martedì 15 aprile 2008

elezioni politiche: il pranzo è servito



La forchetta scivolava quasi subito sotto la tavola, la vittoria dell'avversario si apparecchiava sempre più consistente, degli interrogativi restavano come antipasti non finiti di consumare, alcune pietanze rimaste nel piatto, e quanto alle libagioni, mescite e travasi ancora da decifrare. I sommelier si fecero quindi avanti a spiegare: chi l'avrebbe mai detto che nel barbera piemontese le uve leghiste dovessero soppiantare quelle della sinistra storica? Eppure l'allarme sui vini c'era stato. E come non pensare che nel piatto centrale, un tipico stufato, la quantità rimasta fuori dalla preparazione di destra sarebbe stata rimpinguata da sinistra? Così la grande tavolata si trovò tutta spostata a destra e i posti a sinistra deserti, piatti e bicchieri vuoti.
La cura per risanare l'Italia era stata troppo forte, e l'antica medicina l'aveva detto che in questi casi c'è il rischio che sia proprio la cura a schiantare il malato. Il malato se n'è accorto ed ha reagito come ha potuto. L'equità, la redistribuzione dei redditi sarebbe stato prima di tutto una cura più adatta per i malati più debilitati. Ma in Italia è più facile da tempo immemore rialzare le tasse a tutti i cittadini, con la conseguenza che i più poveri siano in proporzione i più tartassati, che operare con equità sociale e fiscale. Altre cose non si sono potute o volute fare. La sinistra, lasciata a correre da sola, ha pagato il suo pesantissimo scotto. Ma non si dica che qualche punto di percentuale in più rispetto all'Ulivo, sia un risultato positivo per il Partito Democratico. Per piacere: il piatto piange.

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