mercoledì 29 ottobre 2008

Un anno di Piccola Dorrit Blog

Cari lettori… c’era una volta…c’è nessuno? Può essere che il più delle volte parliamo da soli e allora? Intanto scriviamo, che è un po’ diverso.
Un grazie a chi ci legge e perfino ci commenta o magari ci commenterà.



E’ un impegno, divertente, quasi una passione. Possiamo scrivere di quello che vogliamo. A volte di getto, senza quasi rileggere. A volte faticando un po’ per tirare fuori quello che sentiamo di avere dentro.

sabato 25 ottobre 2008

La scuola


Ricordate il referendum sulla Costituzione? La risposta fu trasversale: ci sono cose in cui il Paese, in molti modi diviso, si ricompatta. Dentro quel referendum, c’era in particolare anche la risposta a quei cambiamenti che si voleva apportare alla scuola italiana. Ecco che oggi, dopo molti mesi di consenso, di sondaggi inebrianti, questo governo registra la sua prima difficoltà, un’opposizione forte che muove dalla gente, proprio sul terreno della scuola. Anche questa volta una risposta trasversale. Ebbene, al di là dei temi, propri del governo, della paura e della sicurezza, ma anche oltre le questioni prettamente economiche, con le contraddittorie affermazioni d’esaltazione del liberismo spinto di un passato recente e l’attuale delineazione di uno stato assistenzialista di banche e imprese, ma giammai delle famiglie e dei cittadini più in difficoltà, ebbene un dissenso, l’opposizione, non riusciva a trovare uno sbocco di protesta finchè non ci si è legati al tema della scuola - dove pure comunque la questione economica è fondamentale -.
Dunque nella scuola, nei valori che ad essa attribuiamo, noi italiani sappiamo alla fine riconoscerci come Paese, e questo non è poco. Dentro la scuola non c’è solo il valore del futuro per i giovani, ma evidentemente anche i valori civili, in ultimo la solidarietà e la fratellanza, senza cui alla fine una società si sgretola.

martedì 21 ottobre 2008

Un'estate particolare

La finestra da cui guardavo i tre palazzi, parallelepipedi, e il cielo, era quella della stanza in cui ho soggiornato nell’ultimo ricovero in ospedale dove ho fatto la mia prima chemio: è stata un’estate particolare marcata dagli interventi chirurgici per recidere il fiore nero di un nodulo al seno, con un nome dolce, neoplasia, e uno duro, carcinoma. Sarà ancora un tempo particolare, in cui sperimentare quel percorso ad ostacoli della terapia che deve seguire.
La paura iniziale, forte, aggressiva, è stata come un vaccino: non è che si diventi coraggiose, è solo che varcata la soglia invisibile, nel mondo parallelo della malattia, cerchiamo di affrontarla dando il nostro meglio e con quella naturalezza che sta dalla parte delle donne. Così mi è sembrato di scoprire anche nelle altre che ho fin qui ho incontrato e dedico loro questa mia pagina: in particolare a Giovanna, Maria Luisa, Lucilla, Manuela, Vincenzina,Elvira, Dina e Luciana. Di altre non ricordo il nome, o sono stati brevi incontri nei corridoi, alle macchine degli snack, perfino su nelle sale operatorie, mentre aspettavamo ormai sveglie di tornare giù. Sempre con la richiesta reciproca di un piccolo aiuto, una cortesia mai negata, la solidarietà che non è una favola, per fortuna esiste davvero. Ricordo con piacere le brevi chiacchierate che ci facevamo, attaccate alla flebo, quando restavamo sole nella stanza, in due o in tre, come collegiali o vecchie amiche che si ritrovano. E senza differenze d’età, dai novanta ai venti, purtroppo! Solo una, devo dire, ho trovato veramente scorbutica, ma aveva sia dietro che davanti sé un percorso d’interventi particolarmente pesante.
Più complesso il rapporto fuori dall’ospedale, dove il nostro ritrovarsi nella condizione di malati, ci fa confrontare continuamente con i sani intorno a noi. Per esempio, a noi non dispiace parlare di quello che ci sta accadendo, invece registriamo che gli altri non ne parlerebbero, vorrebbero evitare, per distrarci forse. Ma non vogliamo essere blanditi.

mercoledì 8 ottobre 2008

Alla finestra

Tre grossi palazzi. Tre parallelepipedi, movimentati dalle protuberanze e inserzioni di terrazzi e finestre, presiedono lo spazio di là dal vetro, alla finestra.
Arnie, contenitori di vite umane. Gli spioventi dei tetti, coperti di moderni rivestimenti, atti a blandire l’inserimento di appartamenti nel loro volume, hanno colori, dal grigio ardesia profilato di blu, al verde e al rosso, com’è nel quarto parallelepipedo, che si scorge più indietro in retroguardia, che esibiscono sfumature diverse col variare delle ore del giorno; addolciscono così la presenza tozza e invadente dei parallelepipedi, la loro sfibrante staticità, mostruose sentinelle a questa finestra di terzo piano, che taglia loro i piani inferiori, come agli alberi i loro tronchi, così che le cime rigonfie dei pini sembrano cespugli.
Il cielo, in compenso, la fa da padrone: con la sua leggerezza riesce a dominare la pesantezza delle sagome di cemento, avamposti della giungla cittadina incombente, e la plasticità morbida delle chiome degli alberi, illusione consapevole di giardini perduti. L’immagine è dunque contraddittoria, per questo nonostante tutto affascina, sembra contenere un mistero che sfugge alla presa.
Passano le ore, cambia la luce e nuvole vanno e vengono. Luce e nuvole, materiali impalpabili, o al confine della materia qual è la luce, sono gli attori della rappresentazione sempre diversa che la finestra offre; allora i parallelepipedi da sagome di cemento diventano di cartone. Dalle arnie brulicanti, dal quotidiano che ci tiranneggia, e c’irretisce, con le sue necessità e incombenze sempre uguali, lo stesso che satura la stanza alla cui finestra abbiamo trovato il tempo per sostare, siamo richiamati ad un mondo etero e silente di luce e colori e forme vaghe e continuamente trasformantisi.

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