
Dal particolare all'universale.
E’ stato proprio per quel rigore scalciato contro il cielo. Per me il mito è cominciato a Pasadena.
L’eroe che cade e fallisce l’impresa, insomma quella roba lì. Prima, molto prima, c’era stato Sivori, con i calzettoni scesi alle caviglie, poi Mario Corso, con la grande Inter, e gli stessi calzettoni alle caviglie. Mi sono fermata a Baggio. L’ho seguito pure nel Brescia e ne valeva la pena: che gol fantastici fino all’ultimo minuto! Eppure è stata dura, per tutte le polemiche ogni volta che c’era la Nazionale, con l’ultima, tremenda, esclusione da parte del Trap: anche noi fans soffriamo. Non abbiamo dimenticato il suo coraggio nel tornare così presto in campo dopo l’ultimo tremendo incidente, proprio per essere convocato.
E. Berselli su Repupplica diceva della solitudine dei numeri dieci, parafrasando un romanzo molto premiato. Sarà, ma ci sono dei numeri dieci che compensano la solitudine, e a volte l’ostracismo del gruppo, con una popolarità immensa. Sono tra gli eroi dello spirito popolare. Baggio è senz’altro tra i più amati. Dal Brasile – dove lo adorano proprio per quel rigore sbagliato- alla Cina e al Giappone, passando per l’Africa. Anche da questo punto di vista si tratta del passaggio magico dal particolare all’universale: il genio di per sé inspiegabile che si dà alla comprensione di tutti. Il calcio è terreno d’elezione per questo passaggio, quasi mistico: a pallone si gioca sotto casa e può cominciare così la favola di chi diventa un campione.
E’ stato, il calcio, uno sport popolare. E’ stato, perché ormai è diventato sempre più spettacolo televisivo. I suoi protagonisti qui da noi avevano spesso facce un po’ rozze, contadine e parlavano un linguaggio molto semplice, perché a scuola c’erano andati poco e malvolentieri, perché la loro passione era la strada e giocare a pallone. Ma così è cominciata ancora la storia di Roberto, come l’ha raccontata una volta proprio alla televisione. A Baggio andare a scuola gli piaceva poco e con i compagni presero una rara e per questo memorabile sospensione nella scuola media di Caldogno, dove non succedeva mai niente. Quello che più gli interessava era il gioco del calcio, che per lui, Baggio, è stato una passione. C’era in quell’occasione, anche un un giovanissimo calciatore del Brescia che raccontava delle emozioni provate durante certi momenti di certe partite. Ecco dove può battere ancora forte il cuore del calcio, dove può ancora cominciare la favola: dai ragazzini, calati nel loro particolare, il paese o il quartiere, che si affidano al loro talento ”pedatorio” per provare ad interpretare, con il calcio, il gioco della vita, l’universale: le partite, divengono le battaglie con le vittorie e le sconfitte, l’amicizia e la rivalità e tutte quelle cose, che, se si ama il calcio, ognuno vi può trovare dentro rappresentate.
Ed oggi? Quegli armadi bianchi chiusi a chiave con le maglie conservate, di cui ci da notizia I. Zazzaroni ci danno da pensare: qualche porta andrà aperta, qualche soluzione bisognerà trovarla perché la nostalgia è tanta.