venerdì 10 giugno 2011

Il nucleare e il nostro posto nella natura

Il referendum sul nucleare, uno dei quattro su cui gli italiani sono chiamati a votare, è un’ottima occasione per interrogarci non solo sui rischi per la salute nostra e del pianeta, ma più in generale sul nostro rapporto con la natura.

Versioni contrastanti di questo rapporto si sono succedute nel corso della storia e nella diversa evoluzione dei popoli. In breve, dal terrore dell’uomo primitivo per le forze della natura, fatte divine e oggetto di sacrifici, siamo arrivati all’uomo tecnologico occidentale, e ormai anche orientale, di oggi che alla natura ricorre per carpirle i suoi segreti e farne uso per migliorare il suo benessere il più delle volte senza calcolare il danno collaterale e futuro, proprio perché non dialoga con la natura ma ha il mero scopo di asservirla ai suoi fini. Di questo asservimento si preoccupa il movimento ambientalista: cresciuto sulle ceneri della lotta di classe, ha saputo riconoscere nella natura l’ultimo storicamente e attuale soggetto, dopo il proletariato, schiavo dei profitti dell’uomo-padrone.

A Cannes hanno premiato l’ultimo film di Terence Malick, The tree of life. Non l’ho ancora visto ma proprio nel titolo ho trovato un aggancio con il precedente The new world che conosco. In quest’ultimo è narrato l’approdo degli inglesi sulle coste della futura Virginia e le vicende successive imperniate sulla figura di Pocahontas. In esso la natura è viva protagonista accanto agli uomini e suggerisce lì per lì ai nuovi arrivati che, proprio perché appena giunti dopo un lungo viaggio, dove non vedevano che sempre le stesse cose, hanno occhi nuovi, così rigogliosa e generosa, l’utopia di un mondo nuovo liberato dalla povertà. La cultura di Pocahontas è legata alla natura, lei vive in armonia con essa. E quando la sua storia con il capitano John Smith finisce come finisce e lei infine riprende a vivere la vita umana appunto è paragonata ad un albero che ha le sue ferite e i suoi rami morti eppure continua a crescere e fa nuovi germogli e rami e s’allunga verso l’alto. Un’altra immagine significativa è quella in cui Pocahontas dice sfiorando con le palme l’erba alta: “Noi siamo come l’erba”.
La natura dunque non nemica o schiava ma libro aperto da cui imparare a vivere e a superare le comuni sventure.

Tutto ciò l’abbiamo in gran parte perso, non siamo più abituati a dialogare con la natura, a sentirci parte di lei. Non guardiamo più i paesaggi: la campagna è solo oggetto di bramosia per nuove villette e centri residenziali.

Dimentichiamo che il nostro umanesimo si è sviluppato ponendo l’uomo in armonia con la natura, ed ha prodotto grandi artisti come non mai nella storia di un popolo ed oggi se l’arte è asfittica e in crisi nel mondo, in gran parte ciò può essere dovuto proprio a questa grave crisi nel contatto con la natura.

La riflessione sul nucleare può perciò essere occasione per rivedere il nostro posto nella natura e quanto di più prezioso per le nostre anime, che non uranio o plutonio, essa può ancora darci, cercando, esplorando, guardando il paesaggio, l’avvicendarsi delle stagioni intorno a noi.

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