venerdì 16 novembre 2007

Novembre

Le foglie rotolavano, s’alzavano nel vento e ricadevano giù: nell’atrio del vecchio albergo con la valigia a terra, a salutare e a guardare fuori pensando che stavamo per unirci a quelle foglie, a rotolar via nel vento e nelle nostre vite separate.

Ritrovo l’immagine in questa mattina di pioggia gelida che fa dire a Novembre, dopo tanto tepore, l’inverno è qui.
Il gusto dell’autunno, di qualcosa che muore, una messinscena funebre che nelle nostre zone temperate la natura sa orchestrare con grande maestria. Accende di rosso le moribonde sorelle foglie, rossa è la fiamma dei camini, che si risvegliano nelle campagne italiane, dove non ci si può sottrarre al quesito esistenziale: “Lo fai lo foco?”. D’arancio i cachi deliziosi, dolci e succosi come non mai i frutti estivi, e l’uva e le castagne: la natura sa coccolarci prima del commiato invernale.
Anche la nostra anima sembra sentire il bisogno di morire un po’, di accordarsi alla sinfonia in minore della natura. Un po’ di malinconia, un po’ rotolare come le foglie. Perché il vento ci porti in un altro luogo e in un altro tempo, in un’altra vita in fondo.
Perché sarebbe una morte da cui possiamo rinascere. Come il fiume in piena, che una volta non era così temuto. L’aspettavano gli uomini del fiume come cosa buona “che porta via il vecchio e fa nascere il nuovo”.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bello!

Commovente, direi...

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