giovedì 24 dicembre 2009

Natale

Ho il ricordo di una recita di natale, bambini della prima. Maglioncini rossi, in semplici coreografie in circolo o in fila, tenendosi per mano, in piedi o seduti a terra. Con la giovane maestra che accompagna con la chitarra. Qualche incertezza nei passi, seri e compunti, le vocette decise.
Avevo il nastro inciso e un album con i testi delle canzoni. Di una, quando viene natale, mi ritrovo a canticchiare qualche strofa alla rinfusa. Riguarda chi è via.

martedì 22 dicembre 2009

Roman Polanski, la vita e il film

Glielo hanno già detto, o chiesto, in tanti che la sua vita è come un film, perché ancora non l’ha fatto un film della sua vita? E lui no, che la sua vita è normale.
Eppure.
L’altra sera in televisione hanno trasmesso Pirati del 1986. Film di genere, ricco a volerle vedere di citazioni, bello d’immagini e riprese, costato molto. Comincia con la coppia protagonista alla deriva su una zattera e così termina. In mezzo un continuo rovesciamento di situazioni, l’alternarsi beffardo della sorte, forse simboleggiata nel trono d’oro azteco, che rimane in mano loro, forse come estremo sberleffo oppure come pegno di ancora un’altra chance.
Dunque, la circolarità dell’esistenza e nello stesso tempo l’impossibilità di sfuggire al nostro carattere, al dèmone che ci portiamo dentro, sono tra gli elementi profondi, sottesi ai colori smaglianti della pellicola. Che sono elementi costanti della produzione di Polanski. E dopo l’ultima vicenda, dell’arresto in Svizzera, come non vedere, non constatare ancora una volta, l’analogia con la sua stessa vita?
Dunque la domanda era banale, perché si gira sempre lo stesso film, o si scrive lo stesso libro, e non facciamo altro che scavare in noi stessi.

sabato 5 dicembre 2009

Presepio








Fare il presepio è una passione e chi la coltiva sarà senz’altro al lavoro in questi giorni.
Io ho già finito. Tutto cambiato – o quasi – quest’anno. Una base di scatole di legno a lato della porta e attaccata al muro, che normalmente fa da piano d’appoggio, su cui il mio presepio è cresciuto: la capanna sotto e poi a salire la città con le mura merlate e le case sempre più piccole verso l’alto e infine la cima di un’unica grande montagna- mondo. La capanna, e dentro la capanna il bambino, che regge il mondo.
Buon lavoro a tutti i presepiari.

L'evoluzione del villaggio globale

Tutti i mali della globalizzazione, la spersonalizzazione e la perdita d’identità dei popoli, l’inquinamento ambientale, il rimanere tali, o addirittura il peggioramento, dei paesi più poveri, sono suscettibili di essere diversamente considerati a seconda degli uomini e delle circostanze, come la presidenza di Barack Obama per i primi e la crisi economica per le seconde: le speranze accese dalle parole di Obama e l’occasione che la crisi economica offre di riflessione, e ripensamento, sul modello di sviluppo economico perpretato. L’incontro tra Stati Uniti e Cina, e il ripensamento per l’appunto, su Copenhagen, che ha portato entrambi i Paesi a progettare la riduzione di anidride carbonica in quantità e tempi apprezzabili, fa ben sperare che la comunicazione, piuttosto che la contrapposizione, dentro il villaggio globale renda questo organismo più duttile e capace di cambiare in meglio.
Ci sono stati inoltre altri aspetti su cui riflettere e rivedere il giudizio: ad esempio, alcune identità dentro il villaggio globale in realtà sono molto resistenti e oltre un certo limite incoercibili: ciò implicherebbe che il villaggio globale per esistere e svilupparsi debba, piuttosto che sulla perdita d’identità, avvalersi della pacificazione e dell’integrazione tra i popoli.

Dal web alla piazza ( No B day)

E’ accaduto. Dalla videoscrittura alla rete, alla piazza. Lasciando da parte giochi e vite virtuali, senza bisogno di passare attraverso la stampante come necessita alle immagini, concretamente e semplicemente le persone si sono date appuntamento e incontrate: un momento, non tu ed io, non tipo Meg Ryan e Tom Hanks, ma una massa, un’intera manifestazione di piazza.
E’ accaduto perché c’è nel web la gente vera che si è riconosciuta ed è riuscita ad organizzarsi meglio che i partiti. E non ci sono entrati per nulla i grandi giornali on line e nemmeno i blog dei famosi. Proprio la gente comune. Quella, appunto, della piazza.

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