venerdì 4 luglio 2008

Norchia. Nelle case dei morti

Avevano infine trovato l’indicazione per Norchia. Un viottolo di campagna che quando arrivarono c’era un cartello scolorito dal sole con la mappa della necropoli che si leggeva appena e un percorso da Indiana Jones che sembrava ridersela di loro nell’opacità del primo pomeriggio. La campagna, proprio la superficie piana, di colpo terminava ed iniziavano i gradini per scendere tra le tombe rupestri scolpite nella parte vertiginosa di tufo. Non c’era anima viva. Solo il vento ogni tanto. Cominciarono a scendere. Ancora una volta sentirono di trovarsi in un altro mondo. La vegetazione, arbusti ed erbe, la faceva da padrone, e sembrava disturbata dalla loro presenza, ma era ormai custode di tombe, anzi di case, e templi vuoti. Tombe a forma di case e templi perché molto probabilmente all’origine la casa del principe coincideva con il luogo di culto.
Scendevano e scivolavano, inciampavano e risalivano. Forse il destino degli etruschi è metafora dei vani sforzi del genere umano verso l’eternità e la memoria di sé, eppure queste dimore dell’al di là sono rimaste effettivamente il segno più tangibile dell’antica civiltà, proprio perché scolpite nella roccia tufacea:
- In qualche modo questi loro sforzi per prolungare la vita sulla terra, sono riusciti visto che queste sono le testimonianze maggiori che ci hanno lasciato!
- La maggior parte degli edifici delle loro città doveva essere di legno.
- Non è facile provarsi a comprendere oggi la loro mentalità, la loro religione. A tratti mi sembra di afferrarle ma è difficile coglierle realmente attraverso quanto ci rimane dell’immagine che hanno voluto lasciare di sé. Forse è che così scavate nella parete della roccia, le tombe di questa necropoli fanno più impressione.
Stavano uscendo all’aperto e Daniele che la precedeva si volse un attimo indietro, stagliandosi controluce:
- Ti porto via.
Molto probabilmente Daniele non aveva detto nulla. C’era stato solo un fruscio di vento.

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