mercoledì 17 ottobre 2012

Risposta a Barbara Spinelli che scrive su Repubblica


Cara Barbara Spinelli, 
come non essere d’accordo con Lei, con quanto dice nel suo articolo di oggi su Repubblica. Eppure mi riservo qualche precisazione.
E’ vero che molti e molte che avevano partecipato alla lotta per la liberazione ad un certo punto si sentirono traditi, messi da parte e quegli ideali e idee fattive di ri-“fare l’Italia” furono lasciati all’amarezza e al rimpianto, ma oggi le cose sono un po’ diverse e forse anche peggio.

Non è solo il populismo il dato rilevante, che di questa malattia forse non ci libereremo mai perché sta nel nostro carattere.

Il peggio, mi si permetta dato che credo nello spirito popolare, non sta nel popolo che si lascerebbe imbonire - da cosa a questo punto? - ma nel vuoto della politica o per dire ancor meglio ne la politica del vuoto, o meglio ancora, dell’assenza. 
I vecchi politici, infatti, non hanno più parole per il popolo o doni da offrire o favole da raccontare, ma giustificano il loro persistere in quanto categoria imprescindibile, secondo loro, della nostra democrazia parlamentare e tutta la vecchia classe dirigente si trincera dietro di loro, ma è un pararsi con dei fantasmi.  Non a caso Veltroni  ri-dice ora di fare le valigie e quindi si ripresenta con l’assenza: l’assenza sta diventando un valore. 

Allora, per porre rimedio, i vecchi partiti e la vecchia classe dirigente hanno finito per delegare ai tecnici, pensando di aver trovato con loro un porto sicuro nella bufera economica e se la democrazia e la libertà di scelta del popolo, che è visto come popolo bue o pecora che dir si voglia, cioè la rappresentanza democratica, ne soffriranno: be’ pazienza! Ma chi considera la democrazia il bene primario non può non vedere in ciò il vero peggio per gli italiani, proprio in questa riduzione della democrazia,  che diventa un “tanto peggio tanto meglio”!

Cara Spinelli, lei dice bene che bisogna spendersi per una legge vera contro la corruzione, ma non c’è da difendere solo le mura della legge ma quelle della democrazia che vengono ancor prima, sono il cerchio più grande,  e comprendono quelle e le determinano. Non a caso le attuali democrazie occidentali si definiscono le democrazie  delle regole, il che vuol dire che sono le regole che tutti devono rispettare la sostanza della democrazia ma le regole e il loro rispetto discendono dalla forza della democrazia.

 Ad esempio, come si fa a difendere l’esclusione delle preferenze nella legge elettorale come ha fatto Eugenio Scalfari, sempre su Repubblica domenica scorsa? 
A parte il fatto che non si è riuscito nell’intento con cui l’esclusione si giustificava, di tenere cioè lontane le clientele e i collusi con la criminalità organizzata, in quanto il nostro attuale parlamento è ricco come non mai in precedenza di indagati e di rinviati a giudizio – si legga il post che precede -; a parte il metodo di voler raddrizzare una stortura aggiungendone un’altra; la cosa più grave è che così si è cominciato a limitare la libertà di scelta dei cittadini , a indebolire la rappresentanza. 
Non dobbiamo dimenticare proprio quello che chi vuole tutelare i vecchi partiti non smette di ricordare e su cui più si basa per argomentare: che noi siamo una repubblica parlamentare, con la chiosa che sarebbe la più perfetta del mondo! 
Ma allora se il  popolo italiano non sceglie direttamente né il capo del governo con il consiglio dei ministri, né il capo dello Stato, permetteranno Lor Signori che il popolo scelga almeno i singoli parlamentari che lo devono rappresentare, per la qual cosa è in questa funzione detto popolo sovrano, o, come ho già scritto nel post precedente, ci si vuole avviare ad un “assolutismo illuminato post moderno” di tipo tecnicista, il “montismo”? 

Ripeto perciò le sue parole: non è tardi mai per divenire adulti e sovrani nella cocienza. Per difendere la nostra libertà di scelta di rappresentanza di democrazia senza cui la città da difendere non avrebbe senso.


giovedì 4 ottobre 2012

La crisi della politica italiana


Non c’è solo la crisi economica.

I vecchi politici, o anche se non vecchissimi comunque esponenti della vecchia politica, si aggrappano ancora una volta al tecnico, come Casini e Fini, e appoggiano la sortita di Monti, un evento, il riproporsi  cioè di un neoeletto senatore a vita, che come tale non ha neanche bisogno di candidarsi alle elezioni, che mi sembra non abbia precedenti nella storia della Repubblica. Il leader dell’attuale maggior partito a detta dei sondaggi, Bersani, ha  a suo tempo rilasciato dichiarazioni del tipo che non gli andava di governare sulle macerie e s’è  opposto un po’ troppo debolmente alla candidatura di Monti nella prossima legislatura. La situazione generale sarebbe perciò che ai  politici, insomma, non gli andrebbe di governare e ancora delegherebbero volentieri a un tecnico: a questo siamo ridotti. Non un provvedimento d’emergenza, come si era configurato a metà della legislatura in corso, a fronte della perdita della maggioranza parlamentare (e della fiducia dei mercati) da parte del governo Berlusconi, della sua inazione e inettitudine circa le misure anticrisi,  e della concomitante incapacità già allora evidenziatasi dei partiti di trovare un accordo ed assumersi la responsabilità di scelte impopolari. No, l’affido al tecnico si dovrebbe protrarre nella nuova legislatura sgravando i politici! E’ con questi buoni propositi che i vecchi politici sembrano avere il coraggio di ripresentarsi agli elettori, mentre a questo punto di coraggio, e coerenza, dovrebbero averne per fare i bagagli e andare in pensione.

Fuori d’Italia la maggior parte dei governi occidentali, dall’America alla Germania, ha salutato con piacere il riproporsi del tecnico Monti, la Merkel in particolare s’è espressa decisamente e la comprendiamo perché è troppo vivo in lei il ricordo di Berlusconi ma tutti insieme i governanti stranieri temono per noi un Berlusconi bis – la cui ultima uscita, che “dovrebbe essere la Germania ad abbandonare l’euro”, non ha potuto che rafforzare nel timore – o  qualcosa che gli somigli. E quando mai si era arrivati a questo punto di discredito a livello internazionale tanto da esprimersi già sulle scelte elettorali di un paese democratico?

In Italia le élites che parlano attraverso i grandi giornali hanno anche loro salutato con favore la proposta di Monti. Un paese bambino che non sa votare, che si lascia irretire dal racconta- favole, dall’imbonitore di turno e che va guidato dall’alto e se i vecchi partiti non sono più all’altezza di governare e d’indirizzare al meglio le masse meglio affidarsi al tecnico. Sì: un paese eternamente bambino e in affido permanente, questo sarebbe il vero grado della nostra democrazia, secondo le élites.
Ma questo è un ragionamento circolare che si morde la coda: ammesso che il paese sia rimasto almeno in parte bambino – e chissà quanta parte ha in ciò il carattere genetico, il nostro discendere dalla plebe romana – è da pensare quanto di questo stato non siano responsabili proprio le élites che con il loro guidare dall’alto non hanno reso possibile l’auto-responsabilizzazione e hanno fallito nell’educazione del popolo.
La riprova di questo atteggiamento sta nella chiusura totale verso i movimenti e in particolare oggi verso il movimento 5 Stelle presentato spesso come il diavolo. E invece un giornale straniero importante come il Washington Post ne ha fatto giorni addietro un’analisi equilibrata che contrasta le più negative analisi nostrane di populismo.  Come allora uscire dalla crisi politica se non si apre al rinnovamento  - mentre ancora c’è una legge elettorale a liste bloccate che va bene a tutti i partiti – se non si riconosce che gli italiani sanno pensare ed auto organizzarsi ma proprio a questi si vorrebbe precludere le vie della rappresentanza?

Perché se ci teniamo al benessere raggiunto e quindi alla gestione della crisi economica è pure importante non dimenticare che la libertà e la democrazia che è sostenuta da una rappresentanza vera e vitale sono tra i beni primari come l’aria.

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