venerdì 4 luglio 2008

Nostalgia di Veio

Ora erano in viaggio e Veio era già alle loro spalle. Sulla strada statale è quasi inimmaginabile che sia esistita Veio. Perchè Veio è scomparsa, come Vulci, Volsinii, e tante altre. Il magnifico Apollo che, con altre divinità, dominava l’aere sul tetto del Tempio di Portonaccio, con quella sua baldanza non altrimenti che etrusca, è stato ridotto in un museo di quella Roma prima etrusca per i greci, poi troiana per gli etruschi – si vedano i dipinti della tomba “François” a Vulci - e quindi greca nel suo destino vittorioso che gli aruspici etruschi non seppero prevedere.
Per arrivare nel sito dove si sviluppò e crebbe uno dei maggiori e più antichi centri etruschi, occorre lasciare la strada consolare, svoltare a destra addentrandosi nell’agglomerato periferico, e quindi scivolare giù, con una serie di curve, dentro la forra laziale. Allora però si apre un altro mondo, un po’ come succede ad "Alice nel Paese delle meraviglie". Un paesaggio a tratti selvaggio, con cascatelle d’acqua tra i massi. Scendere e risalire per conquistare una pianura apparentemente a perdita d’occhio e solitaria: ad un tratto ritrovarsi in un mondo solare ed infinito. I forti contrasti, luci ed ombre del paesaggio etrusco. Gli scavi, chiusi, deserti.
La dimensione del viaggio è eccitante; è anzitutto uno stato mentale. Anche le cose o le azioni più comuni, come entrare in un negozio, comprare dei panini, sembrano diverse dal quotidiano se siamo in viaggio.
Queste cose qua e là pensava Cristina, seduta a fianco di Daniele che guidava. Certa scontrosità, lo stare ciascuno all’interno del proprio flusso di coscienza, si era di colpo interrotto quando avevano scoperto Veio, un senso dell’avventura che li aveva coinvolti. Ripartiti, nell’abitacolo di latta del loro mezzo di trasporto, erano pure rientrati nell’abitacolo della loro coscienza individuale.

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