mercoledì 28 aprile 2010

L’Europa deve ballare il sirtaki

Nonostante la grave crisi economica mondiale abbia la sua radice nella finanza speculativa per cui negli Stati Uniti Il Presidente Obama ha deciso d’affrontare il sistema bancario imponendogli una riforma, finanzieri e banchieri ancora fanno mostra di non comprendere bene qual è la posta in gioco.

L’agenzia di rating S&P, ossia la Standard and Poor’s Corporation, il cui indice di borsa in Italia è il S&P Mib, nel valutare la situazione finanziaria della Grecia è andata oltre i termini più bassi della scala di giudizio quali insufficiente o insolvente, e l’ha definita junk, spazzatura.
Senza alcuna considerazione per una nazione in crisi, per tutti quei cittadini greci che ne faranno le spese senza esserne gli artefici.

Leggo sul Corriere: “Per contrastare possibili speculazioni la Consob greca ha vietato per due mesi le vendite allo scoperto alla Borsa di Atene. La decisione fa seguito al declassamento deciso martedì dall'agenzia di rating S&P che ha tagliato il rating della Grecia a «junk» (spazzatura). La vendita allo scoperto è un'operazione finanziaria che consiste nella vendita, effettuata nei confronti di uno o più soggetti, di titoli non direttamente posseduti dal venditore.".
Nella debole economia greca la speculazione finanziaria ha fatto la sua parte.

Il problema di fondo è dunque quello tra gli stati nazione e il sistema delle banche, dove i primi non possiedono adeguati sistemi di controllo e tutela. Per questo l’Unione Europea non può non intervenire ad aiutare la Grecia.

... O sono gli stati europei a non aver capito?

venerdì 23 aprile 2010

Duello Fini Berlusconi: per piacere lasciamo perdere il bon ton

Una rissa, uno spettacolo indecoroso – che volgarità! - l’esser scesi sul piano personale dall’aulico e ideale empireo della politica: da ciò alcuni commentatori traggono i segni evidenti della crisi, appunto politica, dentro il Pdl.
Ma non s’era detto, le donne e femministe, che il personale è politico? E quando Fini chiede: “mi cacci?” è personale ma anche politico perché si sta rivolgendo al dispotismo di chi non tollera il dissenso.
Più interessante semmai decifrare, visto che il duello è andato in scena e ampiamente registrato dai media, le parti interpretate dai due contendenti.

giovedì 22 aprile 2010

Compleanno


Quante volte, ripensandoci, dubitiamo della nostra identità, se siamo sempre gli stessi. Il flusso di coscienza cui siamo aggrappati, ci trae in inganno: non ci sono pause eppure cambiamo, nella continuità.
Ancor più ci succede con chi abbiamo visto crescere. Quante volte stentiamo a ritrovare nell’adulto il bambino; mentre al contrario certi atteggiamenti sorpresi nel neonato si sono rivelati espressione di un carattere duraturo e perciò quelle prime forme di comunicazione ci restano care e indimenticabili.
L’apparente scomparsa di quell’esser stato bambino a volte genera pena, ma a tratti nell’adulto possiamo ritrovare il bambino o meglio scopriamo dei nessi tra l’uno e l’altro, più che una continuità una conseguenza. Sono momenti preziosi, perché ritroviamo i nostri beni nascosti.

mercoledì 21 aprile 2010

Il Pd tra federalismo e riforme

Secondo alcuni, al Pd non resterebbe, per riconquistare l’Italia settentrionale, che diventare più federalista dei federalisti della Lega: un federalismo buono da opporre a quello cattivo. Per riottenere i voti di quelle terre, che costituiscono la parte più produttiva e ricca della nazione, occorrerebbero volti nuovi di dirigenti di un federato Partito Democratico del Nord che, dunque sullo stesso terreno della Lega e sugli stessi argomenti, dicesse cose diverse - per esempio l'abolizione delle province -.
Una posizione in qualche modo speculare a quella sulle riforme il cui tavolo si accetta in linea di principio, però si spingerà verso quelle buone, che servono veramente per modernizzare il Paese; anche se è ormai chiaro, e c’è la bozza Calderoli di mezzo, che al governo interessa soprattutto modificare la Costituzione verso una forma di presidenzialismo.

Leggo sul Corriere online che Giovanni Sartori ha posto dei quesiti sul federalismo ma “La risposta è stata un silenzio tombale.”. Dovrebbe dunque il Pd impegnarsi nell’elaborazione di un federalismo la cui idea piace alla gente che ha votato la Lega ma che la Lega non mostra o non sa o non può realizzare, e che più probabilmente è fumo che si mischia al vapore delle ampolle dell'acqua del Po?

Leggo ancora su L’Unità l’intervento di Alfredo Reichlin, contrario ad un Pd del nord, perché la Lega non è riducibile ad fenomeno “territoriale”, ma:
“È un grande e devastante fenomeno politico costituito dal fatto che è esplosa una contraddizione fondamentale tra i bisogni di “modernità” acuiti dalle sfide concorrenziali del mondo e l’arretratezza e la corruzione dell’apparato statale italiano, a cui si aggiunge il peso del parassitismo meridionale. La Lega è cresciuta, non perché noi non l’abbiamo imitata abbastanza, ma perché non siamo stati capaci di ridefinire un compromesso positivo tra Nord e Sud che guardasse avanti, e cioè nel quadro del mondo europeo e mediterraneo.”
Insomma, l’avanzata al Nord e in Emilia della Lega è effetto dei problemi generali del Paese, cui si deve rispondere, secondo Reichlin, prospettando "un nuovo modello di sviluppo dell’Italia".

Ecco, che quello che istintivamente c’infastidiva, il dover rincorrere la Lega, trova la sua critica razionale, che ancora una volta si basa sulla conoscenza: della posizione geografica e della storia italiana tra Europa e Mediterraneo, dei problemi strutturali che ci portiamo dietro dal 1860, come la contraddizione mai risolta tra Nord e Sud, acuiti oggi dalla sempre maggiore diffusione della criminalità organizzata.
Insomma, un compito molto difficile per l’opposizione, non a rincorrere la Lega, ma in campo aperto trovare idee nuove per difendere i valori comuni sulla cui base riguadagnare terreno.

venerdì 16 aprile 2010

La tutela della Costituzione con la conoscenza

Una società fondata sulla conoscenza, ha detto Luigi Berlinguer. Potremmo provare a farne un esempio esplicativo confrontandoci con un tema che è in cima all’Agenda italiana, la bozza di riforma costituzionale che Calderoli ha portato al Colle e che è motivo del profondo dissidio in corso tra il Premier e il Presidente della Camera. Anche se pensassimo che i problemi più urgenti del Paese siano altri, questo tema, se ci viene imposto, non può essere sviato perché riguarda la nostra democrazia e il sistema di governo del Paese.

Mi sembra invece che l’opposizione sia in una posizione d’attesa e l’unico a dare battaglia è proprio il Presidente della Camera, certamente per tutelare la sua posizione all’interno della coalizione al governo, ma facendolo concretamente, criticando apertamente la bozza di riforma – cui non è stato invitato a partecipare – almeno su un punto specifico, la legge elettorale per la quale non è previsto cambiamento, cioè entrando nel merito.

Il Pd non parla alla gente, non entra nel merito della questione. Il Premier invece lo fa di continuo e da ultimo con la gente di Confindustria a Parma. E per criticare la Costituzione, che a suo dire gl’impedirebbe di governare, non spreca parole, atteggiamento e tono della voce. Tra le varie cose sciorinate, ce l’ha con l’iter legislativo, ma abbiamo visto la fatica di Obama, che pure è a capo di una repubblica presidenziale, per far approvare la riforma sanitaria. Le leggi sono determinanti per la vita dei cittadini ed hanno risvolti e implicazioni che spesso sfuggono alla prima definizione dei legislatori, è normale perciò che esse vadano riviste e corrette: sta nel sistema legislativo di tutte le moderne democrazie.

Insomma ci vuole conoscenza e cultura dei problemi. Di questo devono ormai farsi carico i cittadini, in altre parole occorre promuovere il sapere sulla Costituzione, come funziona il parlamento, come procedono le leggi, gli organi di controllo etc. Non possiamo farci passare sulla testa cambiamenti di tale portata.E’ stato detto che il Presidente della Repubblica è l’arbitro tra governo ed opposizione e potrebbe restare solo a tutelare la Costituzione contro il suo stravolgimento. Ma nel Paese c’è un altro arbitro che alla fine decide con il voto, i cittadini. Prima del voto essi possono farsi sentire come opinione pubblica. Che questa opinione pubblica abbia la conoscenza delle fondamentali e delicate questioni che mettono in discussione la nostra democrazia.

martedì 13 aprile 2010

Chi punta sul sapere

Un po’ di scetticismo affiora dai commenti al post precedente. Un rinnovamento culturale appare oggi improbabile? ma a pensarci bene è proprio la via che ci resta da percorre se riteniamo che da questo punto di vista il Paese sia ridotto male.
Leggo su L’Unità online il commento di Luigi Berlinguer agli ultimissimi risultati elettorali, cioè gli esiti dei ballottaggio, ancora negativi per il Pd. Ci dice, riassumendo, che il partito non ottiene voti perché non è chiara la sua identità agli elettori e, viceversa, il partito non sa parlare alla gente, perché si esprime solo dentro l'ambito della politica:
"Siamo abituati a spiegare e a giudicare quel che accade rivolgendoci solo alla società politica che è sempre più lontana dai cittadini e dalle loro vite."
Come superare questa reciproca lontananza, secondo Berlinguer? Promuovendo il sapere:
"Ecco, credo che il Pd ancora non abbia fatta propria l’idea che la società della conoscenza è quella dove tutti imparano, tutti devono sapere di più. Siamo consapevoli che per questo occorre una scuola completamente nuova? Non credo. Noi non stiamo cercando una nuova scuola."
Anche Luigi Berlinguer si augura dunque un rinnovamento culturale che, dal suo punto di vista, dev’essere incentrato sulla scuola pubblica, ma più in generale rimanda ad una società più aperta proprio sulla base della circolazione del sapere:
"Se parlo della scuola è perché essa è centrale in una società fondata sulla conoscenza."

giovedì 8 aprile 2010

Capire l'Italia per cambiare

Già sotto Pasqua e Pasquetta, complici condizioni meteorologiche avverse, è iniziata la discussione da parte degli sconfitti alle elezioni regionali. I vincitori si sono invece incontrati da poco ad Arcore per la spartizione del bottino, ovvero la giustizia a me, le riforme a te, e così via.

In particolare, c’è un accumularsi di pareri, di diagnosi al letto del malato, il partito democratico, che costituisce il grosso dell’opposizione; si discute di come riconquistare i voti perduti ma anche della fisionomia, del carattere che questo partito giovane per nascita ma vecchio in molte componenti ancora non riesce ad avere. Ma questi due aspetti non possono essere separati, non si possono ricercare consensi, occhieggiando quello che hanno fatto i leghisti al Nord e in Emilia – quasi andare casa per casa, fare comizi anche a tre persone – o riaprendo le sezioni, se non ci sono idee ben chiare sulla diversità del messaggio politico da propagandare; non è solo che dobbiamo cercare di convincere il vicino, non è solo questione di propaganda.

Ma nell’Italia di oggi un progetto politico da opporre al berlusconismo non può che essere soprattutto un progetto culturale; nonostante il colpo inferto alla pubblica istruzione con i tagli della riforma Gelmini, l’istruzione e la cultura sono i punti nevralgici su cui occorre far leva.
Si dirà: ma i bisogni dei cittadini, degli strati sociali che più stanno pagando la crisi economica, precari, disoccupati e cassintegrati, le famiglie che non sono tutelate e le storture, le inadeguatezze e le disuguaglianze sociali che ci portiamo dietro dalla prima repubblica. Sono senz’altro obbiettivi concreti, ma non basta. Occorre contrapporre all’Italia berlusconiana e delle televisioni una rinascita culturale, che si basi sulla conoscenza storica, lo sviluppo dello spirito critico, la cognizione dei valori e dei beni culturali che costituiscono il patrimonio storico-artistico della Nazione.


Insieme naturalmente ai valori universali dell’uguaglianza e della fratellanza, della democrazia e del rispetto delle regole. Perché il rinnovamento possa realizzarsi ed essere influente dev’essere il più ampio possibile. A che ci servono le élites culturali che si riuniscono in piccoli gruppi solitari? Del resto ormai gli intellettuali sono scomparsi dalla politica, esuli e raminghi i sopravvissuti. Uno dei maggiori difetti degli intellettuali italiani, rispetto agli altri paesi europei, è stato proprio di restare separati dal popolo e dalla cultura popolare e questo può contribuire a spiegare perché poi la gente può cadere facilmente vittima di politiche illusioniste come il berlusconismo e il leghismo.
Ci serve dunque un rinnovamento culturale generale, che circoli per la nazione: non ci bastano, anche se ci servono i leaders e i quadri dirigenti preparati, vogliamo essere popolo - o come si dice oggi società civile - preparato, senza che vi sia tra i due poli antagonismo.Questa la via maestra per recuperare voti. Questa una delle sfide principali che si pone oggi al partito democratico, più in generale allo sviluppo, proprio mentre affrontiamo una crisi, della democrazia in Italia. Accogliendo questo punto di vista allora s’intravede la soluzione anche ad altri quesiti, come quello sulle alleanze e l’incontro con il popolo di Grillo, che in passato aveva già offerto i suoi voti.

4 (1: Capire l'Italia; 2: Capire l'Italia a L'Aquila; 3: L'Italia decentrata)

Etichette