Il fatto accaduto a Time Square il 12 agosto, di un afroamericano che impugnava un
coltello ed è finito ucciso dal fuoco della polizia, ha scatenato reazioni e
commenti. S’è discusso sull’ effettiva pericolosità dell’uomo e quindi su come
la polizia avrebbe potuto neutralizzarlo senza ucciderlo. C’è chi ha esteso il
discorso dal fatto di cronaca a considerazioni di più ampia portata circa il
rapporto tra il cittadino e le forze dell’ordine, quindi tra il potere e la
democrazia (e per qualche ideologo
di sinistra ancora attivo in sostanza il fatto sarebbe accaduto per colpa del
capitalismo), fino a riflettere poi se accadimenti simili, di cui pure abbiamo
qualche caso anche da noi, non siano più frequenti e perciò più tipici negli
Stati Uniti perché vi sopravvive un aria di frontiera, come il gran commercio
di armi ad uso privato testimonia, che può spirare anche nelle grandi città.
E la scena dei poliziotti avanzanti in mezzo alla strada contro l’uomo con
la maglietta bianca sembra presa
da un film… Per l'appunto la società americana indaga in profondità su se stessa attraverso
il cinema e a me viene in mente
“Un mondo perfetto” di Clint
Eastwood ma, mentre di Butch Haynes-Kevin Kostner sappiamo molte cose, di
Darrius Kennedy sappiamo solo che stava fumando uno spinello.
Ci manca la sua
storia, il perché e il come sia arrivato a morire al centro di New York, a Time
Square, con un coltello in mano. Non sappiamo come sia andata con i suoi
genitori, quali erano i suoi sogni e le ultime cose che ha pensato e chissà se
avrebbe voluto anche lui andare in Alaska.
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