mercoledì 3 marzo 2010

L'Italia decentrata

Capire l'Italia. L’abbandono dei centri storici, del resto, è un processo da lungo tempo in corso anche senza terremoto: nel modo più banale, nei piccoli centri, ad esempio, è accaduto e continua ad accadere che la costruzione di nuove abitazioni, palazzine e villette a schiera, muova i residenti a vendere quei terreni che un tempo avevano dedicato all’agricoltura, e, inneggiando al progresso edilizio, comprarsi la loro quota di cemento. I paesi si spostano così fuori, oltre le porte e le mura, qualche volta rimaste fedelmente in piedi, ma per chi? Per nessuno. Non si accorgono i residenti, ora nelle nuove e certo più comode case, di essere anche loro un popolo migrato, che con il vecchio centro dimenticato hanno smarrito anche l’ identità e l’anima. Non s’accorgono d’aver perso il nesso fondamentale tra struttura urbana, socialità e vita civile, nei nuovi conglomerati di case dove non ci sono più punti di riferimento come erano le piazze e i monumenti dell’antico abitato, che avevano perciò la funzione di riunire e dare significato. Si sta ognuno nelle proprie case, anonimi e isolati.
Tutto al più dentro le case si diventa popolo televisivo, uniti dalle televisioni, soggetti passivi della partecipazione. E’ questa l’Italia decentrata! Proprio l’opposto di quel che sembrava dovesse avverarsi, non l’Italia delle regioni e dei comuni ma un popolo tutto uguale e amorfo. Qui sta l’ipocrisia leghista. E anche l’equivoco perché la forza dell’Italia sta sì nelle sue molte tradizioni ma non da opporre l’una alle altre: l’identità comune passa attraverso quelle particolari - e invece queste si vanno perdendo - ma come cittadini, muovendo da queste, dobbiamo arrivare a riconoscere i valori comuni della Nazione.Un altro aspetto importante che deriva dall’Italia decentrata è che si va perdendo la nozione di ambiente esterno. Tendiamo ad essere consapevoli solo dell’ambiente che ci circonda: la casa, il luogo di lavoro, l’agglomerato urbano che si estende intorno a noi. Se passeggiassimo facendo visita agli antichi borghi dimenticati forse potremmo accorgerci, come sicuramente accadeva ai nostri antenati, che nel borgo si entra per una porta e poi si esce per un’altra, e così è ben delineato ciò che è dentro e ciò che è fuori: la città, lo spazio prettamente umano, e la campagna, cioè la natura, di cui una parte ancora governata dall’uomo e una parte ancora – dove? vai a trovarla oggi- lasciata libera, quel paesaggio che non guardiamo più e potrebbe dirci tante cose.

3(continua)

13 commenti:

Anonimo ha detto...

Nell'ultima parte del tuo blog, esprimi l'idea che l'antico borgo, con le sue porte, una per entrare ed una per uscire, fosse una soluzione ideale per l'uomo che si poteva rendere conto di ciò che lui poteva governare direttamente e di quello che doveva essere lasciato in libertà. Non dimentichiamo che sin dai tempi più antichi l'uomo ha sempre cercato di agire e modificare la natura a suo bisogno; certo, questa azione non era così distruttiva nei confronti della natura come oggi, c'era sempre un rispetto per la preservazione dell'ambiente: l'uomo vi si introduceva come ospite, non come padrone. Adesso, questo rapporto si è modificato e l'azione dell'uomo sulla natura è diventata devastante e distruttrice. Basta pensare agli ultimi disastri in Italia e all'estero: fiumi che straripano, monti che franano, ecc.
Forse potresti avere ragione tu, nel dire che se l'umanità fosse rimasta chiusa dentro delle mura, dei confini, magari simbolici avrebbe portato maggior rispetto a quello che non gli apparrteneva direttamente. E ci avrebbe guadagnato!

Anonimo ha detto...

Non si puà pretendere cne la gente continui a vivere in case piene d'umidità e di scarafaggi, come spesso sono le vecchie abitazioni dei centri storici, dove tra una casa e l'altra le vie sono così strette che si passa solo uno alla volta! Ci vuol pure aria, luce. Evviva le case moderne quasi in mezzo alla campagna, alla natura. Cos+ si vive!

Anonimo ha detto...

E' triste vedere un paese abbandonato, finestre chiuse, porte sbarrate, vie dove si smorza ogni rumore, non più allietate dalle risate dei bambini, movimentate dai loro giochi, dalle loro corse. I bambini, oggi, in questi paesi, giocano e corrono nei paesi satelliti, nelle new towns, che sorgono a ridosso delle mura di quelli antichi, con case tutte uguali, ben distanziate tra loro, per permettere alla luce e all'aria di penetrare negli ambienti chiusi. E' questa una cosa buona! Ma, tu dici, per costruire una casa, aumenta il cemento, si desertifica la natura. Allora? Triste quesito! L'ideale sarebbe riuscire a far convivere l'uno e l'altro. Ma qui ci pensa a modo suo, l'edilizia selvaggia. E non c'è più scampo.

Anonimo ha detto...

Si abbandonano i centri storici, ma ci guadagna la salute. Ci vorrebbe, però, maggior accortezza e non un' edilizia che non si preoccupa di niente. Che casino, che schifo! Ognuno guarda solo al proprio tornacanto, senza pensare alle conseguenze. Che gente di m....!
Si dovrebbe anche salvaguardare la parte antica, che diamine! I nostri cari paesi. Io sono nato in un paesino dell'Umbria, anche se ormai vivo in città; devo dire che il nostro è un paese che cerca di mantenere in buono stato sia le case vecchie, sia le tradizioni, inventandosi feste, sagre, fiere proprio nelle vie più antiche.
Viva la nostra bella Italia!
Alla faccia di chi gli vuole male o di chi fa finta di volergli bene (non cito nessuno, ma chi mi vuole intendere mi intenda)

Anonimo ha detto...

Non è proprio vero che i centri storici vengano abbandonati. In essi, almeno la piazza principale o qualche altro luogo, come i sagrati delle chiese, rimangono sempre il sito privilegiato per gli incontri domenicali, le chiacchiere o qualche altro avvenimento. E' vero le vie più lontane, più isolate rimangono vuote o, nel peggior caso, vengono quasi cedute agli stranieri, che in qualche caso le trasformano in un altro ambiente, quello del loro paese e spesso se capita di camminare per quelle vie, non senti più una parola d'italiano: su questo devo darti ragione. Forse stiamo rinunciando al nostro territorio e alla nostra identità.

nostalgico ha detto...

Si, ormai la gente dei paesi, se ha la possibilità, specie se giovane, preferisce costruirsi la sua villetta fuori del paese vecchio,o andare ad abitare in quelle spoglie strutture che sono i moderni agglomerati, ma non è detto che abbandonino del tutto il paese vecchio. Io, per esempio, me ne vado spesso a "passeggiare" dentro le mura, forse per nostalgia, per riscoprire, ritrovare visi, luoghi della mia infanzia.
Nostalgico

Anonimo ha detto...

E' la prima volta che leggo un tuo blog. Saluti e baci.
Salvo

Anonimo ha detto...

Cara piccola Dorrit,
che bel lavoro
Lacchera

Anonimo ha detto...

E' già da molto tempo che gli Italiani hanno rinunciato alle loro radici, per desiderio d'imitare ciò che è esotico, diverso, perchè lo considerano superiore alle nostre tradizioni, che sono una palla al piede, qualcosa di superato. Non c'è bisogno dell'arrivo dei leghisti, dunque! Si puà dire che gli Italiani, pur restando in patria sono diventati un popolo di emigranti verso i paesi che offrono loro novità e modernità. Non si curano del loro effettivo valore e delle conseguenze che esse possono causare. A chi vuoi dunque che importi del paesello che scompare?
lampada

Anonimo ha detto...

A sentire la Rai, specie nelle trasmissioni regionali, sembra che molti sindaci si sono posti il problema della salvaguardia dei centri storici di certi paesini, trasformando le vecchie vie in itinerari turistici, con luoghi di sosta, dove consumare prodotti tipici o assistere a giochi ed attività varie.

Anonimo ha detto...

Ciò che è entro e ciò che fuori, dici tu, ma anche ciò che è sotto: stamani sul giornale, c'era la notizia, che sull'Appia, in pieno centro di vestigie antiche e storiche, si stava costruendo, sotto ad una plastica verde che imitava l'erba, dentro un'antica cisterna, una villa moderna, che aveva già le finestre, non so quanti bagni, ecc. Non si rispetta e non si conserva più niente! Figurati il centro storico di qualche paesotto tra le montagne. Tutti vogliono il nuovo, non conservare il vecchio.

Anonimo ha detto...

Cara Dorrit,
conservare e utilizzare la parte vecchia di un paese è bene sia per gli anziani che per i giovani, ma è importante anche poter spaziare oltre i confini angusti di un piccolo borgo. l'ideale sarebbe che si potessero verificare le due cose contemporaneamente, senza che nessuna delle due sia esclusa. Esempio presente è L'Aquila: case nuove per chi non ha più un tetto, e la ristemazione della città. Ci vogliono anche molti soldi! Ci sono?

Anonimo ha detto...

Cara dorrit.

A parte il decentramento della struttura Amministrativa dello stato italiano, decentramento che secondo me non è inteso come spezzettamento dell’Italia ma più efficienza e responsabilità diretta delle regioni in materia di spesa e di fiscalità, si coglie invece una forte critica per l’abbandono dei vecchi centri storici italiani, che erano vissuti come aggregati di una società più equilibrata e forse più giusta e felice.
La società moderna ha un’altra visione di vivere la città e lo spazio per l’avvento della velocità: velocità di comunicare, velocità di spostarsi, velocità per la promozione di nuove comodità che il mercato ci offre continuamente
C’è una netta contrapposizione al modo di vivere del passato, c’è poco tempo per intrattenersi per le relazioni sociali, scambio di idee, di ricordi, di sentimenti, ovvero parlare schiettamente ed apertamente (poca ipocrisia)
Ora è il tempo della televisione che “forma” le coscienze ed offre infinite finestre in tutte le latitudini del mondo.
Il degrado attuale dei centri storici è dovuto forse anche allo scarso interesse del mercato immobiliare per la mancanza di richiesta di acquisto delle vecchie abitazioni, che richiederebbero ingenti spese per lavori di adeguamento alle nuove leggi sulla sicurezza degli edifici, soprattutto nelle zone ad alto rischio sismico.
Rivivere il centro storico con i sui ritmi e le sue limitazioni di confort ambientale non è più accettato se non in determinate condizioni.
L’abbandono è sicuramente sbagliato. Altra prospettiva è rivitalizzarlo per il turismo come fonte storica, arte commercio e quant’altro.
Un po’ di riordino strutturale ed ambientale per grandi linee andrebbe certamente bene; e far si che il tempo trovi per essi una loro riscoperta, per essere di nuovo accettati e rivissuti come residenze permanenti, e i modi di vivere a misura d’uomo.
L’argomento è certamente stimolante e va analizzato a fondo, anche per non farci dimenticare la memoria del passato, e per stimolarci per migliorare il nostro modo egoistico di rapportarci e di pensare.
Cioè proporre un modello di società più giusta, equilibrata e matura.
Che dire dei terreni agricoli sottratti per le nuove costruzioni.
Anche qui si dovrebbe fare una riflessione, distinguendo le esigenze abitative, da quelle sicuramente speculative per vari centri commerciali ed addentellati vari.
In barba dei vigenti piani regolatori, ed autorizzati mediante le furbizie dei vari accordi di programma, in nome di una nuovo modello di città moderna.

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