martedì 13 novembre 2007

Villa Torlonia


Eravamo stati a Villa Torlonia quando, sindaco della città Giulio Carlo Argan, i giardini si erano riaperti al pubblico, tanta gente in un pomeriggio domenicale. Gli edifici no, distanti, transennati e malconci.

Siamo tornati quest’anno, in una mattinata tersa di Settembre. Da poco terminato il restauro del Casino Nobile, subito in vista dall’accesso principale dalla parte di via Nomentana. Le bianche colonne neo-ioniche della facciata e quelle rastremate, neodoriche e neoclassiche di Giuseppe Valadier, che ci rimandano alla Villa Borghese e alla Casina sul Pincio, si stagliano tra il cielo e la vegetazione.


Altri complessi sono stati già restaurati, come la Casina delle Civette, incredibilmente recuperata, a confronto con la documentazione fotografica che, al piano terra del Casino Nobile, rende testimonianza delle vicende trascorse, e del degrado in cui la Villa era caduta. E’ senz’altro una rinascita: ottimo, accurato restauro e pubblica destinazione con gli edifici divenuti aree museali e l’inserimento nella vita del quartiere con il centro anziani e lo spazio per le attività dei ragazzi, affrontati, il primo alle Scuderie Nuove il secondo nel Villino Medievale.
Dalle cronache cittadine abbiamo raccolto critiche e lamentale per lo stato della Villa che si estende oltre la Limonaia e il Campo da tornei, incuria dei giardini e cattivo uso da parte dei visitatori. Ma il restauro prosegue, e riguarda proprio quest’area più abbandonata: stanno per iniziare i lavori per il recupero della Serra e della Torre Moresca, ritenute importanti esempi romani di architetture in ferro e vetro. Si spera, così, che tutta la Villa possa essere recuperata, conservata e rispettata nell’uso dai visitatori. Per mantenersi realmente quella che a noi Villa Torlonia è sembrata in una splendida mattina romana, proprio per la storia, il restauro e la sua pubblica destinazione: un sogno, un’isola.
Se non fosse stato per la mostra di Scipione, in corso al Casino dei Principi, a ricordarci che non fu e non è placida la città che scorre fuori ma intorno a noi. Tentacolare luogo di potere e di cortigiane, e cortigiani. A fare da contrappeso, all’equilibrio e alla leggerezza neoaclassica. Alla costruzione estetica e crepuscolare voluta da un principe ancora committente e servito da un artista come Cambellotti, nella Casina delle Civette. Dalle lumachine di marmo, i battiti d’ali d’uccelli notturni e un girotondo di pipistrelli, immagini che dalla Casina ci rincorrono, al rosso, al magma di Scipione. Un bicchiere di vino forte, una scossa che ci riporta alla carne, all’arte che esprime la sofferenza.
In mezzo una stratificazione nello spazio e nel tempo. Nel sottosuolo le catacombe ebraiche. Sotto il Casino Nobile il bunker voluto dal duce. Al secondo piano sopra le sale dipinte nell’Ottocento ci sorprendono pallide pitture dove si balla e si suona sotto le palme hawaiane: testimonianza non abrasa dell’alloggiamento delle truppe alleate nella Villa. Quindi, il Museo della Scuola Romana. Tra le correnti del Novecento che più si opposero all’arte promossa dal regime il cui capo abitava le stanze sottostanti.
Fuori, l’ansia del traffico fa presto a riprenderci.

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