mercoledì 28 novembre 2012

Il fulmine sull'Ilva di Taranto

Se fossimo nei tempi pagani o ancora nel medioevo, la tromba d’aria, di più il fulmine, non potrebbero non essere interpretati come  segni divini, e dunque il dubbio sulle sorti  dell’industria qual essa è oggi  non essere chiaro e inequivocabile: gli dei sono infuriati e non proteggono la fabbrica che ha dato sì lavoro ma ha anche sparso, secondo le indagini dei magistrati, veleni e malattie e perpetrato l’inganno. Se così è, se questo è provato, non c’è discussione possibile, non c’è margine tra profitto e salute, tra deficit dello Stato e tutela delle persone e dell’ambiente. Torneremmo indietro agli albori dell’industrialismo quando tutto era lecito o aggiustabile in nome della crescita economica che da sé avrebbe risolto i problemi. Oggi non possiamo più credere in questa favola facile, semmai dobbiamo tornare a temere i fulmini della natura! E’ lungo l’elenco delle ferite profonde che le industrie inquinanti hanno prodotto, dei lutti che hanno seminato nelle famiglie, dei danni arrecati al pianeta. Siamo indietro di decenni perché la produzione di queste fabbriche avrebbe dovuto essere modificata, e non c’è crisi economica che giustifichi di proseguire nel disastro.

Sono diversi i nodi che stanno venendo al pettine ma è pure arrivato il momento di fare le scelte giuste e se i sacrifici si devono fare e li stiamo facendo che sia davvero per il bene comune.

La via dell'acquedotto traiano dentro Trevignano

Il percorso dell’acquedotto attraverso Trevignano è una storia nella storia.
Nemmeno dentro il paese ci sono cartelli che lo segnalino ma l’abbiamo ritrovato attraverso le mappe catastali e ove possibile per noi siamo andati a vederlo. Certamente quello visibile a Trevignano è l’acquedotto traiano paolo, cioè come fu ripristinato da PaoloV nel 1611.

Secondo Carlo Fea, in "Storia dei condotti antico moderni delle acque Vergine Felice e Paola", 1832, dopo il taglio dell'acquedotto per mano dei goti, ancora diversi papi lo restaurarono sino al IX secolo, in quanto l'acqua sabatina, come verrà chiamata nel medioevo, era necessaria per alimentare le mole costruite sul Gianicolo dopo Traiano, e per dar da bere ai pellegrini e ai poveri che sostavano presso S.Pietro. Per il dopo è certo solo l'intervento di papa Borghese da lui maturato nel 1607 e avviato con l'acquisto delle vene d'acqua dal proprietario, il Principe Don Virginio Orsini Duca di Bracciano.L'Istromento di compravendita, recante la data 23 Agosto 1608, conservato nell'Archvio di Stato di Roma, relativo ai territori di Bracchiani, Triboniani, Anguillariae", per la somma di venticinquemila scudi, ci dice che il papa non potè comprare tutta l'acqua traiana, infatti ottenne:

“l’acqua delle mole vecchie di Bracciano, l’acque della vigna Orsina, quelle di Venere, il primo e il secondo rio vicino a Trivignano.”

Invece:
 “l’acque del rio delle cisterne, l’acqua che serve alle mole di Bracciano, alla vigna grande, che sono Fiora, Matrice e Carestia, o se altra vi fosse dell’acqua dell’Orsina oncie sei, quella del Rello vicino all’Orsina, quella che si trova vicino a Vicarello verso Bracciano, quelle del Rio delle Donne e l’acqua di Vallagieri debbano tutte restare interamente libere al signor Don Virginio
Nel contempo però si dava la possibilità di aggiungere nuove vene:
 “che per lo spazio di trenta mesi si possano cercare per la tenuta di Vicarello, territorio di Trivignano, dell’Anguillara, di Galera, della tenuta di Monte Maria grande, di Monte Maria piccola, e della Storta, luoghi dello stato di sua eccellenza, se si trovino altre acque come si crede che ve ne siano; e trovandole incondottarle con le altre sopradette”.
Così l’acquedotto paolo portò  acqua traiana ma con un numero minore di vene. Si calcola, secondo Carlo Fea, quelle lasciate fossero altrettante di quelle comprate. Ciò non impedì a Paolo V di alimentare al castello sul Gianicolo la mostra della Fontana che porta il suo nome e di dotare la città leonina di varie fontanelle contrassegnate dalla sua tiara e dalle armi, a ristoro dei pellegrini, col vanto di aver restaurato la purissima acqua traiana. Questa mole d’acqua non sarebbe più bastata ai suoi successori specie con la costruzione delle grandiose fontane in piazza S. Pietro e solo con loro si pensò d’attingere anche al lago di Bracciano e ad altre vene come quella di Polline, di nuovo richiedendone l’acquisto agli Orsini, proprietari anche delle acque del lago.



Il suo passo sotterraneo, cadenzato dai cippi che bucano la campagna tra gli ulivi, procede parallelo alla Via di Sette Vene per poi volgersi un po’ più internamente, dietro le case attuali, all’entrata del paese e ricomparire con ulteriore curvatura, per aggirare la costa del monte, emergendo dal terreno sulla via di S. Filippo, a lato dell'omonima fontana, tra blocchi di roccia basaltica.
particolare dell'acquedotto emergente su via di S. Filippo
l'acquedotto traiano paolo visibile a Trevignano con la fontana di S. Filippo
E la fontana ha pure la sua storia nella storia, perché i lavori di ripristino dell’acquedotto avendo luogo nei campi che la popolazione di Trivignano coltivava ne sollecitarono le rimostranze, già essendole accollato, con imposte straordinarie, di contribuire al finanziamento dei lavori. Fu allora offerto alla popolazione la costruzione di una fontana che attingesse dall’acquedotto e non  le richiedesse perciò di recarsi alla fonte di S. Filippo, il cui fosso accosto alla fontana, tra questa e la piccola cappella  che ricorda l’omonima chiesa scomparsa, passa oggi sotto la strada. La fontana fu costruita ma, naturalmente, le spese relative furono aggiunte nelle imposte.
la diramazione dell'acquedotto per la fontana




























Quindi, curvando ancora, sparisce nuovamente l'acquedotto dietro la
linea delle case che affacciano su Via IV Novembre.
 

Si nasconde alla nostra vista lungo via IV Novembre, il corso attuale di Trevignano che conduce dritto alla piazza del Comune, segnato sulle carte dietro la schiera dei palazzi, ma a metà strada ricompare perché il monte lo costringe a tornare in avanti sulla strada in un curva che lo fa sembrare la prua di una nave: un’isola di verde. l’unica, proprio di fronte al bar " di Annamaria": ecco qui le case non si sono potute costruire, qui, per ora, ha vinto l’acquedotto.
 


E ancora l'acquedotto curva e se ne va dietro le case. E ancora lunga è la storia: qui a Trevignano gli ingegneri romani dovettero tagliare la montagna per fare strada all’essere di pietra ed acqua,
 quasi certamente due volte, ma è la storia di un prossimo post.




mercoledì 14 novembre 2012

L’acquedotto traiano: da Manziana a Trevignano

A San Liberato e alle Scuderie Odescalchi

Dal suo inizio, con i rami raccolti tra Bracciano Oriolo e Manziana l’acquedotto scendeva verso oriente e passava per l’attuale S. Liberato, che deve riconoscersi corrispondente al sito della prefettura romana Forum Clodii, sull’antica strada romana omonima che da qui si dirigeva verso Blera. Qui,  poco distanti, sono state trovati resti sotterranei dell’acquedotto.
Scendeva perciò  nell'attuale Via di Sette Vene all’altezza delle “Scuderie Odescalchi”, il cui nome il viaggiatore che passa può leggere nel cartello indicatore, in corrispondenza di quella che fu la Vigna Grande degli Orsini e dove tuttora scende al lago con la sua foce il fosso della Fiora.

Un tratto dello speco della lunghezza di 25 metri fu visto e fotografato da Ashby presso il casale di Vigna Orsini*.

Vigna Grande
L’acquedotto attraversava Vigna Grande con l’ausilio di due ponti**.
 
Nella nostra escursione abbiamo osservato alle estremità opposte di Vigna Grande, ai cancelli  ovest ed est,  prospicienti la Via di Sette Vene, delle costruzioni in pietra che però appaiono per i materiali e la tecnica grossolana abbastanza recenti:

il cancello del lato ovest

 i tre pilastri visti dalla strada



particolare
















Al cancello est










 













 Più oltre, un altro tratto di circa 10 metri, al di sotto dell’acquedotto moderno,  fu identificato dall'archeologa americana Esther B. Van Deman (1934) che lo descrisse dettagliatamente*.




Sotto Vicarello
Uno dei tratti più belli emergenti, immerso però nella natura, dell’acquedotto sta proprio sotto l’altura diVicarello, che gli ingegneri romani pensarono bene di  non salire: compare ad un tratto nel mezzo della pianura sottostante a poca distanza dalle acque del lago,  in parte su arcate seminterrate, con lo sfondo,  della grande fattoria di Vicarello, che vanta l’origine nell’età dell’imperatore Domiziano, e della cima di Rocca Romana, la più alta dei monti Sabatini.
                                                        
                                                            
                                              Qui giace
                                              dimenticato
                                              l’acquedotto seminterrato,
                                              in prossimità del  fosso di Vicarello
                                              che va
nel lago alla sua foce,
                                              superandolo
                                              con  arcuazioni.


Abbiamo potuto vederlo da lontano  dalla Via di Sette Vene, e non abbiamo potuto avvicinarci perché  tutt’intorno è recintato e il cancello ha il lucchetto e come sempre non ci sono indicazioni o cartelli o altre strane cose del genere che lo indichino al visitatore:
L'acquedotto traiano paolo  sotto Vicarello



affiorante



 


Verso Trevignano
  



Una serie di cippi regolarmente distanziati, che sbucano dalla campagna sotto il manto di Rocca Romana, oggi ormai solo raccontano, e solo per chi si fermi ad ascoltarli, la storia dell’acquedotto e di un’acqua purissima che viaggiava verso la capitale dell’Impero:










 

 

 

 

 

 

 

 

cippo dell'acquedotto su Via di Sette Vene nei pressi di Trevignano

 

 

 

 * • View topic - RESTI ARCHEOLOGICI LUNGO LA CASSIA E CLODIA

 ** Bracciano - Parco Naturale Regionale di Bracciano - Martignano


 

domenica 11 novembre 2012

Acquedotto traiano: il "caput aquae" e le "sette vene"



  L’esatta ubicazione del  caput aquae, cioè l’inizio dell’acquedotto, è per la cronaca scoperta recentissima, risultato di una ricerca iniziata nel 2008 e culminata nel  2011, ad opera di un gruppo di esploratori,  che si sono denominati “cacciatori di acquedotti”, tra cui due documentaristi inglesi, gli O’Nell, e sul loro sito è illustrata e fotografata la scoperta*.
 In realtà che l’acquedotto partisse nei pressi di Manziana era accreditato da lunghissimo tempo pur indicandosi per l’inizio dell’acquedotto località diverse poco distanti tra loro, come la fonte Praecilia ad esempio: invece è dalle acque della Fiora, sotto un’antica chiesetta omonima, seminascosta dalla vegetazione, nella campagna al confine tra Manziana e Bracciano  che i cacciatori di acquedotti pongono il vero inizio, con un ninfeo da cui l’acqua era incanalata nella condotta.
 Le fonti che alimentavano l’acquedotto comunque erano più d’una, anzi  le vene erano moltissime, e questo si spiega con l’idrogeologia della regione vulcanica sabatina che in particolare abbonda di fossi di raccolta delle acque, in specie lungo l’arco tra Bracciano, Vicarello e Trevignano, come illustrato dal prof. Ugo Ventriglia  in un suo lavoro per la provincia di Roma del 1989 - e come circa duemila anni fa avevano ben compreso gli ingegneri romani - .
Così pur trattandosi di acque si può dire che le fonti dell'acqua traiana costituiscono un vero ginepraio da districare, avventurandosi nei boschi, a censirle tutte e a riconoscere quelle utilizzate dai romani prima e dai papi poi. Erano almeno “sette” secondo il nome della strada circumlacuale, per il tratto che segue l’acquedotto, e che da quello probabilmente fu generata, la via Sette Vene-Palo (così come più in là la via Anguillarese, che gira intorno al lago tra Trevignano e Anguillara deve anch’essa il suo essere all’acquedotto).
Altre fonti nelle vicinanze della Fiora, citata tra l'altro in un manoscritto sulla storia di Oriolo** erano, con nomi medievali, Matrice e Carestia, di cui la prima è ancora nota ed era in uso in epoca preromana uscendo da un cunicolo d’irrigazione etrusco e ormai persa la seconda***. Altre ancora intorno Bracciano, il cui nome deriverebbe appunto da “brachium”, braccio dell’acquedotto, una precisamente dalla località di Pisciarelli, nel cui nome sta l’indicazione che qui l’acquedotto “pisciava indietro”, dove in una fattoria ne sono state trovate le tracce – ma, come per la Fiora, va un po’ a trovarle, e c’abbiamo provato, se qualcuno del posto non ti fa da guida o ti dà le indicazioni giuste! E poi effettivamente devi fare un po’ come Indiana Jones - . Altri sorgenti da Vicarello, dove c’erano le acque termali, con l’acqua Venere,  dalla località detta  Calandrina e dalla fonte Ceraso presso Bassano**** e altri rami ancora dopo, a est di Vicarello, se non c’ingannano i nomi delle strade che scendono alla via delle Sette Vene come Via dell’Acqua delle Donne o via Acquarella.
Nelle pubblicazioni a cura della provincia di Roma si può in ogni caso trovare l'elenco dei fossi.***** 
Circa le vene, su Wikipedia****** delle “sette” e molte altre ancora se ne trova un  elenco basato anche su quanto annotarono Alberto Cassio (1757 ) e Rodolfo Lanciani (1880):
 "

  1. I sette sorgenti nella zona di Villa Flavia / il fosso di Grotta Renara. Questi sono stati raccolti in tre botti nominati da Cassio e Lanciani come Greca, Spineta e Pisciarello. L'architetto seicentesco Carlo Fontana invece li nomina: Botte Greca, Botte Ornava, e Botte Arciprete e poi mette una botta più a valle lungo il Fosso di Grotta Renara e la chiama la Botte di Pisciarelli. Una botta adesso si chiama il Fonte Micciaro.
  2. I sorgenti intorno al Fosso di Fiora: Questi comprendono il sorgente monumentale al Ninfeo di S. Fiora, un altro sorgente al ninfeo Carestia circa 1km dalla Fiora, adesso in ruina, ma è documentata da varie piante nel Fondo Orsini.
  3. Una raccolta di sorgenti alle Terme di Vicarello
  4. Un sorgente vicino il ristorante attuale Acqua delle Donne.
  5. I sette botti al est dell'Acqua delle Donne.
  6. Vari sorgenti al nord di Monte Rocca Romana nel territorio di Bassano Romano e lungo il Fosso della Calandrina incluso il notevole Fonte Ceraso.
  7. Gli Aquarelli al nord-est del lago.
  8. L'Acqua d'Impolline al est del lago."

Almeno l’ultimo ramo dell’elenco, però, detto allora nei documenti d’Ampolline e poi di Polline – oggi vi corrispondono la Via di Polline e il Lungolago di Polline, e in quest’ultimo si possono  osservare due cippi dell’acquedotto - secondo Carlo Fea nel suo “Storia dei condotti antico-moderni delle acque Vergine, Felice e Paola” del 1832*******, fu aggiunto in seguito, nemmeno da PaoloV, che si fregiava di aver riportato a Roma la " pura" acqua traiana,  ma con Innocenzo X nel 1649. Che i rami più orientali fossero aggiunti dai papi in seguito è in accordo con le conclusioni a cui giunse il Nibby.

Antony Nibby******** nel 1825 andò di persona a cercare le sorgenti dell’acqua traiana, anche lui dunque un cacciatore di acquedotti, la cui avventura egli indicò come una "lunga e penosa perlustrazione a traverso boschi e dirupi". Racconta:

“ La visita, onde procedesse con ordine, cominciò dalle sorgenti più occidentali, cioè fra le terre di Oriolo  e di Bracciano: Andando pertanto verso Oriolo, e passato appena il ponte del fosso di Boccalupo presi a destra un sentiero; seguendo questo, dopo circa un miglio, entrando nella vigna denominata allora del Tenente, trovasi la sorgente più occidentale di tutte, denominata Ferratella, per una piccola ferrata ivi esistente. Questa venne allacciata, o riallacciata di nuovo da papa Paolo V. A sud ovest della Ferratella è la botte del Belluccio, ed a settentrione di questa, quella grande delle 25 vene, così designata perché in essa unisconsi 25 sorgenti. Seguendo sempre la direzione verso sud-ovest, ripassai il fosso di Boccalupo sopra un ponte eretto da PaoloV e chiamato ponte del Pettinicchio, perché l’arco ha una curva simile a quella de’ pettini, così denominati: di là da esso entrai nell’altra gran botte che appellano volgarmente del Micciaro costrutta di nuovo da PaoloV, nella quale si raccolgono 39 vene ed un grosso capo di acqua acidula: questa botte ha 60 palmi di lunghezza, ed essendo riguardata come la più insigne tra quelle costrutte da Paolo V ha un’arma ed una epigrafe di quel papa. A sud ovest della botte del Micciaro incontrasi l’altra detta di Piscina. Quindi scendendo di nuovo al rivo di  Boccalupo notai la  comunicazione aperta tra questo e l’acquedotto, ed interrotta da un incastro, perché secondo le circostanze in caso di siccità il fosso possa servire di sussidio al condotto. A sud ovest di questo incastro è la botte di Grotta Renana e  di là da questa, andando sempre verso levante, presso il fosso Fiora, sono due altre botti, che per la loro situazione rispettiva appellansi la botte di sopra e la botte di sotto. Da questo punto volgendosi verso Vicarello incontrasi primieramente la botte delle Ferriere; tra Vicarello e Trevignano sono le sette botti; nel territorio di Bassano è la botte di Fonte Ceraso; in quello di Vicarello la botte dell’Aretta; e finalmente più lungi verso levante sono quelle del Fosso del Guardiano, del fosso Capra e di Rocca Romana, che è la più orientale di tutte, come quella della Ferratella dissi essere la più occidentale. In quella lunga e penosa perlustrazione a traverso boschi e dirupi, mi persuasi, che Trajano allacciò principalmente le scaturigini orientali e che Paolo V unì a queste ancora molte di quelle verso occidente.”


Il numero sette ricorrente e dato alla strada circumlacuale, era appropriato, dunque, in quanto corrispondeva al suo significato simbolico: sette nel senso della completezza! Come sette erano indicate nel nome le sale della cisterna,  detta appunto Delle Sette Sale – in realtà se ne contano nove - delle terme di Traiano sul Colle Oppio! Essa raccoglieva una notevole mole d’acqua e l’imperatore quasi certamente vi fece giungere quella del nuovo acquedotto da lui costruito nel contempo (come testimonierebbero le fistule plumbee con la scritta “aqua traiana” che sarebbero state trovare in loco).

Traiano aveva fatto costruire l’acquedotto nella pienezza dell’impero romano “PECUNIA SUA”, come si legge in un’iscrizione, ritrovata in località La Storta, descritta da Carlo Fea nel 1830, e dalla quale si deduce l’anno di costruzione dell’acquedotto.

Poi venne la fine e arrivarono i barbari e durante la guerra gotica l’acquedotto fu tagliato.

Come drago, serpente o anguilla l’acquedotto fu tagliato, questo splendido esemplare di un genere che solo i romani avevano saputo allevare e selezionare e portare a tanta perfezione; bello e utile da contrapporre al bello e futile dei Greci. E a differenza delle altre creature, i cui visceri non sono fatti per l’apparenza,  era magnifico anche e più di dentro, per la cura del suo rivestimento interno dove viaggiava la sua linfa, l’elemento più prezioso per l’uomo dell’oro e dei diamanti, l’acqua pura. Ancora oggi chi percorre i suoi tratti  interni visitabili ne racconta la meraviglia. Ma come anguilla i suoi pezzi recisi potevano mantenersi in  vita e alla periferia di Roma, all' Ipogeo degli Ottavi, durante lavori di risistemazione delle condotte negli anni ottanta se n’è riconosciuto un pezzetto che non avrebbe smesso di funzionare da circa duemila anni.







**  Al presente che semo nell'anno 1590 - Comune di Oriolo Romano , dove nel documento si legge:“La parte di Santo Spirito tende a Mezzogiorno e in  un angolo detto la Fiora nasce un bel capo d’acqua che congiungendosi  con l’Acqua Venere a Vicarello sopra al Lago di Bracciano fu da’ Romani Antichi condotto a Roma e se ne vedono vestigi per tutto il viaggio che faceva.”

*** L'ACQUEDOTTO PERDUTO DI ROMA - Liutprand - Associazione ...

**** Università Agraria di Bassano Romano - università agraria Bassano ... ,

qui, in “Panzanella a Fonte Chiappino”, si legge:
“Sono stati ripristinati le zone ed i fontanili di Cacciano e di Fonte Ceraso dove dalla sorgente l’acqua sgorga ancora copiosa; si dice che, nel tempo passato, fosse convogliata fino a S.Pietro a Roma…”; con un’immagine del fontanile di Fonte Ceraso.

***** Scarica il full-text della pubblicazione in PDF - Istituto Superiore di,

****** Acquedotto Traiano - Wikipedia 

*******Storia: Delle acque antiche sorgenti in Roma, perdute, e modo di ... - Pagina 1 - Risultati da Google Libri

Carlo Fèa - 1832 - Nature

********   Analisi storico-topo*grafico-antiquaria della carta de' dintorni di ... - Volu

martedì 6 novembre 2012

La via dell'acquedotto traiano

Avvertenza: questo è il primo nel progetto di una serie di post  sull’acquedotto traiano, fatto costruire dall’imperatore di cui porta il nome nel 109 d.C. e poi detto paolo-traiano perché il papa Paolo V Borghese ai primi del Seicento lo restaurò, con lo scopo di ricostruirne l’esatto percorso con la  documentazione fotografica recensita sul web e fatta sul campo delle parti emergenti. L’acquedotto traiano nasce nei pressi di Manziana, scende a livello del lago di Bracciano dopo aver attraversato la località di San Liberato e lo costeggia attraversando Vicarello e Trevignano fino ad Anguillara, località Marmotta, qui fiancheggia l’Arrone, emissario del lago, fino a raggiungere S. Maria di Galeria; da qui punta verso Roma e il suo tracciato per lo più coincide con quello della ferrovia proveniente da Viterbo fino alla Pineta Sacchetti dove prosegue per conto suo per raggiungere la via Aurelia antica fino al Gianicolo.
 Sul Gianicolo c’era il castello di distribuzione e una diramazione doveva arrivare fino alle terme che l’imperatore aveva fatto costruire per il popolo sui resti della Domus Aurea di Nerone.

Link per la visione  dell'intero acquedotto sulla mappa di Google: Percorso Acquedotti Romani.

                                                            .


  Come un enorme essere pietrificato che si snoda per chilometri nello spazio, circa cinquantasette, e nel tempo, quasi duemila anni, come se il lago  questa volta avesse sputato il suo mostro e questo si fosse interrato serrando in sé il flusso una volta e ora il ricordo dell'acqua a cui fu dovuta la sua esistenza.
E dalla terra ora riemerge con arcate*, come piedi, ora con cippi bombati e torrette e lastre di muratura, come fossero creste, aculei o antenne, ora con buona parte  del  condotto dalla volta bombata fatta di piccole pietre, come il dorso squamoso del rettile, come a Trevignano.

L'acquedotto emergente nell'abitato di Trevignano







*Gli archi di Boccalupo presso Manziana:Tesori del Lazio - Manziana (RM): Archi di Boccalupo - YouTube.
Le arcate semiinterrate che corrono sotto Vicarello a poche decine di metri dallla spiaggia:Bracciano Tracce di vita etrusca e romana - parco Bracciano .
Il tratto su arcate che emerge nel terreno della radio Vaticana nei pressi di Cesano:Riserva Naturale dell'Insugherata - l'acquedotto Traiano .
Il tratto ad arcate semiinterrate, emergenti e che scavalcano la porta sulla via Aurelia antica  presso Villa Pamphili: Acquedotto Traiano / Monumenti / Roma antica / I luoghi / Home ... ,
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