venerdì 8 ottobre 2010

Filastrocche d'estate

Giro girotondo casca il mondo.
Se la canta una bimbetta su una biciclettina con la quale prova a disegnare un cerchio stretto in quest’angolo del piazzale affollato dove mi trovo a passare nel tardo pomeriggio estivo. Si capisce che vuole provare l’ebbrezza di un altro modo per andare, da sola però, giù per terra.
La vicina della casa di fronte, che è rumena, esce la mattina dal portone col passeggino e la sorprendo che anche lei, senza andare in tondo, canta al suo bambino “Giro girotondo”. In questo caso è un evocare, un rinsaldare nella memoria di entrambi il gioco del girotondo con la sua filastrocca. Mi stupisco a pensare che chissà perché per me, forse bambina sciocca e ligia all’autorità dei compiti come dei giochi, il girotondo si faceva e si cantava obbligatoriamente dandosi la mano, girando in tondo e poi cadendo per terra. Invece le favole e filastrocche girano a loro volta, rispuntando quando meno le lo aspetti e non muoiono mai perché ognuno può farne quel che vuole.

Siamo entrati che era già tardi, e gli altri negozi già chiusi, in una bottega di pasticceria sulla via principale del paese. Abbiamo sceso dei gradini; l’ambiente, che sapeva d’antico, si sviluppava in lunghezza con un unico bancone sulla sinistra e in fondo s’intravedeva la cucina. Una vecchia, che a malapena spuntava dal bancone, ci ha ingiunto:
- Assaggiate questo.
E questo.
E questo.
Così d’un tratto siamo sprofondati in mare di crema, cioccolato e pasta di nocciole. Ed io, sempre sospettosa, mi sono chiesta:
- Non sarà la strega di Hansel e Gretel?
- O quella di Biancaneve?
All’uscita ho esternato il mio pensiero soprannominando la vecchina per tutta la serata, mentre continuavamo a mangiare un po’ dei suoi dolci, la fattucchiera, che forse ci stava avvelenando.

Ci siamo fermati di passaggio, che era l’una passata e avevamo già mangiato un boccone, per rivedere il vecchio castello, dimora di un principe romano, e da tempo chiuso per restauro. Dalla piazza, dove busti imponenti ravvivano la facciata del palazzo, delle stradine vanno ad innervare il borgo antico. Mi sono inoltrata per una di queste, ormai poco abitate, e ho sentito un odore buono di minestra estiva e una voce bassa e tremante, la voce di una nonna, che raccontava:
- E così non poterono più ritrovare la strada che portava a casa.
Tutto si ricollegava: avevo trovato l’altra sera la fattucchiera e oggi incrociavo Hansel e Gretel.
Perché le favole non ci abbandonano mai.
E il nostro io si perde nei racconti che sono la trama, che non muore, della nostra vita.

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