giovedì 28 febbraio 2008

Febbraio


16 febbraio
Che scrivere? Siamo in campagna elettorale, la politica è il piatto quotidiano. Se qualche cosa ci verrebbe da dire sui politici che più c’interessano, magari qualche critica o un po’ d’ironia, la teniamo per noi. Vorremmo parlare d’altro. Del tempo? Febbraio corto e amaro un po’ di freddo vero in questi giorni lo sta regalando. Il freddo dell’inverno così incline a farci ricordare. I giorni antichi dell’infanzia trascorsi in casa, le favole ascoltate o lette nei nostri primi libri, le storie raccontate in famiglia, le vite narrate di lontani parenti, piene d’intrighi, misteri e passioni insospettate. Stare a sentire, mentre coloravamo un album, il destino infelice di una zia o una cugina. Storie ripetute sempre uguali, anche nei particolari, che le eventuali domande non riuscivano a sviluppare: mai che un nuovo elemento s’aggiungesse perché ormai scolpite, congelate nella memoria di chi le raccontava, e perciò assolute.
Ho letto tutto d’un fiato “Nada” di Carmen Laforet, 1945, ambientato a Barcellona. La narratrice della storia, Andrea, è una diciottenne venuta dalla campagna nella casa dei nonni paterni, in calle Aribau, per iscriversi all’università. Questa casa, affollata di persone, di mobili e di cose, perché l’appartemento è stato rimpicciolito con un tramezzo, per affittarne una parte, è un mondo chiuso, votato al disfacimento: siamo nel genere di romanzo che vuole mostrare la crisi di un’epoca attraverso la dissoluzione di una famiglia. L’indifferenza e l’egocentrismo della diciottenne, cui ogni tanto s’oppongono i ricordi della bambina che aveva visitato con entusiasmo quella stessa casa, rimanendone affascinata, servono a fare da contrappeso alle energie ormai a vuoto, alle braci ancora accese, alle passioni, alle storie vissute le cui conseguenze ancora a tratti s’accendono nel vecchio, ristretto appartamento.
Ho pensato come il c’era una volta, l’affabulazione, un tempo abbia avuto il suo scrigno proprio nella famiglia, dove i bambini crescevano nutriti dai racconti degli adulti. Non solo per le favole lette o raccontate ma proprio per le storie, i romanzi familiari, di cui le famiglie, allora grandi e numerose, non mancavano mai.

sabato 9 febbraio 2008

Breve riflessione tra Leoni e Agnelli



Come succede nei momenti di crisi, siamo troppo concentrati in noi stessi: la crisi dell’Italia, la crisi della politica, con i link correlati della casta, l’antipolitica e le diseguaglianze sociali.
Sul tutto aleggiando un nuovo atipico diluvio universale, quello della monnezza, che è piovuta a Napoli.
Quest’inclinazione è destinata a mantenersi ed a crescere, visto che dopo ventidue mesi di legislatura rieccoci in campagna elettorale, per la quale, al primissimo momento, le novità e le priorità si stanno concentrando, significativamente, sugli schieramenti, piuttosto che sulle idee e sulle aspirazioni.
Così il nostro sguardo sull’America, che regge le sorti del mondo, si è un po’ appannato, ravvivandosi da ultimo per l’avvenimento delle primarie.
In una conversazione ho ascoltato un giovane dire che l’America è così importante e decisiva per il mondo che tutti dovremmo partecipare alle sue elezioni. Ho pensato che in fondo siamo provincie dell’impero, che ad un certo punto Roma diede la cittadinanza alle provincie. E Roma è una metafora che piace agli americani: “ Roma brucia!”, dice nel college californiano il professore-Redford per scuotere il giovane che gli era apparso subito promettente, e che invece ha visto avviarsi sulla china della de-responsabilizzazione rispetto a quella dell’impegno.
L’ultima fatica cinematografica di Robert Redford, Leoni per Agnelli, si sviluppa lungo quattro interfaccia in sequenza parallela: nel college dove si confrontano professore e studente, sui valori, l’aspirazione e l’impegno; nello studio del senatore, dove la politica che decide è alle prese con la giornalista, cioè l’informazione; nella sede della rete televisiva dove la giornalista si confronta col suo capo, cioè la società che recepisce e si assume il compito di comunicare interroga se stessa nei suoi rapporti con la politica; il campo di guerra, cui arrivano gli ordini da eseguire, con la storia particolare del sacrificio di due volontari.
Anche l’America, dunque, è in crisi profonda: crisi politica, di giudizio, d’ispirazione ed aspirazioni. Ma l’America è un grande Paese, è stata la terra promessa, e se qualcosa, che sale dalla gente, si metterà in movimento, sarà un’onda lunga che ci coinvolgerà tutti.

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