Intanto perché viviamo nel villaggio globale e dovremmo capire meglio che cosa questo comporta.
E poi perché il mondo va avanti e cambia anche senza di noi mentre da noi sembra che nulla voglia cambiare: sempre gli stessi misteri e casi irrisolti, ombre e nebbia; sempre le stesse cose che non vanno; sempre gli stessi politici; sempre meno chance nella vita dei cittadini normali.
E allora apriamo le finestre e guardiamo fuori, informiamoci sul resto del mondo per capire cosa c’è in noi che non va, perché restiamo fermi mentre la terra gira. E per trovare il modo, o il punto, per cominciare a cambiare.
Apriamo gli occhi sul mondo, buon anno mondo, buon anno Italia!

7 commenti:
Sagge parole, piccola Dorrit: bisognerebbe aprire la propria finestra e guardare fuori: c'è un mondo che ci aspetta e dal quale noi possiamo trarre aiuto e dare aiuto. Ma è molto difficile e ci viene più facile far finta di non vedere o vedere quello che vogliamo.
Cara Piccola Dorrit,
ricambio sentitamente i tuoi auguri di Buon anno.
Lampada
Vivere nel villaggio globale implica una disciplina comportamentale a cui noi italiani in special modo non siamo stati preparati. Non siamo più soli in un'isola più o meno felice, ma siamo circondati da esseri come noi, che come noi, anelano al meglio. Bisogna allora trovare la maniera di riuscire a soddisfarsi un pò tutti, senza togliere niente agli altri. Questo si può fare solo imparando a conoscerci gli uni con gli altri, ad integrarsi e a convergere verso obiettivi simili che non si sovrappongano e vadano a ledere al bene comune. Il mondo aspetta...il mondo.
Vorrei estrapolare da questo tuo scritto le parole di Pier Luigi Celli al figlio. E' molto triste, secondo me dover dire ad un proprio figlio, fatto crescere nel paese che l'ha visto nascere,accanto ad amici e parenti che l'hanno accompagnato nel corso della sua vita, che è meglio per lui andarsene a trovare fortuna altrove, perchè il suo paese non ha niente da offrrgli. E' vero, siamo in periodo di villaggio globale, ma quando questo viene vissuto come una necessità, e non un nuovo modo di vivere, credo che sia molto diverso.Ognuno di noi dovrebbe trovare nel prprio paese le risorse per vivere e poi...si può anche scegliere. Penso a tutti quei poveri immigrati costretti a spostarsi dal villaggio natio per trovare un modo di sopravvivenza.
un padre
Cara Dorrit, credo che tu sia un pò ottimista con la visione del villaggio globale. Hai visto quello che è successo a Seattle, la città che ha visto naascere Amanda Knox? Forse lo saprai già: era stato fatto un patto di gemellaggio con Perugia e si doveva il nome della nostra città ad un nuovo parco. Il sindaco ha dichiarato, che in seguito alla sentenza di condanna, questo non avverrà più. Si può chiamare tutto ciò "villaggio globale"?
Il mondo cambia e va avanti e i suoi tempi sono sempre più rapidi del nostro intendere. Spesso ci si trova indietro rispetto ad esso, oppure troppo avanti, senza la giusta presa di coscienza del cambiamento. Da ciò ne risulta che le nostre azioni sono quasi sempre inadeguate o incongruue rispetto alla realtà. Si deve faticare molto per stare al passo; questo non ci piace e lo facciamo malvoloentieri.
da ciò la soffernza del vivere.
c'è veramente tanto lavoro da fare...
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