giovedì 25 marzo 2010

Una pagina di storia americana: la riforma sanitaria approvata

La prima formulazione della riforma sanitaria, firmata da Barack Obama il 23 marzo 2010, si deve a Theodore Roosevelt, presidente dal 1901 al 1909, durante la campagna elettorale del 1912. E non è un caso. Negli anni Novanta dell ‘800 ci fu un momento di crisi economica dovuta, come oggi, ad un capitalismo finanziario sregolato che, come pure ai nostri giorni, faceva sì che alcuni ricchi e potenti aumentassero le loro ricchezze a danno dei rimanenti. Gli storici annotano che l’America, pur nell’imperfezione della sua democrazia, seppe allora reagire imponendosi nuove regole che tutelavano l’insieme dei cittadini, contro i monopoli, a protezione dei consumatori nei confronti degli alimenti e dei farmaci adulterati. In particolare fu dato il voto alle donne; invece la riforma sanitaria, che avrebbe dovuto garantire la copertura sanitaria di tutti i cittadini, non riuscì a passare. Oggi sappiamo che ci sarebbe voluto giusto un altro secolo.
E nella specularità con la situazione attuale, in cui il Paese si trova alle prese con una crisi economica gravissima, tanto da portare all’elezione del primo Presidente d’origine africana, che ha alzato la bandiera del cambiamento e vuole prioritariamente il rispetto delle regole della democrazia e l’introduzione di nuove, come appunto la riforma sanitaria, per la tutela di tutti i cittadini, c’è già una prima grande lezione che ci viene da questa pagina di storia americana, una lezione che evidentemente si ripete: proprio nei momenti di crisi il sistema americano trova le risorse per correggersi e migliorare.
Quello che anche noi dovremmo riuscire a fare, per uscire da una stagnazione storica dove mali perenni si aggravano e non si cerca di rimuoverli.
Certo anche la democrazia americana resta imperfetta e lo dimostra il fatto che con la riforma sanitaria che Obama è riuscito a strappare al Congresso le condizioni d’assistenza dei cittadini americani non sono ancora paragonabili a quelle degli europei. Mostra però d’essere vitale e di possedere grandi risorse.

D’altra parte ci sono ragioni storiche e una diversa mentalità che spiega il diverso stato della sanità negli Stati Uniti e in Europa. La maggior parte dei coloni che vi sbarcarono era protestante e un certo buon numero dovette essere d’ispirazione calvinista, con quell’idea del successo, espressione del nostro destino, che è un tema fondamentale del pensiero collettivo americano. In questa visione dell’esistenza rientra molto probabilmente anche la salute. Noi europei abbiamo invece maturato la concezione che la salute dei cittadini è un diritto e, mi sembra di poter dire, è un bene non solo individuale ma un bene comune, dello Stato come organismo; dunque la sanità è pubblica. E’ il figlio di Ted Kennedy, che volle fortemente questa riforma, Patrick, a dire dopo la vittoria che la salute è un diritto civile, è un diritto umano fondamentale, una sfida etica per la società americana. Lo dice per quegli americani cui invece fino a ieri, dal loro punto di vista estremamente individualista, era fin qui perfino sfuggito il significato economico-sociale delle malattie, ed il fatto che i malati portatori delle malattie di rilevanza sociale se lasciati a loro stessi finiscono per costare allo Stato molto di più che se possono curarsi prontamente, come faceva osservare il Presidente Obama nell’esporre le cifre della riforma.

Con la riforma la sanità americana continua ad essere finanziata dalle assicurazioni ma con tutta una serie di nuove regole. Ci saranno polizze obbligatorie per chi prima restava fuori dall’assistenza, circa trentaduemilioni di cittadini non così poveri da poter usufruire dell’assistenza diretta gratuita in caso di necessità ma nemmeno in grado di sottoscrivere una polizza, che entreranno in vigore dal 2014 perché lo Stato che vi contribuisce deve trovare i fondi necessari con nuove tasse; nel frattempo i malati potranno accedere ad un programma assicurativo provvisorio. Le compagnie assicurative non potranno più rifiutarsi di assicurare o liberarsi di un assicurato che si ammala gravemente, né stabilire un limite alle spese per un singolo paziente, come spesso erano solite fare. Restano per ora fuori dalla riforma gli immigrati non regolarizzati, l'assistenza nei casi di aborto volontario.

Nel firmare la nuova legge Barack Obama ha ricordato sua madre « che ha dovuto lottare con le compagnie assicurative persino mentre combatteva contro il cancro nei suoi ultimi giorni di vita». Nel suo provenire dalla middle class americana, per parte di madre, rispetto ai Kennedy o ai Clinton, sta forse oggi la forza di Obama. E’ la classe media nel centro della crisi e Barack conosce molto bene dove nascono i suoi problemi e nello stesso tempo è molto preparato per affrontarli; sa trovare il compromesso per raccogliere il risultato.
Ma la portata di questa riforma è ancora maggiore. E’ un esempio per il consesso delle Nazioni, come sempre quando la risposta alle crisi è nella direzione della solidarietà, di un reale progresso nel miglioramento delle condizioni umane. Buon lavoro Presidente!

4 commenti:

Anonimo ha detto...

hai fatto un quadro storico chiaro e comprensibile a tutti della situazione sanitaria negli Stati Uniti. Molte volte mi ero chiesta come mai questo stato così moderno fosse invece così indietro nella sanità. Tu sei riuscita a farmelo capire.
lampada

Anonimo ha detto...

riforma di Obama, se effettivamente andrà in porto, sarà una lezione positiva per tutto il mondo, anche perchè dimostra che bisogna realizzare ciò che si promette in campagna elettorale.

Anonimo ha detto...

L'elezione di Obama era stato un segno fortissimo della volontà degli Americani di volere un presidente che nascesse dal popolo e che potesse comprendere i loro problemi. Questa riforma è una chiara conferma della validità del loro voto

Anonimo ha detto...

Obama è riuscito ad imporre la sua riforma. Chissà se la Polverini riuscirà almeno a modificare in parte la nostra Sanità? Così lei ha affermato per tutta la campagna elettorale!
Chi vivrà, vedrà!

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