martedì 22 dicembre 2009

Roman Polanski, la vita e il film

Glielo hanno già detto, o chiesto, in tanti che la sua vita è come un film, perché ancora non l’ha fatto un film della sua vita? E lui no, che la sua vita è normale.
Eppure.
L’altra sera in televisione hanno trasmesso Pirati del 1986. Film di genere, ricco a volerle vedere di citazioni, bello d’immagini e riprese, costato molto. Comincia con la coppia protagonista alla deriva su una zattera e così termina. In mezzo un continuo rovesciamento di situazioni, l’alternarsi beffardo della sorte, forse simboleggiata nel trono d’oro azteco, che rimane in mano loro, forse come estremo sberleffo oppure come pegno di ancora un’altra chance.
Dunque, la circolarità dell’esistenza e nello stesso tempo l’impossibilità di sfuggire al nostro carattere, al dèmone che ci portiamo dentro, sono tra gli elementi profondi, sottesi ai colori smaglianti della pellicola. Che sono elementi costanti della produzione di Polanski. E dopo l’ultima vicenda, dell’arresto in Svizzera, come non vedere, non constatare ancora una volta, l’analogia con la sua stessa vita?
Dunque la domanda era banale, perché si gira sempre lo stesso film, o si scrive lo stesso libro, e non facciamo altro che scavare in noi stessi.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Hai centrato in pieno il fatto: la vita di Polanski è proprio come questo suo film, un'altanena di salite e discese, dalle stelle alle stalle; però è sempre un grande regista.

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