venerdì 26 novembre 2010

L'onda che sale sui monumenti antichi

L’autunno caldo quest’anno lo fanno gli studenti. Veramente ogni anno ci provano. Prima era L’Onda, adesso è un po’ come quando si sono scoperti i fossili marini sulle montagne, al contrario però: l’onda fresca è arrivata sui monumenti antichi, sul Colosseo, sulla Torre di Pisa: il futuro reclama l’antico, sente che gli appartiene e che entrambi sono minacciati.

giovedì 18 novembre 2010

Capire l'Italia nel Veneto e a Pompei

Le contrapposizioni a volte sono utili e produttive, altre volte sono retoriche, altre ancora sono solo becere, come quando si oppone la necessità d’intervento dopo l’alluvione in Veneto a quella per il restauro e la conservazione del sito archeologico di Pompei dopo il crollo della cosiddetta Casa dei Gladiatori. Comune è il fattore scatenante, l’inclemenza della natura quando è inclemente, cioè le piogge, comune l’inadeguata prevenzione umana.
Se il porre riparo ai danni provocati nelle terre venete attiene al viver quotidiano, al presente immediato, mentre a Pompei occorre rinsaldare le murature della nostra memoria storica, le fondamenta del nostro passato, d’entrambe ha bisogno e si alimenta la nazione.
I soldi quando servono si trovano. E che? Un Paese che vanta di stare tra gli otto più industrializzati del mondo, che si dice ed è ricco – anche se la ricchezza è molto mal distribuita – non può intervenire in Veneto come a Pompei?

Allora che si smetta di additare le nostre gloriose e grandiose rovine come “quei quattro sassi”. Di questo spregio, in quanto suggerito, oltreché dall’incultura, dalla spinta alla cementificazione, insofferente di vincoli e tutele, e quindi dalla mancata tutela dell'ambiente come bene per sè, il Veneto è vittima come Pompei.

giovedì 4 novembre 2010

Raccontare e ricordare

Il raccontare allunga la vita, esempio classico la fatica di mille e una notte di Sherazade: dunque è un opporsi alla morte, una sotterranea tensione verso l’eternità. Perché chi racconta ricorda, o almeno questa è la sua funzione apparente anche quando è una finzione; non a caso le favole cominciavano con "C’era una volta". Così col raccontare costruiamo un altro tempo, un tempo che va all’indietro e spesso giunge all’inizio – come in Tolkien con il Silmarillion - e così diventa circolare perché dalla fine – il presente in cui ci troviamo noi che ascoltiamo chi ci racconta - ci ricongiungiamo a quando tutto è cominciato. Allora possiamo muoverci avanti e indietro dentro questo cerchio dove non possiamo che essere tutti e che non può che essere l’eternità.
Così quando raccontiamo storie o di cose che ci sono accadute e ascoltiamo gli altri che ce le narrano, tessiamo in fondo la nostra eternità; molto probabilmente ci poniamo, in realtà, in una ricerca affettiva, cerchiamo d’entrare nel cerchio dove siamo tutti, i vivi e i morti.

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