giovedì 29 settembre 2011

Fame di poesia e necessità di ricordare.

Dopo essere intervenuta su un blog in cui si esortava a tornare ad imparare poesie a memoria, visto le visite ricevute da quel sito sul mio, mi sono resa conto di quanto l’argomento interessi. Vuol dire che sentiamo il bisogno di parole fermate dentro di noi, di bussole interiori per il nostro cammino quotidiano.

Ma il ricordare con cui intessere il nostro presente è forse un’altra cosa. Il lasciar affiorare i ricordi, essere predisposti ad accoglierli quando ciò accade, che per le misteriose alchimie tra la nostra mente e il mondo circostante  non possiamo prevedere – un odore, una musica o un’immagine o altro - e non cacciarli via come cose oziose e di nessun senso,  forse richiede proprio il distaccarsi un poco dal quotidiano per poi ritornare nel presente con maggiore consapevolezza.
La Arendt che  in un  suo saggio si chiede “Dove siamo quando pensiamo” dice che siamo in un non-luogo, o meglio in una zona di confine e temporalmente siamo proprio in quel presente che è al confine tra passato e futuro: cioè  è il nostro passato che ci struttura  ed è la condizione per pensare il nuovo quando pensiamo.
Ma ecco quando pensiamo? se cacciamo i nostri ricordi come sciocchezze con un’alzata di spalle?

Ci sono poi altri aspetti profondi del ricordare. Il ricordare che produce il raccontare e dunque il raccontare per ricordare i morti e per richiamare l’eternità;  per affermare la vita come fa Sherazade ne “Le mille e una notte”, ma ne ho già detto in altro post.

venerdì 23 settembre 2011

Gli italiani devono fare i conti con la dignità e l'etica

L’aggravarsi della nostra situazione finanziaria ha fatto decidere molti ad abbandonare il sostegno al governo Berlusconi, chidendone le dimissioni, dal Corriere a  Marcegaglia, il Sole24ore e Stefano Folli, in quanto delusi e ormai disillusi dalle sue promesse, paventano il peggio per il paese. Anche loro, che avrebbero dovuto essere accorti, si erano fatti irretire dal grande illusionista, magari pensando ai  vantaggi che la loro parte ne avrebbe ricavato.
Ma ancora nel paese ci sono altri che aspettano di sentire nuove roboanti promesse, non hanno strumenti per sottrarsi all’imbonitore e aspettano che tiri fuori  i pacchi con le sorprese da aprire.
S’è detto che  è un tratto del nostro carattere, un fatto genetico, abboccare agli imbonitori,  come quando giravano per le piazze dei paesi con i loro palchi improvvisati cominciando a regalare e poi a venderti il nulla, per poi scappare in fretta prima che i malcapitati si accorgessero di avere le tasche vuote e niente in cambio.

Fosse solo questo ma in generale gli illusionisti sono anche dei grandi corruttori se aspirano al potere. 
C’è nel nostro paese una grande questione morale che si affianca  strettamente alla crisi economica ma essa è vista meglio fuori di noi, in Europa e nel resto del mondo. Nel deficit di credibilità della nostra leadership nei confronti dei mercati e della finanza internazionali, infatti, la critica morale – l’impresentabilità del premier - e quella per l’inettitudine mostrata nel gestire la crisi si mescolano e si  rafforzano l’una con l’altra.

Una parte degli italiani, invece, non riesce a vedere questo, un’altra parte sta con il premier perché  s’identifica con lui e non vuol sentir parlare di questione morale. Si minimizza, ad esempio, sulla considerazione delle donne e del sesso  che è stata mostrata al paese, quando invece è invasiva e strutturante perché induce a comportamenti conseguenti. Abbiamo dato spettacolo di un paese che non è capace d’indignarsi, di proclamare il rispetto e i diritti della persona.

Allora la sconfitta del berlusconismo  perché il paese rinasca davvero non potrà non passare anche da qui, da un esame di coscienza collettivo, con la  caduta dei cinici opportunisti e  dei falsi liberi costumi.
Il parlamento comprato è ormai un bunker superblindato, né possiamo augurarci il precipitare della nostra situazione economica, nè possono essere i tribunali la soluzione.
 Dunque con la sfiducia dei grandi gruppi  che l’hanno fin qui appoggiato, di cui si diceva all’inizio, occorre un forte movimento popolare affinchè l’opinione pubblica che ancora lo sostiene sia costretta  a recedere. Perché questo accada  bisogna che venga fuori l’anomalia innanzitutto morale di questa parte del paese.

martedì 20 settembre 2011

Il paese vecchio e malato insieme al suo premier



Putin ha detto che le critiche al premier vengono dagli invidiosi. Invece è vero che un processo d’identificazione e d’invidia negli italiani è tra le cose che l’hanno fatto eleggere e lo tengono ancora al suo posto.

Non sarà un caso che questo è un paese di vecchi.

Così l’idea delle donne e del sesso dilagante attraverso i media e le indagini delle procure non solo è vecchia ma dei vecchi malati di giovanilismo e non è cosa da poco ma strutturante.

Così quella parte del paese ancora giovane - anagraficamente e nello spirito - che vorrebbe crescere, uscire dalla crisi e competere nel mondo attuale si trova continuamente e grottescamente sospinta verso l’ancestralità.

lunedì 12 settembre 2011

Le due America e le due Italia.

A Ground Zero, ora  9/11 Memorial, i due presidenti si sono scambiati di dire il messaggio che era loro più proprio. Le due America, la rossa e la blu, i repubblicani e i democratici,  come gli accade nei momenti difficili, si ricompongono nel ricordo della tragedia, da molti additata all’origine della crisi economica che il paese deve affrontare.

Un merito che alcuni commentatori voglio riconoscere nel nostro paese a Silvio Berlusconi è quello d’aver sdoganato la destra e quindi avviato un bipolarismo in cui maggioranza e opposizione possano mostrare rispetto reciproco, dialogare e magari qualche volta, in fronte alle più gravi difficoltà, raccordarsi in modo, cioè, da mostrare non un paese spaccato ma sostanzialmente unito come succede negli Stati Uniti.

Quest’analisi, secondo noi, è smentita da un lato dai fatti: il rispetto, il dialogo e l’incontro, il rinsaldarsi nel pericolo come in questa crisi economica, non si sono mai effettivamente realizzati.
Dall’altro lato, non secondario, non si vedono nella destra che sostiene il governo Berlusconi quei caratteri di attaccamento alla Costituzione - che ogni giorno di  soppiatto si provano a cambiare questo o quell’articolo - alla nazione, con il preponderante secessionismo dei leghisti, e di tutela dello stato sociale che alla destra  legittimata e storica devono competere. Molto probabilmente questa ipotetica destra rinnovata  è uscita decimata dalla finestra con Gianfranco Fini.

Sulla destra berlusconiana pendono invece i lacci di quell’Italia  occulta, che si avvale dell’apporto della criminalità organizzata, con cui non teme di patteggiare, che pretende d’indirizzare il paese nell’ombra e perciò inficia e blocca la nostra democrazia.

sabato 10 settembre 2011

Italia e Europa nella crisi economica

Il rappresentante tedesco nella Bce si è dimesso, in sostanza, per protesta verso la decisione di comprare i titoli di stato dei paesi più fortemente indebitati, come Grecia e Italia,  il comportamento dei cui governanti non è stato adeguato. Dentro la coalizione di Angela Merkel già si sapeva che una componente era contraria a questa decisione,  ma emerge  ora, ancora più fortemente, che vi sono dei falchi che vorrebbero l’uscita della Germania dall’euro. Si prospetta perciò una grave crisi dell’unione europea  il cui perno sta  oggi nel rapporto tra paesi forti e deboli, trovandosi i primi nella necessità d’aiutare i secondi affinchè  il sistema dell’euro non crolli. In realtà anche i paesi forti, cioè ad economia più virtuosa, come  Germania e Francia con il deludente recente incontro hanno dimostrato di non saper progettare il futuro, di non aver avuto idee o ideali di più ampio respiro con cui cementare  attraverso e oltre l’euro l’unione europea.

Il nostro paese oltre ad essere fattore della crisi europea non può a sua volta non essere influenzato da essa poiché non si può alzare le spalle di fronte al fatto che la gestione economica dei conti pubblici, con un debito abnorme e l’inettitudine messa in campo nel produrre una congrua, ed equa, manovra finanziaria ci ha screditato e la crisi economica si alimenta del discredito.
Il governo sta asserragliato nel bunker del Parlamento, con una maggioranza esigua ma compatta, perché comprata, e votata a sopravvivere per la tutela del suo proprio interesse. Questo è lo spettacolo che diamo in Europa ma, poiché il destino nostro e dell’Europa  è ormai così strettamente intrecciato, il peso del ruolo negativo che vi stiamo svolgendo non potrà non farsi sentire dentro il paese.

mercoledì 7 settembre 2011

La maturità dello sciopero contro la manovra


A sentire gli slogan e i canti  nelle sfilate che hanno percorso le piazze d’Italia emerge una consapevolezza calma negli italiani che hanno protestato: che non si può addossare loro in nessun modo le responsabilità della crisi e il peso maggiore dei provvedimenti urgenti necessari. S’era cominciato a dire subito dopo la fine del centrosinistra e la caduta di Craxi che noi italiani s’era vissuto di sopra delle nostre possibilità, che s’era sperperato e occorreva risanare, che  ogni bambino italiano nasceva con un debito sulle spalle, come il peccato originale. E così via ciclicamente negli ultimi venticinque anni. E dopo venticinque anni quegli stessi italiani, con i loro piccoli redditi da lavoro dipendente con le ritenute alla fonte, che da venticinque anni arrancano per arrivare alla fine del mese, si sono resi conto che proprio non possono essere stati loro in questo quarto di secolo i responsabili della crisi, semmai le vittime.

domenica 4 settembre 2011

L’urgenza delle riforme strutturali


Questa volta ne abbiamo proprio fatto l’esperienza. Di fronte alle manovre finanziarie che si sono succedute e poi sono state ritrattate e ancora in attesa delle misure adeguate ed il più possibile eque che  si richiedono per migliorare i nostri conti pubblici e rassicurare i mercati, a noi cittadini s’è fatto chiaro che i provvedimenti improvvisati dettati da crisi incombenti, di per sé, oltre ad essere esposti al rischio d’iniquità, pressapochismo ed inefficacia,  abbiano sempre il difetto di essere delle toppe.
Il paese ha bisogno che alcuni settori, come il sistema fiscale,  le pensioni ed altri rilevanti per il moderno funzionamento dello stato siano riorganizzati  attraverso leggi d’ampio respiro che si basino su idee intelligenti per risolvere i nostri specifici problemi ed incongruenze. Se oggi ci troviamo nella necessità di provvedimenti immediati ciò non vuol dire che non è allo stesso tempo ora di pensare alle riforme strutturali.

venerdì 2 settembre 2011

L'importanza della rete per la correzione della manovra finanziaria di Arcore

Il ritiro repentino dalla manovra finanziaria del provvedimento che colpiva i laureati, e similmente i militari di leva, per non poter più conteggiare negli anni pensionabili quelli degli studi universitari riscattati, merita qualche ulteriore riflessione. 

Ci piace rilevare che il nostro modesto blog è stato tra i primi nella 
notte del 29 agosto a segnalare:“La manovra colpisce i laureati”, mentre i principali quotidiani erano attestati sulla stessa velina che genericamente dichiarava che erano state attaccate le pensioni. Questa velina di per sé – poi naturalmente dentro gli articoli si specificavano le misure prese - era in qualche modo scorretta perché si ometteva di segnalare l'iniquità di fondo del provvedimento se solo due categorie di contributi, e una, quella che riguardava i laureati, molto di più per il numero di anni interessati, erano prese di mira.

L’altro equivoco che  siffatti titoli dei giornali  potevano alimentare, tenuto conto del dibattito che aveva preceduto la feconda riunione di Arcore, nel quale Bossi aveva sempre dichiarato  che le pensioni non si dovevano toccare,  era che quest'ultimo avesse ceduto, fosse stato “umiliato” addirittura secondo Repubblica. Ma da parte della Lega, a manovra  fatta e con i contenuti diffusi dalle agenzie, non c'erano commenti in tal senso. In realtà ad Arcore erano stati tutti contenti d’aver trovato la quadra sulle pensioni. E la quadra era venuta da un idea geniale del ministro Sacconi: agire sui chi non aveva mai lavorato. Un tale arcano era finalmente svelato, ci si riferiva al servizio miltare di leva e agli anni di studio nelle università per conseguire una professione. Evidentemente la Lega contava sulla scarsa presenza di laureati nel suo elettorato, che infatti pur protestando anch’esso contro la manovra si concentrava però sull’anno tolto ai militari.

Nel nostro pur breve post noi invece segnalavamo, già alla mezzanotte, oltre il chiaro intento di preservare il proprio elettorato, un intento ancor più allarmante punitivo verso i laureati – ripreso ieri 1 settembre da Tito Boeri e Ilvo Diamanti su Repubblica. Segnalavamo pure, alla mezzanotte, l’attacco alla funzione pubblica perché con i laureati erano toccati tutti i quadri del pubblico impiego. A quell’ora poi non era ancora emerso che il contributo di solidarietà oltre i 90 mila euro, restava valido per gli statali – altra forma grave d’iniquità poi riconosciuta perciò  pure incostituzionale - . Ma anche questo andava bene a Bossi, indebolire e punire lo Stato, dalle cui ceneri sarebbe dovuta nascere la Padania.

Superficiale cara Laura ? – Commento 1 al mio post -. Forse tu volevi dirmi che non sono entrata nel merito di che cosa il provvedimento comportasse per i laureati e le loro famiglie, ma a questo ci ha pensato la Rete che è stata decisiva nel far rientrare la manovra. E ancora una volta ha preceduto partiti e giornali.
Ho pensato di scrivere un commento in tal senso ad un blog, molto pubblicizzato nella sua trasmissione da un giornalista politico ed è il commento 3 del mio post. Il giornalista in questione l’ha respinto. Politici e giornalisti italiani hanno in molti il difetto di guardare la gente dall’alto,  pretendono sempre d’esser loro a guidare e ad indicare e difficilmente riconoscono quando la società civile va avanti.

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