giovedì 29 settembre 2011

Fame di poesia e necessità di ricordare.

Dopo essere intervenuta su un blog in cui si esortava a tornare ad imparare poesie a memoria, visto le visite ricevute da quel sito sul mio, mi sono resa conto di quanto l’argomento interessi. Vuol dire che sentiamo il bisogno di parole fermate dentro di noi, di bussole interiori per il nostro cammino quotidiano.

Ma il ricordare con cui intessere il nostro presente è forse un’altra cosa. Il lasciar affiorare i ricordi, essere predisposti ad accoglierli quando ciò accade, che per le misteriose alchimie tra la nostra mente e il mondo circostante  non possiamo prevedere – un odore, una musica o un’immagine o altro - e non cacciarli via come cose oziose e di nessun senso,  forse richiede proprio il distaccarsi un poco dal quotidiano per poi ritornare nel presente con maggiore consapevolezza.
La Arendt che  in un  suo saggio si chiede “Dove siamo quando pensiamo” dice che siamo in un non-luogo, o meglio in una zona di confine e temporalmente siamo proprio in quel presente che è al confine tra passato e futuro: cioè  è il nostro passato che ci struttura  ed è la condizione per pensare il nuovo quando pensiamo.
Ma ecco quando pensiamo? se cacciamo i nostri ricordi come sciocchezze con un’alzata di spalle?

Ci sono poi altri aspetti profondi del ricordare. Il ricordare che produce il raccontare e dunque il raccontare per ricordare i morti e per richiamare l’eternità;  per affermare la vita come fa Sherazade ne “Le mille e una notte”, ma ne ho già detto in altro post.

Nessun commento:

Etichette