giovedì 8 marzo 2012

Artemisia

Per l’8 marzo mi piace ricordare per me stessa le mie donne, quelle che non ci sono più e quelle che sono vive.
Per tutte voglio ricordare Artemisia, la pittrice, la figlia di Orazio Gentileschi, quella stuprata da un altro pittore, Agostino Tassi, che le insegnò la prospettiva, quella che ha  dipinto il più feroce e calmo dei Giuditta che uccide Oloferne.
Ancora oggi  per le donne non è facile, anche se è diventato necessario, “uscire di casa” e armonizzare lavoro e famiglia, invece ad Artemisia è riuscito perché suo padre era un grande pittore e lei l’unica tra tanti fratelli maschi ad ereditare disposizione e talento da diventare fin da piccola la principale aiutante nella bottega, subito bravissima nel preparare i colori, cosa fondamentale nella pittura “di valori” dei  caravaggeschi. Di suo Artemisia ci mise la volontà e l’applicazione rifuggendo quella pigrizia femminile che maschera  le difficoltà ad interpretare un proprio ruolo nella società che non sia  quello di moglie e madre. Artemisia non si tirò mai indietro, e le cronache, le ricerche sulle committenze, le lettere ci delineano una vita intensa con molti figli, di cui due femmine che sposò con una buona dote, protettori e amanti eppure sempre strenuamente dedita alla pittura.
L’artista del Seicento anche se può disporre liberamente di sé e delle sue creazioni deve la sua fortuna alla committenza di opere da parte di principi e signori che da un lato lo trattano alla stregua di un servitore  ma al contempo ne stabiliscono il prestigio e l’agio. Di fronte alle corti e alla concorrenza dei colleghi l’artista deve sapersi muovere con destrezza e pubblicizzare se stesso e il proprio lavoro. Ecco allora che nelle sue tele Artemisia riprodurrà spesso se stessa. Ancor prima era stato Orazio a dare ai suoi personaggi femminili il volto e le sembianze della figlia, come nell’affresco al Casino delle Muse, Palazzo Rospigliosi a Roma, dove aveva animato di musici l’architettura prospettica d’Agostino Tassi e dove tutte le figure femminili avevano la faccetta graziosa e paffuta d’Artemisia. Come se già allora il genitore consapevole volesse dichiarare: - Eccoci qui Gentileschi padre e figlia.-. Come in effetti titolerà nel 1916 Roberto Longhi in un saggio importante per la ricerca degli esiti del  caravaggismo in Europa, proprio attraverso l’opera di Orazio Gentileschi e di sua figlia: - l’unica donna in Italia che abbia mai saputo cosa sia pittura, e colore, e impasto, e simili essenzialità.-. Artemisia che instancabilmente riproduce se stessa sulla tela vuole perciò coscientemente affermare e pubblicizzare il suo essere donna e vera pittrice: - E farò vedere, scrive, a V.S. Ill.ma quello che sa fare una donna.-.  E commentava il Longhi: - Così parlava a cinquantadue anni con vitalità veramente rimarchevole e simpatica, la signora Artemisia. -
Nella vita di Artemisia c’è un evento decisivo, lo stupro subito da parte di Agostino Tassi nel 1611, quand'era diciottenne. Il fatto venne denunciato un anno dopo, perché Tassi aveva promesso di riparare con il matrimonio, avendo però già moglie. La causa fu vinta dai Gentileschi ma in realtà furono loro a dover separarsi e lasciare Roma: Artemisia fu sposata in fretta ed andò a Firenze.
 Nel processo Artemisia deve confermare sotto tortura la sua deposizione: il suo racconto è crudo e preciso nei particolari della lotta corpo a corpo che la oppose ad Agostino. Tali crudezza e realismo verbali preannunciano quelle pittoriche delle tele di Giuditta che uccide Oloferne, l’una a Napoli, a Capodimonte, l’altra  agli Uffizi di Firenze, nelle quali nella faccia di Oloferne si riconoscono i lineamenti di Agostino e Giuditta è Artemisia. Pare che a Firenze la tela risultasse sgradevole alle granduchesse e finisse in uno dei luoghi più oscuri di Palazzo Pitti; ricordando questo quadro con delle amiche,  proprio l’altro giorno, da due di loro  è stato descritto come brutto, orribile. La crudezza d’Artemisia colpisce ancora, ma qui arte e vita si mescolano incredibilmente. Un regolamento di conti, certamente, ma anche la concezione dell’artista: l’osservazione del vero e il naturalismo, questo filo rosso da Caravaggio ai Gentileschi  a …Galileo, che a Firenze fu amico d’Artemisia.
Osserva il Longhi: - ed è perfino riescita a riscontrare che il sangue sprizzando con violenza può ornare di  due bordi di gocciole  a volo lo zampillo centrale! Incredibile, vi dico! -.
Altro che il Ris  di Parma sulla scena del crimine!
Gentileschi padre e figlia

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