mercoledì 19 maggio 2010
L'aria fritta sui conti pubblici
A seguito della crisi economica greca e della minaccia che grava sull’euro, dopo le decisioni d’intervento dell’Unione Europea, tra cui finora principalmente vi è la costituzione di un fondo d’aiuto ai paesi in difficoltà, ognuno tornato a casa sua è costretto a fare i propri conti pubblici.
La crisi infatti permane per una faccenda di credibilità dei diversi stati sovrani sui mercati: se non abbiamo credibilità non vengono gl’investitori e non acquistano i nostri bot. E’ sempre una crisi finanziaria, non dell’economia reale. Da un lato ciò significa che non basta avere un fondo comune e che l’Europa dovrebbe anche introdurre delle regole per limitare le speculazioni finanziarie che sono state quelle che ultimamente hanno provocato le crisi; dall’altro, secondo gli economisti, la credibilità sul mercato è a sua volta il martello che deve spingere gli stati sovrani ad avere un’economia virtuosa e i conti in regola.
Presto fatto, a noi italiani serve una riduzione delle spese del 5%. La fase dell’ottimismo del premier sembra conclusa; ci ritroviamo con la politica dei tagli già perseguita dal ministro dell’economia, di cui molte istituzioni hanno già fatto le spese, nel senso della sottrazione, e principalmente la scuola pubblica italiana.
Dove prendere questi soldi? Tutti, ministro compreso, siamo corsi col pensiero all’evasione fiscale. Un attimo col fiato sospeso, un flash del paese che non c’è, e poi lo sfrigolio dell’olio s’è cominciato a sentire in sottofondo; la morsa allo stomaco, per molti, moltissimi, s’è allentata e il sorriso, capacità che gli umani rivendicano come prettamente propria, ha cominciato ad aleggiare sulle loro bocche: ma va là, e chi mai è riuscito - ci riuscirà mai, il diluvio universale forse, ma no, ricominceremmo come prima – fra tutti i governi a far pagare le tasse a tutti?
Dunque se non si possono migliorare le entrate, si ridurranno le uscite: stipendi e pensioni dei pubblici dipendenti (quelli che hanno già gli emolumenti – termine più tecnico e in voga in ambito d’economia - più bassi d’Europa). Però per alleviare il colpo si pone lesti davanti il caso degli stipendi dei nostri parlamentari, che sono invece i più alti d’Europa: si comincerà a ridurre il loro. Altro attimo di fiato sospeso, flash e sorriso, che è sempre quello che ci distingue dagli animali: ma va là, i conti sono presto fatti, con la riduzione per i parlamentari non si raccoglie che una cifra irrilevante! - a questo punto l’aria fritta inequivocabilmente comincia ad entrate nelle nostre narici -. Perciò sarebbe solo un fatto simbolico, e che ce ne facciamo dei simboli noi italiani? Di un comportamento vitruoso, del buon esempio? S’è detto tanto per dire, come una forma di fairplay verso le masse, vere e uniche destinatarie dei sacrifici, un coinvolgimento per l’appunto solo simbolico delle caste.
E poi cosa aspettarsi da questi parlamentari, che disertano le sedute in aula più importanti, a cominiciare da quella dove appunto il ministro ha esposto la sua relazione sulla crisi davanti ad una cinquantina di presenti? Che potrebbero avere giorni contati per le inchieste in corso?
Da altri paesi europei traiamo altri esempi, altri simboli. Delle recenti elezioni in Inghilterra vogliamo rilevare non tanto il clima cordiale con cui è avvenuto l’avvicendamento, da molti già segnalato, quanto l’insediamento a Down Street e il parlare semplicemente per la strada sulla porta di casa, davanti alla gente.
Ma intanto il fumo della frittura s'inspessisce, quando alla buon'ora qualcuno tra gli esperti torna a dire che la crisi ci tocca perchè, conti pubblici alla mano: "Gl'italiani hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità”. Ecco il cerchio s’è chiuso. Mucche al pascolo preparatevi. E le mucche non sorridono.
Dimenticano costoro che non gli italiani in toto hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità: per una parte al di sopra , un’altra è vissuta al di sotto, è stata virtuosa anche per gli altri, che altrimenti il paese sarebbe sprofondato.
Qualcuno li fa i conti e le percentuali su questo? E i proventi della criminalità organizzata e il lavoro nero?
D’altra parte ogni cosa ha i suoi pro e i suoi contro. Il debito pubblico può essere migliorato, non solo con la diminuzione delle spese ma anche con l’aumento del Pil, prodotto interno lordo, ma la contrazione delle spese se agisce sugli stipendi, e quindi sul potere d’acquisto dei cittadini, e sulle committenze di lavoro da parte dello stato (ad esempio i cantieri per le infrastrutture) per risparmiare, tutto ciò è a sua volta un freno all’aumento del prodotto interno.
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mercoledì 12 maggio 2010
Chi paga le crisi? Le mucche al pascolo
Leggo sul Paìs che Zapatero ribassa lo stipendio ai funzionari per ridurre il debito.
Altolà a chi pensasse qualcosa di simile per l’Italia, per la quale abbiamo potuto constatare, proprio ieri, che è tra i paesi, non solo europei, con gli stipendi più bassi, funzionari dello stato compresi, sotto a quelli, in particolare, pagati in Grecia e in Spagna. Gli stipendi di manager e dirigenti sono tutto un altro discorso.
E’ ormai da qualche decennio in Italia, dai governi Amato, Ciampi, Prodi, Berlusconi e ancora Prodi e Berlusconi, che risanamenti e crisi, e crisi e risanamenti sono pagati dal ceto medio stipendiato che oltre ad avere i più bassi emolumenti è pure l’unico in Italia a pagare veramente le tasse, perciò impoverisce sempre più ed è la vera “riserva aurea” da cui ricavare i quattrini.
Questo fondamentale del sistema Italia è difficilissimo da intaccare. Infatti, gli stipendiati italiani sono tenuti sotto scacco, e non è concesso loro di parlare tanto e lamentarsi con due principali argomenti: perché, da un lato, c’è chi sta peggio di loro, cassintegrati, precari e disoccupati, quest’ultimi soprattutto giovani, e rispetto a loro, gli stipendiati, cioè le mucche da spremere, sono privilegiati; dall’altro lato perché la colpa è fatta ricadere su coloro che non pagano le tasse, che sono però gl’inafferrabili. E’ con loro che gli stipendiati dovrebbero prendersela, da mucche a Don Chisciotte, mica con i governi che in questi decenni non hanno trovato modi e mezzi per sanare questa grave disuguaglianza. Con la borsa chiusa anche verso i cosiddetti ammortizzatori sociali, quali sussidi alle famiglie, ai disoccupati etc.
Così il modello Italia si manitiene attraverso le crisi e con esso le caste, i privilegi e l’impunità.
Altolà a chi pensasse qualcosa di simile per l’Italia, per la quale abbiamo potuto constatare, proprio ieri, che è tra i paesi, non solo europei, con gli stipendi più bassi, funzionari dello stato compresi, sotto a quelli, in particolare, pagati in Grecia e in Spagna. Gli stipendi di manager e dirigenti sono tutto un altro discorso.
E’ ormai da qualche decennio in Italia, dai governi Amato, Ciampi, Prodi, Berlusconi e ancora Prodi e Berlusconi, che risanamenti e crisi, e crisi e risanamenti sono pagati dal ceto medio stipendiato che oltre ad avere i più bassi emolumenti è pure l’unico in Italia a pagare veramente le tasse, perciò impoverisce sempre più ed è la vera “riserva aurea” da cui ricavare i quattrini.
Questo fondamentale del sistema Italia è difficilissimo da intaccare. Infatti, gli stipendiati italiani sono tenuti sotto scacco, e non è concesso loro di parlare tanto e lamentarsi con due principali argomenti: perché, da un lato, c’è chi sta peggio di loro, cassintegrati, precari e disoccupati, quest’ultimi soprattutto giovani, e rispetto a loro, gli stipendiati, cioè le mucche da spremere, sono privilegiati; dall’altro lato perché la colpa è fatta ricadere su coloro che non pagano le tasse, che sono però gl’inafferrabili. E’ con loro che gli stipendiati dovrebbero prendersela, da mucche a Don Chisciotte, mica con i governi che in questi decenni non hanno trovato modi e mezzi per sanare questa grave disuguaglianza. Con la borsa chiusa anche verso i cosiddetti ammortizzatori sociali, quali sussidi alle famiglie, ai disoccupati etc.
Così il modello Italia si manitiene attraverso le crisi e con esso le caste, i privilegi e l’impunità.
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martedì 11 maggio 2010
L’Italia che si specchia nel calcio: dal campionato ai mondiali.
Il problema dell’identità sta tutto dentro il calcio, lo sport nazionale sopra tutti gli altri.
A contendersi il titolo di Campioni d’Italia fino all’ultima giornata due squadre che si presentano con tratti significativi riguardo alla questione dell’identità o appartenenza, l’Internazionale e la Roma. La prima è tutta fatta da stranieri, l’unico italiano all’anagrafe è un ugandese adottato, roba che neanche la grande Inter di Herrera e di Moratti padre, che aveva un’intelaiatura di grandi calciatori italiani ( Sarti, Burnich, Facchetti… Corso, Mazzola …). La seconda alle prese con un tifo esasperato e troppo concentrato localmente, che nella cronaca di ieri s’associa all’esultare laziale per la sconfitta con l’Inter, rivale della rivale.
Se queste sono le squadre in vetta al campionato come da queste ricavare il meglio per l’Italia, la squadra nazionale da presentare ai campionati del mondo? La prima ha da offrire un solo giocatore, la seconda ne avrebbe, a cominciare da Francesco Totti, ma questi devono ancora dimostrare quanto tengono alla maglia azzurra.
Proprio l’episodio della partita tra Lazio e Inter ha scatenato i commenti più negativi sul carattere degli italiani, sempre una parte contro gli altri. E’ vero che una nostra caratteristica è sempre stata quella di essere calati nel particulare, ma non bisogna trascurare che il rinchiudersi in piccole tribù diventa una caratteristica del villaggio globale, un fenomeno quindi non necessariamente o particolarmente italiano.
Gli italiani però dal loro particolare hanno anche saputo trarre grandi cose. Non sarà un caso che abbiamo dato al mondo così grandi e tanti geni e artisti, senz’altro dei grandi individualisti. Ma quando il particolare ha prodotto l’eccellenza è stato perché si è ricongiunto all’universale: la riflessione su se stessi, sul nostro piccolo che ci circonda è stata capace di trovare idee che parlassero a tutti, in diversi luoghi e tempi!
Roberto Baggio ha sempre detto che per lui la cosa più importante è stata la nazionale. Così già quando cominciava a giocare a calcio a Caldogno, provincia di Vicenza, già sognava il mondiale, già congiungeva il particolare all’universale.
I giocatori brasiliani che molto probabilmente vedono nel pallone il mondo, fanno anche loro da bambini questa connessione.
Francesco Totti, invece, s’è tutto fatto risucchiare dal particolare, con le sue conseguenze negative anche sul piano della sportività. La punizione maggiore da infliggergli perciò non può essere che la convocazione in nazionale, dove dovrà dimostrare che finalmente anche lui, e con lui l’Italia del Calcio, sa arrivare, attraverso l'appartenza comune, all’universale.
A contendersi il titolo di Campioni d’Italia fino all’ultima giornata due squadre che si presentano con tratti significativi riguardo alla questione dell’identità o appartenenza, l’Internazionale e la Roma. La prima è tutta fatta da stranieri, l’unico italiano all’anagrafe è un ugandese adottato, roba che neanche la grande Inter di Herrera e di Moratti padre, che aveva un’intelaiatura di grandi calciatori italiani ( Sarti, Burnich, Facchetti… Corso, Mazzola …). La seconda alle prese con un tifo esasperato e troppo concentrato localmente, che nella cronaca di ieri s’associa all’esultare laziale per la sconfitta con l’Inter, rivale della rivale.
Se queste sono le squadre in vetta al campionato come da queste ricavare il meglio per l’Italia, la squadra nazionale da presentare ai campionati del mondo? La prima ha da offrire un solo giocatore, la seconda ne avrebbe, a cominciare da Francesco Totti, ma questi devono ancora dimostrare quanto tengono alla maglia azzurra.
Proprio l’episodio della partita tra Lazio e Inter ha scatenato i commenti più negativi sul carattere degli italiani, sempre una parte contro gli altri. E’ vero che una nostra caratteristica è sempre stata quella di essere calati nel particulare, ma non bisogna trascurare che il rinchiudersi in piccole tribù diventa una caratteristica del villaggio globale, un fenomeno quindi non necessariamente o particolarmente italiano.
Gli italiani però dal loro particolare hanno anche saputo trarre grandi cose. Non sarà un caso che abbiamo dato al mondo così grandi e tanti geni e artisti, senz’altro dei grandi individualisti. Ma quando il particolare ha prodotto l’eccellenza è stato perché si è ricongiunto all’universale: la riflessione su se stessi, sul nostro piccolo che ci circonda è stata capace di trovare idee che parlassero a tutti, in diversi luoghi e tempi!
Roberto Baggio ha sempre detto che per lui la cosa più importante è stata la nazionale. Così già quando cominciava a giocare a calcio a Caldogno, provincia di Vicenza, già sognava il mondiale, già congiungeva il particolare all’universale.
I giocatori brasiliani che molto probabilmente vedono nel pallone il mondo, fanno anche loro da bambini questa connessione.
Francesco Totti, invece, s’è tutto fatto risucchiare dal particolare, con le sue conseguenze negative anche sul piano della sportività. La punizione maggiore da infliggergli perciò non può essere che la convocazione in nazionale, dove dovrà dimostrare che finalmente anche lui, e con lui l’Italia del Calcio, sa arrivare, attraverso l'appartenza comune, all’universale.
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