mercoledì 18 febbraio 2009

La crisi del progetto riformista



Cerco di sviluppare alcuni punti appena dichiarati nel post precedente.
L’idea, il progetto, probabilmente, era quello di un Paese più moderno, come l’esempio inglese, di un bipolarismo, che facesse piazza pulita dei partitini e dei massimalismi ormai ritenuti veteri, dopo la fine della guerra fredda; duttile all’alternanza e basato sulle riforme che dovrebbero eliminare gli arcaismi, le sperequazioni e la stagnazione sociale che a tutt’oggi di fatto definiscono l’Italia un paese più arretrato rispetto all’Europa con cui ci si vuole confrontare.
Dunque, prima domanda, questo progetto riformista è adeguato alla realtà dell’Italia, alle sue insufficienze e disuguaglianze? Quale maggioranza sarebbe in grado di sostenerlo?
Abbiamo visto come l’Unione, la grande coalizione che sosteneva il governo Prodi, abbia tentato due liberalizzazioni e poi lasciato perdere. Bersani disse nell’occasione che era importante anche solo l’idea: eh no, che l’idea non basta! Certo questa coalizione aveva una maggioranza esigua al Senato ma certe leggi non ha neppure provato a farle: la riforma della legge elettorale, la legge sul conflitto d’interessi, per esempio. Poi s’è data tutta la colpa alla sinistra massimalista, ma gli ostacoli principali alle riforme e alle leggi suddette non venivano certo da quella parte.
Al governo Prodi è stato solo concesso di migliorare il bilancio dello Stato: “il lavoro sporco” – ha detto qualcuno. Di certo necessario per la nostra credibilità in Europa ma che ha gravato, con l’aumento delle tasse, e senza l’auspicata equità, sulle spalle dei più poveri. Con ciò anche la fossa per il governo Prodi era stata scavata.
Berlusconi si lamenta di non essere trattato con riguardo dall’opposizione, spesso si sente offeso, eppure in realtà è, ed è stato fin dai tempi di D’Alema e della bicamerale, riconosciuto l’interlocutore valido del progetto riformista! Infatti altro punto fondamentale del progetto del bipolarismo riformista dovrebbe essere quello di riconoscere nel polo avversario un interlocutore valido per la stagione delle riforme. Allora, altra domanda, è tale Silvio Berlusconi, con l’idea di governo che sta esprimendo nel suo governare attualmente, per la sinistra riformista? E’ certo che secondo quest’ottica si spiegano molte cose: la campagna elettorale soft del partito democratico, l’eclissarsi in taluni momenti dell’opposizione parlamentare. Ma che essa trovi il consenso degli elettori del partito democratico, più saggi e avvertiti, perché la vita se la vivono nelle difficoltà del momento di crisi planetaria, è fuor di dubbio che non è e che siamo giunti alla bocciatura.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Condivivo quello che dici nelle ultime righe del tuo post. Noi popolo italiano e democratico non ci riconosciamo e non apprezziamo quello che l'attuale governo sta portando avanti. Spesso sono leggi non soltanto "ad personam", ma, come ha detto l'altra sera Benigni, "ad una sola personam". Il popolo italiano,popolo sovrano (così viene sbandierato continuamente, che è quello che è costretto a stringere la cinghia ogni giorno che passa sempre di più, può apprezzare questo modo di governare? La domanda non merita risposta!

piccola dorrit ha detto...

Caro anonimo, del 19 febbraio, ore 19.42,
noi cittadini abbiamo già compreso da un pezzo che la casta dei politici, come ho già scritto in un altro commento, nemmeno riescono, o si provano, a percepire le difficoltà delle persone normali. Così l’opposizione condotta dal partito democratico verso l’azione di questo governo, è stato uno dei punti di maggior delusione e frustrazione, di noi che di questo partito, così giovane e allo stesso tempo così vecchio, siamo stati elettori.
Ho cercato di spiegarmi i motivi almeno ideologici di questa incomprensibile opposizione soft, oltre i giochi di potere e le inettitudini della casta, anche se neanche i motivi ideologici possono essere indenni da questi vizi.

piccola dorrit ha detto...

Quando il partito democratico aveva scelto come sede romana il loft a piazza S. Anastasia, alle pendici del Palatino, nei pressi cioè di dove furono trovati Romolo e Remo, Veltroni e Franceschini, presentatisi insieme alla guida del partito appena fondato, vi potevano essere paragonati - l'ho fatto in un post precedente - Mi sembra che Franceschini, il dioscuro, il fratello rimasto (lui Romolo dunque?), abbia cominciato bene almeno nel riprendere a fare opposizione con più convinzione e con un tono più deciso; in particolare attaccando il premier su un tema importante come quello della Costituzione.

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