Cara Barbara Spinelli,
come non essere d’accordo con Lei,
con quanto dice nel suo articolo di oggi su Repubblica. Eppure mi riservo
qualche precisazione.
E’ vero che molti e molte che avevano partecipato alla
lotta per la liberazione ad un certo punto si sentirono traditi, messi da parte
e quegli ideali e idee fattive di ri-“fare l’Italia” furono lasciati all’amarezza e al
rimpianto, ma oggi le cose sono un po’ diverse e forse anche peggio.
Non è solo
il populismo il dato rilevante, che di questa malattia forse non ci libereremo
mai perché sta nel nostro carattere.
Il peggio, mi si permetta dato che credo nello spirito
popolare, non sta nel popolo che si lascerebbe imbonire - da cosa a questo
punto? - ma nel vuoto della politica o per dire ancor meglio ne la politica del vuoto, o meglio ancora, dell’assenza.
I vecchi politici,
infatti, non hanno più parole per il popolo o doni da offrire o favole da
raccontare, ma giustificano il loro persistere in quanto categoria
imprescindibile, secondo loro, della nostra democrazia parlamentare e tutta la
vecchia classe dirigente si trincera dietro di loro, ma è un pararsi con dei
fantasmi. Non a caso Veltroni ri-dice ora di fare le valigie e
quindi si ripresenta con l’assenza: l’assenza sta diventando un valore.
Allora,
per porre rimedio, i vecchi partiti e la vecchia classe dirigente hanno finito
per delegare ai tecnici, pensando di aver trovato con loro un porto sicuro
nella bufera economica e se la democrazia e la libertà di scelta del popolo,
che è visto come popolo bue o pecora che dir si voglia, cioè la rappresentanza
democratica, ne soffriranno: be’ pazienza! Ma chi considera la democrazia il
bene primario non può non vedere in ciò il vero peggio per gli italiani,
proprio in questa riduzione della democrazia, che diventa un “tanto peggio tanto meglio”!
Cara Spinelli, lei dice bene che bisogna spendersi per una
legge vera contro la corruzione, ma non c’è da difendere solo le mura della
legge ma quelle della democrazia che vengono ancor prima, sono il cerchio più grande, e comprendono quelle e
le determinano. Non a caso le attuali democrazie occidentali si definiscono le democrazie delle regole, il che vuol dire che sono le regole che tutti devono rispettare la sostanza della democrazia ma le regole e il loro rispetto discendono dalla forza della democrazia.
Ad esempio, come si fa a difendere l’esclusione delle
preferenze nella legge elettorale come ha fatto Eugenio Scalfari, sempre su Repubblica domenica scorsa?
A parte il
fatto che non si è riuscito nell’intento con cui l’esclusione si giustificava,
di tenere cioè lontane le clientele e i collusi con la criminalità organizzata,
in quanto il nostro attuale parlamento è ricco come non mai in precedenza di
indagati e di rinviati a giudizio – si legga il post che precede -; a parte il
metodo di voler raddrizzare una stortura aggiungendone un’altra; la cosa più
grave è che così si è cominciato a limitare la libertà di scelta dei cittadini
, a indebolire la rappresentanza.
Non dobbiamo dimenticare proprio quello che
chi vuole tutelare i vecchi partiti non smette di ricordare e su cui più si
basa per argomentare: che noi siamo una repubblica parlamentare, con la chiosa
che sarebbe la più perfetta del mondo!
Ma allora se il popolo italiano non sceglie direttamente
né il capo del governo con il consiglio dei ministri, né il capo dello Stato,
permetteranno Lor Signori che il
popolo scelga almeno i singoli parlamentari che lo devono rappresentare, per la qual cosa è in questa funzione detto popolo sovrano, o, come
ho già scritto nel post precedente, ci si vuole avviare ad un “assolutismo illuminato post moderno” di
tipo tecnicista, il “montismo”?
Ripeto perciò le sue parole: non è tardi mai per divenire adulti e sovrani nella cocienza. Per
difendere la nostra libertà di scelta di rappresentanza di democrazia senza cui la città da difendere non avrebbe senso.