domenica 1 maggio 2011

Il Primo Maggio e la Costituzione

Mentre inizio a scrivere questo post dalla televisione accesa mi arriva la musica di Piazza San Giovanni a Roma ed è non solo rock: anche Verdi! Perché la musica unisce e, come aveva intuito Pavarotti nei suoi festival, non conosce barriere, generi o specie.

E da piazza San Giovanni ho colto il quesito: perché secondo il primo articolo della nostra costituzione la repubblica italiana è fondata sul lavoro?
Nella democrazia antica, per antonomasia quella di Atene, esisteva accanto all’uomo libero la schiavitù: nella completa separazione tra lavoro intellettuale e manuale, quest’ultimo era scaricato sugli schiavi.
Anche nel medioevo i servi della gleba non erano uomini liberi: il loro lavoro servile era dovuto in cambio della protezione del signore del feudo.
Nell'era delle rivoluzioni industriali con le lotte dei lavoratori, celebrate in questa festa del Primo Maggio, si sono ottenute legislazioni del lavoro via via più perfezionate nel fine d'allontanare sempre più dal lavoro ogni residuo di servitù e sfruttamento.

Oggi che per noi tutti gli uomini nascono liberi non può che conseguirne, rispetto ai tempi passati, che il lavoro acquisti significato opposto: diviene lo strumento dell’uomo libero, delle pari opportunità in una società che rinuncia perciò a qualsiasi forma di schiavitù e servaggio. Ecco perché una società veramente libera e democratica non può che essere fondata sul lavoro.

Sta poi dentro la democrazia delle regole lo stabilire la giuste regole e vigilare perché nuovamente il lavoro non si trasformi in nuove forme di servitù.
A noi stessi di non trovarci ad essere schiavi del nostro lavoro.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cara Piccola Grande Dorrit.

ho letto con molto interesse l'analisi che hai fatto dell'art. 1 della Costituzione italiana, collegando il lavoro del cittadino con la sua libertà e quindi la democrazia della nazione.

Mi compiaccio dell’argomento che hai trattato, ed
ha proposito di libertà dalla schiavitù essa si realizza con la libertà dal bisogno economico.
Quest'ultima a sua volta si realizza con il lavoro quotidiano,che deve dare quei frutti che servono al sostentamento per se e per la sua famiglia.

Un “piccolo acenno”secondo il mio modesto parere dovrebbe essere rivolto a quei gruppi economici e di potere che si sono formati nel tempo,che cercano di rendere difficile ed in qualche caso irragiungibile bisogni primari del cittadino.

Tale comportamento ha come obbiettivo l’ulteriore l'accrescimento delle loro possibilità economiche che si traduce ad un ulteriore acrescimento di potere.

Questo modo di operare e di comportamento dovrebbe essere vietato e sancito pesantemente della legislazione .

I soggetti più deboli economicamente, vuoi per mancanza di lavoro o per mancanza di reddito tendono, ad essere di nuovo schiavizzati, sotto varie forme, dai potenti prepotenti di turno già menzionati.
Di nuovi schiavi sono piene le cronache dei giornali e telegiornali.

Da rilevare che la forza economica si traduce all’imposizione della sua volontà usando anche metodi violenti , (la storia ce lo insegna).

Ed allora addio democrazia, libertà e giustizia sociale.

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