giovedì 4 novembre 2010

Raccontare e ricordare

Il raccontare allunga la vita, esempio classico la fatica di mille e una notte di Sherazade: dunque è un opporsi alla morte, una sotterranea tensione verso l’eternità. Perché chi racconta ricorda, o almeno questa è la sua funzione apparente anche quando è una finzione; non a caso le favole cominciavano con "C’era una volta". Così col raccontare costruiamo un altro tempo, un tempo che va all’indietro e spesso giunge all’inizio – come in Tolkien con il Silmarillion - e così diventa circolare perché dalla fine – il presente in cui ci troviamo noi che ascoltiamo chi ci racconta - ci ricongiungiamo a quando tutto è cominciato. Allora possiamo muoverci avanti e indietro dentro questo cerchio dove non possiamo che essere tutti e che non può che essere l’eternità.
Così quando raccontiamo storie o di cose che ci sono accadute e ascoltiamo gli altri che ce le narrano, tessiamo in fondo la nostra eternità; molto probabilmente ci poniamo, in realtà, in una ricerca affettiva, cerchiamo d’entrare nel cerchio dove siamo tutti, i vivi e i morti.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cara piccola dorrit,
il posto dove siamo tutti deve anche includere le persone del tempo futuro, che non sono ancora nati: di fronte a Dio siamo tutti vivi!

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