che riappare in un nuovo finale, fumando una sigaretta e mandando lui all'inferno gli altri attori. Come dire che ha ragione lui  in un mondo liberato dal senso del peccato ma anche dai grandi contrasti tragico-comici che non s'adattano al nostro stile di vita moderno?
Dal canto suo il regista  teatrale Robert Carsen ci racconta: "Volevo svelare la personalità del libertino e mostrarlo come lo specchio di ciò che gli altri personaggi hanno dentro di sè. E' energia pura nel bene e nel male e trascina anche gli altri". Allora così si spiega anche  il modo con cui si apre lo spettacolo, con lo specchio che riempie tutta la scena e rimanda agli spettatori l'immagine del teatro e di loro stessi: don Giovanni come specchio, cioè svelamento, di noi stessi.

Il mito di don Giovanni è antico, proviene dalla cultura popolare, passato poi per le mani di grandi della letteratura da Tirso de Molina a Molière fino alla splendida versione settecentesca di Mozart e Da Ponte.
Si sono date molte interpretazioni del don Giovanni mozartiano. Ad esempio Strehler nel suo allestimento  alla scala puntava sul contrasto vita-morte, in particolare la tensione  verso la morte esplicitata dall'uso del colore nero nei costumi e negli apparati. Ancor più, Alessandro Baricco, ricostruendo gli elementi d'una tradizione di pensiero ottocentesca,  rilevava le tracce di Don Giovanni nel Dracula di Bram Stoker! L’interpretazione sepolcrale però non  convince: fino all’ultimo Don Giovanni afferma se stesso e non mancano nell’opera momenti gioiosi.
Forse per comprendere il don Giovanni di Mozart e Da Ponte dobbiamo ritornare alla personalità di Mozart e alla cultura del Settecento, senza che per questo si circoscriva la valenza del mito, anzi l'opposto. 

Un critico importante, Massimo Mila, nella sua Lettura de Le nozze di Figaro  pone la ricerca della felicità quale elemento fondamentale del lavoro mozartiano e magari non si capisce il Don Giovanni se non lo si pone dentro la trilogia, cioè tra Le nozze di Figaro e Così fan tutte, e non si comprende la triogia se non la si pone, come ci indica Mila, all’interno della religione dell’amore e nella visione della ricerca della felicità.
La ricerca della felicità è il tema comune degli autori settecenteschi. Per l’impostazione materialista la ricerca della felicità non è in loro disgiunta o diversa dalla ricerca del piacere. Il materialismo settecentesco da La Mettrie, a d’Holbach e a Diderot fu un atteggiamento mentale che improntava profondamente il sentire comune  e che noi oggi  per i cambiamenti intercorsi, a partire dall’ondata romantica, probabilmente riusciamo con difficoltà a ricostruire correttamente. Di questa difficoltà è prova il fatto che due fondamentali opere mozartiane come  Don Giovanni e Così fan tutte non cessano di suggerire sempre nuove intepretazioni. Nel personaggio di don Giovanni, ad esempio, che  un attimo prima del compiersi del suo destino è a tavola e mangia, ribadendo  così quella che è la sua filosofia, cioè di perseguire i piaceri della carne; che non si pente, ma nemmeno tenta di sottrarsi al suo destino poiché siamo all’interno di una visione determinista, c’è anche una buona dose di satira del materialista epicureo.
 
Manca ancora un elemento che è quello dell’effimero. Che il Settecento sia stato il secolo della celebrazione dell’effimero non v'è dubbio e in questo si può effettivamente percepire il nesso con la morte. Il piacere, come le macchine della gioia - cioè i complessi apparati architettonici costruiti in occasione di particolari festività che venivano bruciati in mezzo ai fuochi d’artificio - è effimero. Ce lo dice nel tono più alto la Contessa nelle Nozze di Figaro, con la quale Mozart raggiunge uno dei suoi vertici non solo musicali ma di ricerca di una disposizione più alta e universale proprio di fronte ad una condizione negativa. 
Che può fare allora Don Giovanni? Poiché il piacere è effimero Don Giovanni non può fermarsi come vorrebbe Donna Elvira. Non può che cercare nuovi amori. In ciò, nella ricerca che non trova raggiungimento, perchè l'amore fedele non ci è dato, la felicità solo per brevi momenti, sta la sua tragicità, dietro cui c’è lo sguardo di Mozart che vede la condizione umana, in ciò don Giovanni è lo specchio di tutti noi.
Poi in Così fan tutte la questione è riesaminata ancora una volta ma la conclusione è sempre la stessa,  con più distacco, però: si sente l’amarezza, e i canti degli innamorati a tratti sanno un po’ di parodia.

Questa è una possibile  interpretazione, ma una cosa è certa: il caso Don Giovanni non si chiude.

venerdì 9 dicembre 2011

La veglia dei politici a Bruxelles

A Bruxelles alla fine non sono andati a dormire per dirimere le questioni e trovare un accordo da mostrare al mondo. E alla fine l’immagine della notte spesa a lavorare ha fruttato quanto l’accordo trovato: accipicchia! ma allora questi politici europei quando vogliono lavorano, sanno impegnarsi e infine tengono ad un destino comune. Pare che i mercati e le borse abbiano bisogno anche di queste rassicurazioni.

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